banca

Indice

Lessico

sf. [sec. XIV; da banco].

1) Istituto la cui attività fondamentale è l'intermediazione nel campo del credito: essa riceve mezzi monetari dai risparmiatori e concede credito a chi abbisogna di maggiore capacità di acquisto per il consumo o la produzione: avere un conto in banca; biglietto di banca, banconota; direttore di banca. Concretamente, l'edificio in cui ha sede l'istituto.

2) Estens., centro medico specializzato che provvede al prelievo e alla conservazione di tessuti, sangue, organi e ossa, per un periodo prolungato, in particolari condizioni di temperatura, umidità e pressione. Si distinguono banca del sangue,banca dei tessuti,banca degli organi,banca delle ossa, in relazione al tipo di materiale prelevato o trasfuso dai donatori e conservato per i centri chirurgici specializzati nelle trasfusioni o nei trapianti. È in progettazione una serie di banche di organi (soprattutto reni prelevati da cadavere) su scala europea (Eurotransplant), in cui gli organi vengono raccolti e tipizzati in base al tipo di istocompatibilità. Secondo tale piano un elaboratore elettronico provvederebbe a memorizzare tutti i dati raccolti permettendo di rintracciare quasi istantaneamente, in tutta Europa, l'organo o il tessuto necessari per un determinato trapianto.

3) Terrapieno a gradini per il rinforzo degli argini fluviali.

4) Anticamente, panca, banco. Per estensione, magistratura collegiale (i cui membri sedevano sopra una panca): capo della banca; anche corte giudiziaria, tribunale.

Funzione della banca: generalità e classificazione

Le funzioni originarie delle banche consistevano soprattutto nella raccolta di depositi, cioè in pratica nella custodia di somme di danaro per conto dei risparmiatori: successivamente si constatò che, poiché tali depositi non venivano ritirati tutti contemporaneamente o, in ogni caso, mentre parte ne veniva ritirata altra ne affluiva, era possibile prestare un certo ammontare dei depositi stessi. Tale pratica di copertura parziale delle somme depositate dà luogo, infatti, al noto fenomeno della moltiplicazione dei mezzi monetari; i mezzi di pagamento disponibili sono di gran lunga superiori alla massa di banconote in circolazione, in quanto vengono emessi assegni bancari, equiparabili come mezzi di pagamento al circolante. Allo stesso tempo, parte del circolante depositato presso il sistema bancario affluisce nuovamente all'economia. La Banca d'Italia, ora nell'ambito del Sistema delle Banche Centrali sotto la guida della Banca Centrale Europea, è l'unico istituto autorizzato a emettere moneta e a fornire finanziamenti di ultima istanza alle banche. La Banca centrale svolge anche funzioni di supervisione sul sistema creditizio e finanziario. § Gli istituti di credito erano tradizionalmente classificati secondo la durata delle operazioni svolte (a breve termine, cioè non superiori a 12-18 mesi, a medio termine, non superiori a 10 anni, e a lungo termine se superano i 10 anni) e la natura prevalente di tali operazioni. Con il recente processo di despecializzazione sono venute a cadere tali distinzioni.

Funzione della banca: le operazioni di banca

Le operazioni bancarie sono intese come operazioni di credito tramite le quali una banca esplica la propria funzione di intermediaria nella circolazione monetaria. Tali operazioni, definite principali, sono integrate da operazioni collaterali, o accessorie. Le operazioni di credito si dividono in: passive o di provvista di fondi, tramite le quali la banca assume una posizione debitoria (queste sono definite originarie se effettuate tra banca e cliente; derivate se tra una banca e altri istituti di credito o enti finanziari); attive o d'impiego di fondi, con cui la banca distribuisce i mezzi monetari raccolti nei diversi settori dell'attività produttiva. Appartengono alla prima categoria i depositi, fonte principale di accumulazione di capitali, divisi in depositi a risparmio e depositi in conto corrente, e i mutui passivi, ottenuti da altre aziende di credito, generalmente di dimensioni maggiori della banca richiedente; appartengono alla seconda categoria le aperture di credito, le anticipazioni, le operazioni di sconto e i mutui attivi. Un'ulteriore distinzione, attuata in base al grado d'immobilizzazione, classifica le operazioni di credito in operazioni a breve, medio e lungo termine.§ Le operazioni accessorie, costituenti un'attività sussidiaria per una banca, riguardano l'emissione di assegni circolari, la custodia di valori (cassette di sicurezza), il servizio incassi e la negoziazione di titoli e cambi per conto terzi, la concessione di fideiussioni, avalli, la cassa continua e altre operazioni di più recente diffusione quali i servizi factoring e di leasing finanziario, l'emissione di obbligazioni e i servizi di gestione del risparmio (vedi anche deposito e mutuo). Con la diffusione di internet le banche tradizionali hanno sviluppato servizi di home banking e sono nate vere e proprie banche digitali. Con il termine home banking si intendono i servizi di internet banking che implicano la connessione con l’istituto bancario attraverso la rete internet e appositi portali web e quelli di mobile banking attraverso reti GSM, GPRS, UMTS ma anche l’accesso ai servizi bancari attraverso la rete telefonica fissa con sistemi di Interactive Voice Response e call center. L’adozione di questi sistemi ha portato vantaggi tanto alle banche (riduzione dei costi) quanto agli utenti (possibilità di connessione senza limiti geografici o orari; minori costi del servizio). In anni recenti sono nate anche banche digitali: istituti di credito privi della tradizionale rete di intermediazione (sportelli). Per i correntisti questo ha comportato vantaggi nei termini di una riduzione dei costi e tassi di interesse creditore più elevati sui conti deposito. Per le operazioni fisiche le banche digitali si appoggiano a una rete di promotori e a sportelli ATS nelle principali città.

Sviluppo della banca: le origini

La funzione monetaria delle banche risale a tempi molto lontani ed è frutto di una lenta evoluzione nei secoli. I documenti disponibili permettono di far risalire alle più remote civiltà orientali l'origine di un'attività assimilabile a quella bancaria. Già nel II millennio a. C. pare infatti che a Babilonia fossero di pratica corrente i depositi per conto dei privati, come testimoniano anche le disposizioni in merito contenute nel codice di Hammurabi. Fungevano inizialmente da banca i templi e il palazzo reale, dove venivano custoditi i tesori pubblici e a cui i cittadini usavano affidare le proprie ricchezze (cereali, metalli e oggetti preziosi, ecc.) ricevendo in cambio regolari quietanze. Le banche babilonesi, sorte poi anche per iniziativa privata, prestavano inoltre il servizio di pagamento per conto di terzi prelevando dai depositi a loro affidati e concedevano mutui e anticipazioni ai clienti. In Grecia l'attività bancaria, nata sotto l'influenza delle civiltà orientali, si sviluppò dopo il sec. V a. C. grazie soprattutto alla diffusione della moneta coniata. I trapeziti (denominazione appunto dei banchieri greci) esplicavano funzioni di cambiavalute, raccoglievano depositi anche fruttiferi, effettuavano pagamenti per conto dei depositanti, concedevano prestiti (spesso su pegno o ipoteca) impiegando capitali propri e di soci e percependo interessi del 16-18% (scesi al 10% in epoca ellenistica). Frequenti erano i prestiti marittimi i cui interessi, per il rischio in essi insito, erano ancora più elevati. I contratti erano generalmente verbali e i soli documenti scritti erano costituiti dalle registrazioni contabili che il trapezita effettuava su un apposito libro. Le operazioni bancarie svolte a Roma erano simili a quelle greche e di esse si ha notizia a partire dal sec. IV a. C. Inizialmente l'operazione più importante fu quella relativa al cambio delle monete, data la grande varietà esistente e la diffusa pratica della falsificazione. In seguito prevalsero le operazioni creditizie vere e proprie: raccolta di depositi fruttiferi, concessione di prestiti a interesse, accrediti e addebiti per conto dei depositanti anche a mezzo di partite di giro. In epoca romana si perfezionarono le forme di documentazione: i libri dei banchieri erano l'adversarium, in cui venivano registrate quotidianamente le operazioni di entrata e uscita, il codex rationum, specie di libro di conto corrente in cui erano registrati mensilmente il dare e l'avere di ogni cliente, il codex accepti et expensi, per operazioni particolari. I banchieri privati, chiamati argentarii, erano sottoposti al controllo dello Stato che pure esplicava attività creditizia mediante un collegio di funzionari (viri mensarii). Esistevano inoltre i nummularii (saggiatori di monete) e i mensarii (cassieri). Dall'epoca di Costantino argentarii e nummularii si chiamarono tutti collectarii.

Sviluppo della banca: dopo il Mille

Le invasioni barbariche posero praticamente fine all'organizzazione bancaria in Occidente; fino alle Crociate le sole operazioni di un certo rilievo furono quelle relative al cambio manuale delle monete, mentre il prestito a interesse, considerato illegittimo dalla Chiesa, era esercitato abusivamente da prestatori d'occasione cristiani e, professionalmente, solo dagli ebrei, cui non si applicava il divieto ecclesiastico. D'altra parte, poiché il sistema produttivo del mondo curtense e feudale non richiedeva la disponibilità di ingenti capitali, l'esigenza del ricorso al credito, salvo che per il consumo, era irrilevante. Dopo il Mille, la ripresa dei traffici e, in generale, l'espandersi della vita economica favorirono il risorgere dell'attività bancaria per ovviare sia alla scarsità della moneta in circolazione sia soprattutto agli ostacoli che si frapponevano alla circolazione stessa (molteplicità delle coniazioni, alterazioni delle monete, difficoltà e rischi nel trasporto del danaro, ecc.). Infine la Chiesa, in vista della necessità di finanziare le spese militari delle Crociate, non solo cominciò a tollerare il mutuo oneroso ma lo approvò e ricorse a esso. Caratteristica dell'attività bancaria medievale fu di essersi sviluppata in stretta connessione con quella mercantile. Furono infatti i mercanti, e per primi gli Italiani i cui affari si estendevano dall'Occidente europeo alla Terra Santa e all'Africa settentrionale, ad avvertire appunto l'esigenza di perfezionare le operazioni di pagamento e di credito atte ad agevolare lo svolgimento dei loro traffici. I mercanti divennero banchieri sia per necessità sia perché ravvisarono in tale professione nuove opportunità di profitto, opportunità offerte soprattutto dai crescenti bisogni finanziari dei sovrani i quali, in contropartita dei crediti ottenuti, erano disposti a concedere privilegi commerciali, come licenze d'importazione e di esportazione ed esenzioni fiscali. Anche il papato, al fine di poter disporre in ogni momento e luogo delle somme derivanti dalle decime, ebbe bisogno di ricorrere ai servigi dei mercanti-banchieri (detti campsores domini papae) che divennero quindi depositari dei tributi della Chiesa.

Sviluppo della banca: "banchi" e banchieri d'Italia

Fra i sec. XII e XV il centro finanziario dell'economia europea ebbe sede nell'Italia centro-settentrionale. Particolarmente attivi nel sec. XII pare fossero i Lombardi, che ottennero di aprire “banchi o tavole di prestiti” in città della Francia, dei Paesi Bassi, dell'Inghilterra, della Germania (il nome “Lombardi” rimase a designare, per tutto il basso Medioevo, appunto i banchieri italiani che operavano all'estero). Successivamente assunsero rilievo singoli banchieri e compagnie di Genova, Venezia, Siena e soprattutto Firenze. Famose e potenti, anche politicamente, divennero le compagnie dei Bardi, dei Peruzzi, degli Acciaiuoli, degli Alberti, dei Medici a Firenze; dei Bonsignori a Siena; degli Spinola, dei Doria, dei Grimaldi a Genova; dei Soranzo, dei Garzoni, dei Pisani a Venezia; dei Borromei a Milano. Tali compagnie, che operavano nei principali centri commerciali italiani ed esteri attraverso succursali e “fattori”, traevano la loro potenza finanziaria, come già si è detto, sia dai prestiti a principi ed enti pubblici, sia dall'assunzione del servizio di cassa della Santa Sede. Esplicavano però anche l'attività bancaria vera e propria in tutte le sue forme: dal cambio traiettizio alla raccolta di depositi, alle operazioni di giro, ai mutui chirografari, su pegno, su ipoteca, introducendo ed elaborando strumenti e istituti rimasti acquisiti alla moderna tecnica bancaria. Data infatti dall'epoca medievale lo sviluppo della lettera di credito e si fa risalire ai sec. XII-XIII la comparsa di un titolo assimilabile alla cambiale (la lettera di cambio) mentre taluni storici hanno avanzato l'ipotesi che già nel Trecento fosse praticata la girata sui titoli di trasporto delle merci. Pare inoltre sia stato elaborato dai banchieri medievali lo strumento del conto corrente e sia stato da essi perfezionato il sistema della compensazione per il regolamento finale delle reciproche posizioni debitorie e creditorie, compensazione che avveniva in occasione delle fiere di merci prima e delle fiere dei cambi in seguito. Dopo il sec. XIV si sviluppò inoltre, a Venezia, una nuova operazione bancaria, la partita di giro (analoga al moderno giroconto) da cui il nome di “banchi di scritta” dato agli istituti veneziani. Con il sec. XV le banche cominciarono a dedicarsi in prevalenza alle operazioni creditizie (trascurando l'attività mercantile) mentre a poco a poco, in concorrenza alle italiane, s'imposero sui mercati europei potenti compagnie straniere come quelle dei Fugger di Augusta. Da ricordare che verso la fine del Quattrocento sorse in Italia, a opera dei frati francescani, una nuova istituzione, il monte di pietà, il cui scopo iniziale era di combattere l'usura praticando il prestito su pegno e su piccolo interesse alle classi bisognose e che solo molto più tardi assunse i caratteri di una vera e propria banca.

Sviluppo della banca: la nascita dei "banchi" pubblici

Con il sec. XVI si assiste alla progressiva decadenza dei banchi privati e all'affermarsi dei banchi pubblici di cui peraltro si erano avuti sporadici esempi già nel secolo precedente. In effetti in Spagna nel 1401 era stata istituita la Taula de Cambi di Barcellona; in Italia, a Genova, nel 1407 era stata fondata la Casa di San Giorgio, inizialmente preposta all'amministrazione del debito pubblico e in seguito autorizzata anche all'esercizio dell'attività bancaria (benché limitata alle operazioni di deposito e giro). La Casa di San Giorgio cessò l'attività bancaria nel 1444 e per oltre un secolo di istituti simili non si ebbe più notizia. Fin verso la metà del Cinquecento, d'altra parte, il crescente incremento degli scambi, favorito dalle recenti scoperte geografiche, i costanti bisogni di sovvenzioni dello Stato e delle corti, le possibilità di audaci speculazioni offerte dalle frequenti e rilevanti fluttuazioni nel valore delle monete e nei cambi avevano enormemente incoraggiato l'espansione delle compagnie bancarie private ma ne avevano altresì moltiplicato i fallimenti. La necessità dell'istituzione di banchi gestiti o controllati dallo Stato fu avvertita appunto sia in relazione al generale senso di sfiducia provocato dai numerosi fallimenti succedutisi dal Trecento in poi sia in seguito alla grave crisi che colpì la maggior parte dei banchieri nella seconda metà del sec. XVI, crisi dovuta principalmente alla sospensione dei pagamenti dichiarata da Francia, Spagna e Portogallo nel 1557 alla fine delle guerre che avevano coinvolto gli Asburgo e i Valois. I più antichi banchi pubblici italiani furono la Tavola di Palermo (1553), il Banco di San Giorgio di Genova (continuatore, dal 1586, dell'attività bancaria dell'antica Casa di San Giorgio), il Banco di Rialto di Venezia (1587), assorbito nel 1637 dal Banco di Giro, e la Tavola di Messina (1587). La registrazione veniva effettuata in un apposito libro detto cartulario e al depositante veniva rilasciato un titolo di credito all'ordine detto biglietto o cedola di cartulario, anch'esso considerato il precursore del biglietto di banca. I banchi pubblici non potevano effettuare prestiti (che continuarono a essere concessi dai banchieri privati pur sempre operanti); esplicavano però il servizio di cassa per lo Stato e amministravano il debito pubblico. Le caratteristiche dei banchi pubblici italiani si ritrovano nei contemporanei istituti sorti nel resto dell'Europa occidentale, come la Banca dei Cambi di Amsterdam costituita nel 1609 e divenuta il massimo istituto di giro e cambio d'Europa nei sec. XVII e XVIII. Notevole rilievo ebbero anche la Banca di Rotterdam (1635) e il Banco di Giro di Amburgo (1619). I banchi pubblici di deposito e di giro, benché non abbiano creato nuovi strumenti e tecniche, solo perfezionando e sviluppando quelli precedentemente introdotti dai banchieri privati medievali, ebbero fondamentale importanza nell'economia del tempo: tra essi primeggiano il Banco di Sant'Ambrogio di Milano (1593), una serie di banchi sorti a Napoli tra il 1539 e il 1640 e il Banco di Santo Spirito di Roma (1605). L'attività di tali “banchi pubblici di deposito e di giro” era limitata alla custodia delle monete depositate (con esclusione quindi della concessione di crediti) e all'esecuzione dei pagamenti per conto dei clienti preferibilmente mediante giroconto. A certificazione dei depositi i banchi rilasciavano (come già i banchieri privati del sec. XV) fedi o polizze che, in quanto trasferibili, avevano in parte il carattere di biglietti di banca. I depositi, effettuati nelle più diverse monete nazionali ed estere, erano generalmente valutati in base a una moneta di conto, detta moneta di banco, equivalente a una determinata quantità di metallo (oro o argento) o in rapporto costante con le monete più pregiate. Tale moneta, introdotta già nel sec. XIV dai banchi privati veneziani, era utilizzata per rimediare non solo alla pluralità dei tipi monetari ma soprattutto alla diffusa abitudine delle alterazioni e delle tosature. I banchi di San Giorgio e Sant'Ambrogio usarono anche registrare i depositi nella specie di moneta del Seicento per le facilitazioni offerte al regolamento dei pagamenti interni e internazionali. La loro fioritura ebbe termine con il sec. XVII quando cominciarono a sorgere le prime banche di emissione.

Sviluppo della banca: le prime banche di emissione in Europa

La loro nascita è legata alla progressiva trasformazione delle banche di deposito da puri organi di pagamento anche in organi del credito. È legata cioè sia alla pratica d'impiegare parte dei depositi in prestiti e in altre operazioni sia alla pratica di emettere, appunto in occasione di prestiti e anticipazioni a uomini d'affari e allo Stato, uno speciale titolo di credito il cui possesso conferiva al portatore il diritto di ottenere a vista (cioè su semplice richiesta e senza alcuna formalità) dalla stessa banca emittente il pagamento in moneta metallica della somma indicata nel titolo. Tali biglietti di banca, che erano sostanzialmente diversi dai titoli rilasciati in precedenza da banche e banchieri, semplici certificati dei depositi ricevuti, pare siano stati emessi per la prima volta dalla Banca di Stoccolma, sorta nel 1656 e divenuta nel 1668 la Sveriges Riksbank (in seguito Banca centrale della Svezia). La prima vera e propria banca di emissione fu però la Banca d'Inghilterra, costituita nel 1694 come società anonima (The Governor and Company of the Bank of England era il suo nome originale) e con un capitale di 1.200.000 sterline allo scopo di concedere un prestito di eguale ammontare allo Stato. La creazione di un apposito istituto in grado di sostenere le finanze statali si era resa necessaria da quando re Carlo II, decidendo nel 1672 di non riconoscere i suoi debiti verso gli orefici titolari nell'Inghilterra del sec. XVII anche della funzione di banchieri, aveva posto in crisi l'attività bancaria privata. Il governo, a compenso dell'ottenuto prestito a tempo indeterminato, si impegnò a pagare un interesse dell'8% e autorizzò la Banca d'Inghilterra sia a raccogliere depositi sia a effettuare sconti di cambiali commerciali e anticipazioni su merci sia a emettere banconote del taglio di 20 sterline, per l'ammontare della somma prestata allo Stato. Tali banconote assunsero nel giro di pochi anni tutte le caratteristiche del moderno biglietto di banca: inizialmente titoli all'ordine e fruttiferi, nel 1697 furono trasformati in titoli al portatore e, successivamente, in titoli infruttiferi pagabili a vista. La Banca d'Inghilterra, come gli altri istituti analoghi sorti in seguito anche altrove, non godeva del monopolio dell'emissione benché le leggi del 1697 e del 1708 le avessero permesso di operare in condizioni privilegiate stabilendo che nessuna banca potesse essere costituita in forma di società anonima e che nessuna società con più di sei membri potesse emettere biglietti. Il primo tentativo di creare in Francia una banca di emissione si deve a John Lawhe, nel 1716, diede vita alla Banque Générale, trasformata nel 1718 in Banque Royale (essendosi lo Stato reso garante dei biglietti in circolazione) e crollata nel 1720. Nel 1776 il Turgot promosse la costituzione di un altro istituto, la Caisse d'Escompte, il quale, benché avesse come scopo iniziale di favorire il credito commerciale, cominciò ben presto a emettere biglietti e cessò l'attività nel 1793. Finalmente nel 1800 fu creata la Banca di Francia come società per azioni e con il fine di scontare effetti commerciali emettendo in contropartita biglietti al portatore. Fra gli azionisti fondatori vi era lo stesso Napoleone Bonaparte che nel 1803 concesse alla banca il diritto del monopolio dell'emissione, anche se limitato al solo territorio di Parigi. Le banche di emissione si moltiplicarono poi anche negli altri Stati europei ed extraeuropei mentre accanto a esse, a partire dal 1830, cominciarono a sorgere nuovi tipi di istituzioni bancarie. Con lo sviluppo della grande industria e del capitalismo, infatti, non solo era divenuto sempre più ingente il fabbisogno di credito ma anche le disponibilità monetarie dei privati (e di conseguenza i depositi) erano aumentate. D'altra parte con la nascita degli istituti di emissione una nuova importantissima funzione era venuta a caratterizzare l'attività bancaria: quella relativa alla creazione di nuovi mezzi di pagamento. Prima dell'introduzione del biglietto di banca, infatti, le banche non erano in grado con le proprie operazioni di aumentare la quantità di mezzi di pagamento esistenti. I prestiti concessi dai banchieri medievali erano in moneta metallica che, a una certa scadenza, veniva restituita; l'attività esplicata dai banchi pubblici era solo volta a facilitare i pagamenti e i certificati da essi rilasciati a fronte dei depositi circolavano sì nel sistema economico ma in sostituzione della moneta e non in aggiunta. Viceversa le banche di emissione quando scontavano effetti commerciali non consegnavano al portatore monete metalliche prelevate dai depositi giacenti presso di esse ma biglietti da esse stampati. Questa facoltà concessa alle banche di emissione di creare nuovi mezzi di pagamento rendendole in rilevante misura arbitri della circolazione e della stabilità monetaria e quindi depositarie di una funzione di pubblico interesse, da una parte, e l'esigenza di espandere l'attività di deposito e di credito, dall'altra, fecero sorgere una serie di problemi. La soluzione di tali problemi fu gradualmente trovata nel corso del sec. XIX sia nel sancire il principio del monopolio e della regolamentazione dell'emissione sia nel separare la funzione di emettere biglietti da quella creditizia vera e propria. Il principio del monopolio e della regolamentazione dell'emissione fu, nella prima metà del sec. XIX, al centro di una lunga diatriba fra due correnti di pensiero inglesi: la banking school (o scuola bancaria) e la currency school (o scuola metallica o monetaria). La prima sosteneva che l'emissione di biglietti doveva essere libera, benché affidata a un solo istituto (la pluralità di istituti in concorrenza fra loro poteva infatti influire negativamente sulla circolazione monetaria), la seconda sosteneva che l'emissione di carta-moneta doveva variare in conformità ai movimenti dell'oro. Le argomentazioni di questa seconda scuola furono in effetti accolte dall'Atto di Peel (1844) che riorganizzò in tale senso l'attività della Banca d'Inghilterra. Successivamente in quasi tutti i Paesi l'emissione di biglietti è stata affidata a un solo istituto (o a più istituti, come negli Stati Uniti d'America, ma fra loro strettamente coordinati) e le modalità di emissione sono state disciplinate da apposite leggi.

Sviluppo della banca: la "moneta bancaria" e le banche miste

Come già si è accennato in precedenza, nella prima metà del sec. XIX sorsero, accanto alle banche di emissione, altri istituti preposti alla raccolta dei depositi e alla concessione di crediti nelle più diverse forme e anch'essi destinati a esercitare una notevole influenza sul volume dei mezzi di pagamento in circolazione, in quanto creatori della cosiddetta “moneta bancaria”. Tali istituti hanno subito un'evoluzione diversa secondo i Paesi, in relazione alle singole esperienze d'industrializzazione e alle singole caratteristiche dello sviluppo economico. Si diffusero in Inghilterra, per esempio, dove nei primi decenni dell'Ottocento i processi di capitalizzazione e d'industrializzazione si erano già affermati, le banche di deposito e sconto solo specializzate nell'accettazione di depositi rimborsabili a vista o a breve scadenza e nella concessione di crediti pure a breve scadenza. Sorsero e si diffusero viceversa negli altri Paesi del continente europeo, dove lo sviluppo dell'industria era in fase molto meno avanzata e dove più sentita era l'esigenza di ottenere finanziamenti protratti nel tempo appunto per agevolare tale sviluppo, istituti che praticavano il credito a medio e a lungo termine sia da solo sia accanto a quello ordinario. Le banche specializzate in operazioni di credito a medio e a lungo termine, particolarmente nel credito mobiliare, furono tipiche della Francia. La prima di esse, fondata dai fratelli Péreire nel 1852, fu la Société Générale du Crédit Mobilier che, costretta a immobilizzare un'eccessiva parte delle risorse, crollò nel 1867 e venne liquidata due anni dopo. Successivamente furono costituite nel 1870 la Banque de Paris (divenuta nel 1872 Banque de Paris et des Pays Bas), nel 1874 la Banque Parisienne (divenuta nel 1904 Banque de l'Union Parisienne) e nel 1878 l'Union Générale, che scomparve appena quattro anni dopo. Banca di credito mobiliare, su modello di quelle francesi, sorsero anche in Italia: la Società Generale di Credito Mobiliare (1863) e la Banca Generale (1871), entrambe liquidate nel 1893 a seguito del fallimento della Banca Romana. Il sistema della banca mista invece, cioè della banca che esercita sia il credito a breve termine sia quello a medio e a lungo termine ma raccogliendo fondi solo mediante depositi a breve termine, si sviluppò in Germania dopo il 1850, divenendo poi quello predominante nella maggior parte dei Paesi europei dagli ultimi decenni del sec. XIX fino a dopo la prima guerra mondiale.

Sviluppo della banca: casse di risparmio e banche popolari

Nel decennio seguente il primo conflitto mondiale una crisi generale colpì le banche miste, gravemente e pericolosamente compromesse con il mondo industriale, inducendo le pubbliche autorità a sancire il principio della separazione del credito ordinario da quello a termine protratto. Oltre alle citate categorie d'istituti si affermarono ovunque, durante il sec. XIX, anche altri tipi di aziende di credito: le casse di risparmio, sorte in Germania già nella seconda metà del Settecento appunto allo scopo di raccogliere il risparmio accumulato dalle classi meno abbienti; le casse rurali, sorte anch'esse in Germania verso la metà del sec. XIX per iniziativa del Raiffeisen e destinate a concedere crediti ai piccoli agricoltori; le banche popolari, la cui costituzione fu promossa, ancora in Germania, dallo Schulze-Delitzsch contemporaneamente a quella delle casse rurali del Raiffeisen. Nell'intenzione del loro ideatore le banche popolari dovevano essere società cooperative a responsabilità illimitata volte all'esercizio del credito in favore di artigiani e piccoli commercianti. Esse avrebbero dovuto attingere le proprie disponibilità soprattutto dal capitale proprio costituito dalle quote versate dai singoli soci, i quali poi avrebbero dovuto essere i soli beneficiari dei crediti. Tali istituzioni ebbero immediatamente un notevole sviluppo in Germania e su di esse furono modellate anche quelle italiane volute da Luigi Luzzatti e Francesco Viganò. La prima banca popolare italiana sorse a Lodi nel 1864; seguirono nel 1865 quelle di Milano, Varese, Cremona e Bologna e poi numerose altre nel resto del Paese. Le banche popolari italiane (riunite nel 1876 nell'Associazione Nazionale Luigi Luzzatti) furono fin dall'origine costituite in forma di società cooperativa ma, a differenza delle tedesche, a responsabilità limitata; esse pertanto sono state sottoposte alle disposizioni sulle società cooperative contenute nel Codice di Commercio del 1882. Le loro operazioni creditizie, inizialmente limitate ai soli soci, furono in seguito estese anche ai non soci e la loro attività è divenuta gradualmente analoga a quella esplicata dalle banche di credito ordinario. Nella seconda metà del sec. XIX, con il sorgere e l'affermarsi di differenti tipi di istituzioni bancarie specializzate, cominciarono anche a delinearsi i sistemi creditizi dei diversi Paesi.

Il sistema bancario in Italia: dopo l'unificazione

L'evoluzione del sistema bancario nei trent'anni successivi alla costituzione dello Stato unitario si identifica con quella degli istituti di emissione. Al momento dell'unificazione (1861) le banche più importanti che operavano nella penisola erano tre istituti di emissione: la Banca Nazionale Sarda (sorta nel 1849), la Banca Nazionale Toscana (sorta nel 1857) e la Banca dello Stato Pontificio (sorta nel 1850). Facoltà di emettere biglietti avevano inoltre la Banca per le Quattro Legazioni (costituita nel 1855) e la Banca Parmense, l'attività delle quali era limitata però rispettivamente alle sole piazze di Bologna e Parma, e la Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio (costituita nel 1860) i cui biglietti si chiamarono inizialmente "buoni di cassa". Operavano in più nei domini borbonici il Banco delle due Sicilie (divenuto nel 1861 Banco di Napoli) e il Banco regio dei reali domini al di là del Faro (divenuto, con l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia, Banco di Sicilia), aventi prevalentemente il carattere di banca di deposito e sconto ma autorizzati a emettere, a fronte dei depositi, polizze e fedi di credito trasmissibili per girata e accettate dal pubblico come danaro. Fra gli istituti di emissione esistenti prevalse sin dall'inizio la Banca Nazionale Sarda, che nel 1861 assorbì la Banca Parmense e la Banca per le Quattro Legazioni estendendo successivamente la sua attività in tutta la penisola. Nel 1866 essa vide sancita la sua posizione di privilegio dal decreto che instaurava il corso forzoso per i suoi biglietti e che concedeva agli altri istituti di emissione la facoltà di convertire a scelta i propri biglietti nei suoi o in moneta metallica. Contemporaneamente venivano in pratica equiparati a istituti di emissione anche i Banchi di Napoli e di Sicilia con l'attribuzione del corso legale ai loro titoli. Dopo l'annessione di Roma allo Stato italiano, gli istituti di emissione salirono quindi a sei: la Banca Nazionale del Regno (nuovo nome della Banca Nazionale Sarda), la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio, la Banca Romana (nuova denominazione della Banca dello Stato Pontificio), il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Ma, mentre i biglietti della Banca Nazionale del Regno erano inconvertibili e circolavano in tutta la penisola, quelli dei rimanenti istituti erano convertibili e la loro circolazione era limitata ai territori in cui avevano sede gli istituti emittenti. Fu quindi per ovviare a tale disparità di trattamento fra i diversi istituti e per regolarne in modo organico l'attività che, con la legge Minghetti-Finali del 30 aprile 1874, si creò un consorzio fra i sei istituti cui fu riservato il diritto di emissione. La citata legge stabiliva inoltre che il consorzio avrebbe dovuto anticipare allo Stato un miliardo di biglietti (biglietti consorziali), il cui corso sarebbe stato ancora forzoso, e che i singoli istituti avrebbero potuto emettere per proprio conto biglietti convertibili sia in biglietti consorziali sia in moneta metallica. La quantità di biglietti emessi per proprio conto dalle banche non doveva in ogni caso superare il triplo del patrimonio posseduto o capitale versato (escluso il fondo di riserva). Il consorzio fra le banche di emissione fu sciolto nel 1881 mentre veniva abolito anche il corso forzoso. La gravità del disordine monetario cominciò ad apparire chiaramente quando una crisi edilizia travolse, fra il 1889 e il 1891, a Roma la Banca Tiberina e a Torino il Banco Sconto e Sete, il Credito Torinese e la Banca Subalpina. Il governo tentò di risolvere la crisi edilizia promuovendo nel 1891 la costituzione dell'Istituto Italiano di Credito Fondiario, ma ben più allarmante e urgente si presentava il problema del riassetto dell'intero settore creditizio. All'inizio del 1893 fu quindi ordinata un'inchiesta sulla regolarità di gestione e sullo stato patrimoniale degli istituti di emissione. Da essa emersero irregolarità e abusi di tutte le banche, ma in particolare risultarono per la Banca Romana incolmabili passività e operazioni fraudolente. Con la legge del 10 agosto 1893 si provvide quindi a regolare la circolazione dei biglietti e a riordinare gli istituti di emissione liquidando la Banca Romana e fondando la Banca d'Italia mediante la fusione della Banca Nazionale del Regno, della Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio. In tal modo la facoltà di emettere biglietti venne concessa a tre soli istituti: la Banca d'Italia, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Negli anni seguenti il sistema bancario italiano non solo si consolidò, ma conobbe anche un nuovo sviluppo: sorsero infatti e si affermarono istituti destinati ad assumere rilevante peso nella vita economica e finanziaria del Paese, come la Banca Commerciale Italiana (1894), il Credito Italiano (1895) e il Banco di Roma (costituito nel 1880, ma attivo fuori della regione laziale solo a cominciare dalla fine dell'Ottocento). Accanto a tali istituti, che assunsero ben presto il carattere di banche miste, si svilupparono inoltre le banche popolari, le casse di risparmio ordinarie e postali e i monti di pietà. L'evoluzione dell'organizzazione creditizia continuò senza notevoli scosse sino alla fine della prima guerra mondiale, quando la caduta della Banca Italiana di Sconto (1921) e la crisi del Banco di Roma posero in evidenza l'estrema fragilità del sistema delle banche miste.

Il sistema bancario in Italia: dagli inizi del XX secolo al secondo dopoguerra

Una nuova categoria di istituti venne ad acquistare rilievo nell'ordinamento bancario italiano: quella degli istituti specializzati nell'esercizio del credito industriale e di altre forme di credito mobiliare e autorizzati a provvedersi di fondi soprattutto mediante emissione di obbligazioni. I primi istituti di questo tipo (prevalentemente a carattere pubblico) furono il Consorzio per sovvenzioni su valori industriali (la cui origine risale però al 1914), il Consorzio di credito per le opere pubbliche (1919) e l'Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità (1924). Dopo la grande crisi economica del 1929 venne creato il più importante di tali organismi, l'IMI (Istituto Mobiliare Italiano). Nel frattempo, e nell'ambito del programma volto a stabilizzare la lira, con la legge del 6 maggio 1926 venne affidata alla sola Banca d'Italia la facoltà di emettere biglietti e i Banchi di Napoli e di Sicilia furono dichiarati istituti di credito di diritto pubblico. Sempre nel 1926 si provvide inoltre a disciplinare per la prima volta la funzione creditizia sottoponendo le banche alla vigilanza della Banca d'Italia. L'assetto definitivo al sistema venne però dato con la cosiddetta legge bancaria del 1936 (in effetti si trattava di un gruppo di decreti convertiti in legge, con modifiche, nel 1938). Tale legge, che dichiarava l'esercizio del credito e la raccolta del risparmio quali funzioni d'interesse pubblico, istituiva un Ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito, al quale presiedeva il governatore della Banca d'Italia, preposto al controllo sulle aziende di credito. Dichiarava inoltre la Banca d'Italia istituto di diritto pubblico, vietava ai privati il possesso di quote di partecipazione al suo capitale e stabiliva che essa dovesse effettuare operazioni di risconto solo nei confronti delle aziende di credito. Riservava la raccolta del risparmio a breve termine alle aziende di credito e la raccolta del risparmio a medio e a lungo termine agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito speciale, separando così in pratica l'esercizio del credito a breve termine da quello a medio e a lungo termine. La denominazione di aziende di credito veniva dalla legge attribuita alle seguenti categorie di istituti: istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale (categoria istituita dalla legge stessa), banche e aziende di credito in genere, ivi comprese le banche cooperative popolari, le filiali esistenti in territorio italiano di aziende di credito straniere, le casse di risparmio, i monti di pegni (nel 1938 denominati monti di credito su pegno), le casse rurali e agrarie (nel 1937 denominate casse rurali e artigiane). La legge del 1936 confermava istituti di credito di diritto pubblico il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro, l'Istituto San Paolo di Torino e dichiarava tale il Monte dei Paschi di Siena (a essi si aggiunse nel 1944 il Banco di Sardegna).

Il sistema bancario in Italia: dal dopoguerra in poi

Quali banche d'interesse nazionale (qualifica attribuita alle banche che, costituite nella forma di società per azioni e aventi filiali in almeno 30 province, siano riconosciute tali con decreto del capo dello Stato), vennero riconosciute (1938) il Credito Italiano, la Banca Commerciale Italiana e il Banco di Roma. L'Ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito venne soppresso nel 1944 e le sue funzioni passarono alla Banca d'Italia. Nel 1947 è stato creato il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, cui è stata affidata l'alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, in materia di esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria. Nel 1990 la legge Amato-Carli n. 218 del 30 luglio ha permesso agli istituti di credito di diritto pubblico di trasformarsi in società per azioni, al fine di migliorare l'efficienza organizzativa e rendere possibile un più efficace svolgimento dell'attività d'impresa nel settore. La legge Amato-Carli, inoltre, conferisce agevolazioni fiscali per chi avvii ristrutturazioni quali fusioni, accorpamenti, trasformazioni che diano luogo a maggiore concentrazione di mercato. Al fine di agevolare ancora di più il processo di progressiva riduzione della presenza pubblica negli assetti proprietari del sistema bancario nazionale, il decreto legislativo 14 maggio 1999 concede agevolazioni fiscali in favore delle fondazioni bancarie che in quattro anni provvedano a cedere le partecipazioni di controllo in banche. Lo stesso decreto assegna alle fondazioni il ruolo istituzionale di enti senza scopo di lucro indirizzandole allo svolgimento di attività di tipo culturale, formativo e di pubblico interesse. Dal punto di vista delle possibilità operative, per consentire alle banche di trarre vantaggio dalle sinergie derivanti da legami partecipativi o di gruppo, è ora possibile collocare i prodotti bancari anche fuori sede per il tramite di imprese di assicurazione, agenti assicurativi o - nel caso di credito al consumo - degli esercizi commerciali fornitori dei beni finanziati, purché siano state stipulate apposite convenzioni. Nel quadro di una sempre maggiore trasparenza delle banche nei confronti dei risparmiatori, degli azionisti e degli eventuali investitori, sono stati introdotti ulteriori obblighi di comunicazione nella nota integrativa dei bilanci bancari, che ora devono dar conto, tra l'altro, dell'andamento delle diverse tipologie di crediti vantati dalle banche di cui non è certa la possibilità di recupero. Nell'ultimo decennio del Novecento l'evoluzione dei sistemi bancari europei e mondiali è stata condizionata da tendenze di fondo comuni. Le innovazioni in campo tecnologico e finanziario e l'orientamento generale verso la liberalizzazione e la despecializzazione dell'attività bancaria hanno, da un lato, intensificato la concorrenza sui singoli mercati nazionali, dall'altro, alimentato il naturale processo di integrazione dei mercati e di globalizzazione dell'economia. Accanto alla banca sono ora presenti altri tipi di operatori: gli intermediari finanziari, le SIM e le società di gestione del risparmio (SGR), come stabilito dal Testo unico della finanza. In Italia, la crescita della concorrenza sui mercati del credito e della finanza e la progressiva riduzione della presenza pubblica negli assetti proprietari delle banche hanno accelerato negli ultimi anni i progetti di aggregazione e gli interventi di razionalizzazione produttiva e gestionale del sistema bancario italiano. Continua infatti a decrescere il numero di banche operanti nel nostro Paese che a fine 1999 erano 876. A partire soprattutto dalla seconda metà degli anni Novanta si è assistito ad un progressivo decrescere del numero di operatori bancari, in parte effetto dell'aumento - per numero e importanza - delle operazioni di concentrazione (fusioni, acquisizioni, aggregazioni in strutture di gruppo). Questo fenomeno ha interessato negli ultimi anni anche molte grandi banche italiane (San Paolo-IMI, formazione del gruppo Unicredito, Ambroveneto-Cariplo-Comit) e talvolta è stato indotto dalla volontà di trovare soluzione alla crisi delle maggiori banche meridionali (passaggio della proprietà del Banco Napoli all'INA e alla BNL, acquisizione delle attività e passività della Sicilcassa da parte del Banco di Sicilia, con l'ingresso nel capitale di quest'ultimo del Mediocredito Centrale). Sono proseguite nello stesso periodo le operazioni di privatizzazione e di dismissione delle partecipazioni di controllo da parte delle fondazioni bancarie (nel 1997 l'Istituto Bancario San Paolo di Torino, la Cariplo e, in parte, la Banca di Roma, nel 1998 la BNL, nel 1999 il Mediocredito Centrale, mentre si sono avviate le procedure per l'apertura del capitale ai privati del Monte dei Paschi). Nelle recenti operazioni di privatizzazione si è andata affermando la scelta di definire un nucleo ristretto di azionisti, che detengano almeno per un certo periodo la responsabilità della definizione delle strategie, al fine di assicurare stabilità alla conduzione della banca (il cosiddetto “nocciolo duro”). Nonostante l'avviato processo di concentrazione, che ha avuto fino al momento rilievo prevalentemente nazionale, le dimensioni dei maggiori gruppi bancari italiani restano tuttora molto inferiori rispetto ai principali operatori bancari della Unione Europea e del mondo. Alla riduzione del numero delle banche fa riscontro la continua espansione di quello degli sportelli bancari e delle reti di apparecchiature elettroniche (ATM, POS attivabili con carte di credito o di debito come il bancomat). L'introduzione di tecnologie avanzate ha d'altra parte favorito il diffondersi dei canali telefonici e telematici (anche grazie al diffondersi del fenomeno Internet) tramite i quali vengono resi disponibili presso il domicilio della clientela servizi sia di tipo informativo che di natura dispositiva (banca telematica). Va inoltre notevolmente espandendosi l'attività di collocamento di prodotti bancari per il tramite di promotori finanziari non dipendenti, che talvolta si organizzano in uffici esterni, legati alla banca da contratti di mandato o di agenzia, secondo una logica che si ispira alla formula del franchising delle reti commerciali. Dal punto di vista delle scelte organizzative, le maggiori realtà bancarie nazionali stanno sperimentando in questi ultimi anni diversi modelli di struttura al fine di realizzare economie di scala, senza perdere la capacità di instaurare rapporti diretti con la clientela. Le soluzioni organizzative adottate sono diverse: la banca “multiprodotto”, in grado di fornire una gamma completa di servizi alle famiglie e alle imprese; il gruppo bancario e finanziario in cui si realizza una netta distinzione fra le fasi di produzione e di distribuzione dei servizi e in cui le decisioni vengono prese anche a livello decentrato; la banca di nicchia, in grado di fornire con particolari competenze specialistiche servizi o prodotti a un determinato segmento di mercato in una determinata area geografica; il cosiddetto gruppo “federale”, in cui le banche partecipanti mantengono visibile il loro marchio e sfruttano il loro radicamento territoriale mentre le funzioni strategiche di indirizzo e le attività strumentali e di supporto sono accentrate. Tale revisione dei processi produttivi delle banche ha determinato negli ultimi anni un crescente ricorso al trasferimento di fasi lavorative a soggetti esterni secondo la logica dell'outsourcing. I citati interventi di riorganizzazione delle banche e l'introduzione di tecnologie più avanzate hanno contribuito ad accrescere la produttività nell'industria bancaria, come testimoniato dalla progressiva diminuzione del numero degli addetti bancari in rapporto al volume di attività svolta. Ciononostante ancora gravi appaiono i problemi di scarsa competitività sofferti dal sistema bancario nazionale rispetto alla concorrenza straniera. A tal fine, di recente si è avviato - sotto l'egida dell'Associazione Bancaria Italiana - un piano di sensibilizzazione delle banche al problema del contenimento dei costi e degli esuberi di personale. Al fine di rispondere alle esigenze sempre più diversificate e sofisticate dei clienti e grazie all'evolversi dei mercati finanziari le banche hanno in questi ultimi anni notevolmente allargato il ventaglio della loro offerta di prodotti alle famiglie e alle imprese. Sul fronte dei crediti si sono andati diffondendo i finanziamenti al consumo, l'attività di factoring e il leasing finanziario; dal punto di vista della raccolta si è andata incrementando la quota riconducibile all'emissione di obbligazioni, talvolta dalle caratteristiche finanziarie sofisticate, mentre ha avuto un incremento notevolissimo il settore dei servizi di gestione del risparmio con particolare riferimento alla gestione dei patrimoni su base individuale. Sempre negli anni Novanta si è completato il lungo cammino di liberalizzazione del mercato europeo dei servizi finanziari con il recepimento della direttiva comunitaria che stabilisce il principio del “mutuo riconoscimento” secondo il quale le banche e le SIM comunitarie possono operare liberamente nel territorio della Comunità Europea. Dal 1996, a seguito del recepimento di una specifica direttiva comunitaria, è obbligatorio per le banche aderire a un sistema di garanzia dei depositi riconosciuto. Tali sistemi di garanzia, pur avendo natura privatistica, devono seguire alcuni criteri imposti normativamente per la migliore tutela dei depositanti. È proseguita l'opera volta a uniformare la disciplina italiana in materia di vigilanza sulle banche agli orientamenti prevalenti in sede internazionale (in particolare nel Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria della Banca dei Regolamenti Internazionali).

Il sistema bancario in Europa

L'attuale ordinamento creditizio è stato disciplinato dalla legge dalla legge del 24 gennaio 1984, detta legge bancaria, relativamente all'attività e al controllo degli istituti di credito. Con la legge del 2 luglio 1996 relativa alla modernizzazione delle attività finanziarie, sono state apportate alcune modificazioni di rilievo. La Banca di Francia, fondata nel 1800 e nazionalizzata nel 1946, è parte integrante del sistema europeo delle banche centrali dal 1998. La Banca di Francia, svolge le funzioni di istituto di emissione e agisce sui tassi di interesse tramite interventi sul libero mercato. Il sistema bancario è diviso in banche commerciali (di cui le più importanti sono Crédit Lyonnais, Société Générale, Banque Nationale de Paris, Crédit Commercial de France), banche cooperative o mutualistiche (tra le quali il Crédit Agricole e le banche popolari), casse di risparmio e istituti finanziari specializzati (Crédit Foncier de France, CEPME, Comptoir des Entrepreneurs). § Con il 1990, anno dell'unificazione, si è imposto il sistema bancario prima vigente nella sola Rep. Fed. di Germania. Tale sistema si caratterizza per l'applicazione del principio della banca mista, secondo cui l'attività bancaria può essere svolta dallo stesso istituto sia nel breve che nel lungo periodo. Se da una parte la fitta rete di partecipazioni incrociate tra banca e industria, conseguente all'applicazione del principio della banca mista, aumenta l'incertezza in epoche di crisi, dall'altra rende molto difficile l'inserimento non desiderato di soggetti esterni, attraverso scalate. La Deutsche Bundesbank (Banca Federale Tedesca) è a capo dell'ordinamento; venne costituita nel 1957 mediante fusione della Bank Deutscher Länder con le nove Landeszentralbanken, cui nel 1948 erano state affidate rispettivamente le funzioni di banca centrale (con diritto di emissione) per tutto il territorio della Rep. Fed. di Germania e di banche centrali per i diversi Länder. Le principali categorie di aziende di credito sono le Geschäftsbanken (banche d'affari), attive in tutti i settori bancari, possono detenere quote azionarie in società per azioni: le tre più importanti sono la Deutsche Bank, la Dresdner Bank e la Commerzbank; le Sparkassen (casse di risparmio), gestite generalmente dai comuni si occupano anche di attività commerciali; le Volksbanken/Raiffeisenbanken (casse rurali ed artigianali), per le attività minori e di prestiti a livello locale; le Hypothekenbanken (istituti di credito ipotecario), specializzate nella concessione di prestiti ipotecari a lunga scadenza, e prestiti a lunga scadenza per il governo locale, regionale e federale. § La Banca centrale del Belgio, di cui lo Stato detiene la maggioranza del capitale, è responsabile dell'emissione di moneta, del mercato dei cambi e della fissazione del tasso di sconto. Tra le principali banche commerciali che operano in Belgio vi sono la Général de Banque, la KBC e la Banque Bruxelles Lambert (BBL). § Nei Paesi Bassi banca centrale è la Nederlandsche Bank (fondata nel 1814). Le banche commerciali offrono una ampia gamma di servizi bancari e finanziari. Le principali banche olandesi sono la ABN amro Bank, la Rabobank, e la Internationale Nederlanden Group (ING) Bank. § In Svizzera la Banca Nazionale, indipendente dal governo federale, svolge le funzioni di banca centrale e coordina la politica monetaria e creditizia. Il controllo sul sistema bancario è esercitato dalla banca centrale in collaborazione con la Commissione bancaria federale. Il sistema bancario svizzero è fortemente decentrato. Le due maggiori banche commerciali sono l'UBS ( nato dalla fusione tra l'ex Unione di Banche Svizzere di Zurigo e l'ex Società di Banca Svizzera di Basilea), ed il Credit Suisse Group di Zurigo. § In Gran Bretagna il sistema bancario è caratterizzato da un notevole grado di specializzazione e dalla natura prevalentemente privatistica. Esso è formato dalle seguenti categorie di istituti: la Banca d'Inghilterra (nazionalizzata nel 1946), le joint stock banks, le merchant banks, le banche d'Oltremare (con sede a Londra ma operanti all'estero), le casse di risparmio (cioè le savings banks). L'organizzazione della Banca d'Inghilterra trova le sue origini nel Bank Charter Act del 1844 (Atto di Peel) che ha separato l'attività di emissione (affidata al Dipartimento di emissione) dall'attività di controllo della politica monetaria e creditizia e dalle funzioni di banca degli istituti bancari (affidati al Dipartimento bancario). Le joint stock banks sono banche di deposito e sono costituite dalle clearing banks (cioè banche che appartengono alla London Banker's Clearing House, la stanza di compensazione di Londra), dalle banche scozzesi, caratterizzate dal privilegio di poter emettere propri biglietti di banca, e dalle banche dell'Irlanda del Nord. Le più importanti tra le clearing banks sono le cosiddette big four (le “quattro grandi”): la Barclays Bank, la Lloyds Bank, la Midland Bank e la National Westminster Bank. § In Russia l'unico istituto di emissione, di credito e di finanziamento e l'unica centrale di regolamento e di cassa è stata la Gosbank (Banca di Stato), affiancata dalla Banca per il Finanziamento dell'Edilizia Industriale (Stroibank) e dalla Banca per il Commercio con l'Estero (Vnestorgbank). Dopo il 1988, i numerosi cambiamenti introdotti della perestrojka hanno reso possibile la creazione di più banche; alla Banca di Stato inoltre sono stati tolti i compiti, svolti in precedenza, di concessione di crediti, effettuazione di pagamenti e di collaborazione a gestioni, che nei sistemi occidentali sono propri di banche ordinarie. Essa è ora a tutti gli effetti una Banca Centrale.

Il sistema bancario negli Stati Uniti d'America

Peculiare, pur se in direzione opposta a quella sovietica, è anche la struttura del sistema bancario degli Stati Uniti d'America dove, con il Federal Reserve Act del 1913 (successivamente emendato), si è cercato di conciliare l'esigenza di un'istituzione centrale preposta al controllo del credito con le aspirazioni indipendentistiche e le situazioni particolari delle diverse zone del Paese, creando il Federal Reserve System. Quest'ultimo è costituito dal Board of Governors (Consiglio dei governatori) che ha sede a Washington e a cui è affidata la direzione della politica monetaria e creditizia del sistema; dalle 12 Federal Reserve Banks (Banche della Riserva Federale) operanti con funzioni di banche centrali nei 12 distretti in cui è stato suddiviso il territorio; dal Federal Open Market Committee preposto al controllo delle operazioni sul mercato aperto; dal Federal Advisory Council con funzioni consultive e di consulenza; dalle banche membri del sistema, cioè da tutte le banche nazionali (banche create mediante autorizzazione del governo federale e sottoposte alla legislazione federale) e da qualsiasi altra banca statale (cioè creata mediante autorizzazione dei governi dei singoli Stati) e non statale che abbia aderito al sistema. La Federal Reserve Bank può modificare le condizioni del mercato monetario intervenendo sul tasso di sconto, effettuando operazioni sul mercato aperto e determinando l'ammontare delle riserve bancarie delle banche commerciali; essa inoltre controlla l'operato di quest'ultime e ne regola l'attività.

Il sistema bancario in Giappone

Il sistema finanziario giapponese è composto da una Banca Centrale (la Bank of Japan) e da istituti finanziari privati e pubblici. Gli istituti finanziari pubblici sono: la Japan Development Bank e la Export-Import Bank of Japan, The Hokkaido-Tohoku Development Corporation e Japan Finance Corporation for Small Business. Gli istituti finanziari privati si distinguono in: banche commerciali (le cosiddette "city banks"), banche straniere, istituti di credito a lungo termine, banche fiduciarie e società assicurative.

Struttura e ubicazione degli edifici bancari

La distribuzione interna di una banca prevede di norma tre spazi principali: per il pubblico, per gli impiegati e per la direzione. Il primo (salone, sportelli) è composto da un grande ambiente, comunicante con quello del personale, ma separato da questo mediante un bancone, suddiviso spesso in settori (“sportelli”) per i vari servizi e corredato da tavoli e scrittoi per la compilazione di moduli, richieste, ecc . Ogni banca è inoltre dotata di un complesso di ambienti sotterranei, suddiviso in due sezioni: una per le cassette di sicurezza, affittate ai clienti, con accesso, custodito, dallo spazio per il pubblico; l'altra, detta tesoro, per la custodia dei valori e dell'archivio della banca, accessibile solo dagli uffici. Nelle sedi più importanti, soprattutto in quelle centrali, tesoro e cassette di sicurezza sono all'interno di un unico ambiente, detto caveau, con pareti corazzate (in calcestruzzo armato con una robusta maglia metallica), con porte pure corazzate e provviste di dispositivi antifurto e antincendio e circondato, in genere, da corridoi di ronda. Dispositivi antifurto e segnalatori di incendio interessano anche, ovviamente, l'intero sistema dei locali e degli accessi alla banca. Particolari misure di sicurezza si adottano, inoltre, per gli “sportelli” di cassa, isolati mediante cristalli antiproiettile, talvolta dotati di chiusure rapide a saracinesca, e provvisti di dispositivi d'allarme spesso collegati con una stazione di polizia. Gli impianti di una banca comprendono, oltre a quelli comuni ai grandi complessi per uffici, sistemi di collegamento con altre sedi o con uffici postali vicini, un centro meccanografico autonomo o i terminali di un elaboratore centralizzato. Sono assai diffusi anche sportelli di cassa automatizzati che, attraverso sistemi elettronici di identificazione, consentono al cliente di effettuare operazioni autonomamente, anche fuori dell'orario di apertura se accessibili anche dall'esterno. Le sedi centrali e provinciali, che aggiungono alle normali funzioni quelle di rappresentanza, sono di solito ubicate nel centro d'affari della città, mentre le agenzie sono poste in corrispondenza di concentrazioni periferiche di attività artigianali e commerciali o di nodi di traffico.

Bibliografia

Per la tecnica

P. Saraceno, Le operazioni bancarie, Milano, 1957; P. D'Angelo, M. Mazzantini, Trattato di tecnica bancaria, Milano, 1966; A. Biasotti, L. Galeazzi, Progetto banca, Milano, 1986; M. Borroni, M. Oriani, Le operazioni bancarie, Bologna, 2008; M. Di Antonio, La misurazione dei processi in banca, Roma 2008.

Per il sistema bancario

G. A. Micheli, P. Pagliazzi, Codice della banca, borse e valute, Bologna, 1951; P. Saraceno, L'attività bancaria, Milano, 1957; G. Luzzatto, Storia economica, 2 voll., Padova, 1958; U. Scuotto, Storia delle banche dai tempi antichi all'età contemporanea, Roma, 1960; R. Orsingher, Les banques dans le monde, Parigi, 1964; L. Filosto, Le gestioni bancarie, Torino, 1971; M. Comana, Il sistema bancario italiano, Milano, 1984; G. Giannini, L’età delle banche centrali, Bologna, 2004; R. Ruozi, Economia e gestione della banca, Milano, 2006.

 

 

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