Lessico

sf. [sec. XIX; da bonificare].

1) Propr. si intende per bonifica quella che tecnicamente si chiama bonifica idraulica, cioè il complesso dei lavori e delle opere necessari per prosciugare terreni paludosi ovvero periodicamente o continuativamente sommersi dalle acque, con conseguente loro risanamento igienico e valorizzazione produttiva; in una più ampia accezione il termine designa tutte le opere necessarie per ottenere il massimo rendimento produttivo di una determinata zona, nel quadro dello sviluppo socio-economico nazionale. Per estensione, la zona bonificata: “la strada corre attraverso le melanconiche bonifiche ravennati” (Panzini).

2) Fig., opera di risanamento morale: era necessaria una bonifica dei costumi.

3) Complesso di operazioni che si effettuano nelle zone colpite da aggressivi chimici o biologici allo scopo di neutralizzare totalmente o parzialmente l'azione dei tossici e rendere possibile il transito delle truppe.

4) Operazione di ricerca sistematica e rimozione delle mine costituenti un campo minato steso dal nemico, effettuata dopo che il terreno conquistato è saldamente in possesso o al termine delle operazioni.

5) Trattamento termico comunemente eseguito sugli acciai, ma talora anche su altre leghe, costituito dalla tempra seguita da rinvenimento a una temperatura opportuna (nel caso degli acciai ca. 600 ºC). Tale trattamento viene eseguito allo scopo di ottenere costituenti strutturali aventi particolari caratteristiche di durezza e tenacità, che rendano il materiale metallico più idoneo a sopportare le sollecitazioni che gli vengono imposte in esercizio.

Cenni storici: bonifica agraria e bonifica idraulica

Tutte le civiltà stanziali si sono sempre preoccupate di rendere più fertile e salutare il proprio territorio attraverso opere di bonifica; fra le più antiche ricordiamo quelle compiute in Egitto, in Persia, in India e in Cina. Nell'Europa occidentale bonifiche furono realizzate nella valle del Po a opera delle popolazioni che vi risiedevano; dagli Etruschi nella Maremma; dai Volsci nelle Paludi pontine; dai Greci sulle coste ioniche. I Romani realizzarono importanti opere di bonifica in Val di Chiana, nella valle reatina, nel lago del Fucino, nel quadro di quella grandiosa opera di colonizzazione dei territori soggetti all'impero di cui restano tracce assai diffuse ed evidenti. In seguito alla caduta dell'Impero romano le sistemazioni idraulico-agrarie vennero quasi ovunque degradandosi a causa della frammentaria utilizzazione (acquedotto e canale). Una rilevante eccezione fu costituita dai Paesi Bassi, dove si venne realizzando un'esperienza autonoma e continuativa di bonifica stimolata dalle particolari condizioni ambientali, quali presenza di grandi aree al di sotto del livello marino, maree estremamente alte, forti correnti e forti venti. Dagli iniziali lavori di conservazione e completamento delle difese naturali costiere formate da dune sabbiose, gli Olandesi promossero con il tempo più ambiziosi programmi di recupero di terre al mare mediante la costituzione di particolari comprensori (polders). Nel resto d'Europa, a partire dai sec. X-XI si ebbe una ripresa delle opere di bonifica a opera prima degli ordini religiosi cistercense e cluniacense, poi dei liberi comuni. Importanti opere furono successivamente realizzate dalla Repubblica di Venezia, che fece arginare e regolare il corso di alcuni fiumi (Piave, Brenta, Adige) e deviare quello del Po. Nel Polesine si realizzò una prima opera di bonifica nel 1604, a opera di papa Clemente VIII; in Toscana la città di Siena fece costruire, nel 1469, da Francesco di Giorgio Martini il primo bacino artificiale nell'alta valle della Bruna e, nel sec. XVII, Torricelli applicò la prima bonifica per colmata nella Val di Chiana. A Napoli le opere di bonifica ebbero sotto i Borbone forte impulso, sia operativo sia legislativo (real rescritto dell'11 maggio 1855). Dopo l'unificazione, lo Stato italiano raccolse le tanto contrastanti disposizioni precedenti e promulgò una prima legge organica: la legge Baccarini del 1882. In successive leggi venne chiarita prima la necessità di unire la bonifica agraria a quella idraulica, poi l'esigenza di una bonifica integrale che prevedesse un operato ben più vasto e più complesso, per affrontare tutti i problemi connessi alla difesa e valorizzazione delle terre. In sostanza la concezione della bonifica integrale esplicitava, in dettagliata normativa, l'esigenza di far coincidere, per quanto possibile, l'area da bonificare con un'unità oro-idrografica e, soprattutto, di promuoverne e svilupparne la valorizzazione mediante opere unitariamente coordinate. In tal senso si chiarisce la distinzione in uso tra opere di trasformazione, che tendono a rendere produttivi i terreni o a migliorarne il rendimento, e opere di difesa, che tendono a mantenere l'ordinamento territoriale raggiunto e che quindi costituiscono indispensabile complemento alle prime. Tipiche opere di difesa sono quelle della bonifica montana, che ha lo scopo di prevenire e limitare i danni dovuti ai fenomeni erosivi di varia natura, in particolare di natura idrometeorica, che, oltre a incidere sulla sistemazione dei terreni montani, incide conseguentemente su quella dei terreni in piano mediante fenomeni alluvionali. Tipiche opere di trasformazione sono quelle relative alla bonifica idraulica, che può, peraltro, considerarsi un aspetto della più generale bonifica agraria, che riguarda l'ordinamento produttivo dei terreni incolti o scarsamente coltivati.

Cenni storici: bonifica integrale

La bonifica integrale implica, in generale, oltre alla risoluzione dei problemi tecnico-produttivi, quella, forse più complessa, dei problemi relativi al popolamento delle nuove aree rese produttive con la realizzazione di insediamenti e il loro collegamento con le aree limitrofe. Questa radicale trasformazione delle caratteristiche socio-economiche e ambientali, che può giungere in alcuni casi a modificare l'equilibrio ecologico delle aree interessate (per esempio nell'Amazzonia), comporta evidentemente la necessità, la capacità e la possibilità, da parte degli organi direttivi preposti, di formulare e realizzare articolati programmi pianificatori a lunga scadenza. Il maggior intervento di bonifica integrale realizzato in Italia è quello delle Paludi pontine che, fra il 1930 e il 1940, coordinò e concluse le opere a più riprese avviate nel corso dei secoli. Accanto a essa sono state condotte, negli ultimi decenni del sec. XX, altre importanti bonifiche (Bassa Friulana fra l'Isonzo e il Tagliamento, Parmigiana-Moglia fra il Secchia e il Crostole, Coltano presso Pisa ecc.) e notevoli trasformazioni fondiarie nelle isole, in Calabria, nel Fucino, nella Maremma tosco-laziale, nel delta padano. Esemplari, per lungimiranza ed efficacia di programmi e per sperimentazione di nuove tecniche, sono le grandi bonifiche realizzate nei Paesi Bassi: il prosciugamento dello Zuider Zee, iniziato nel 1920 allo scopo di recuperare terre al mare costituendo contemporaneamente, nella sua parte centrale, una grande riserva di acqua dolce, e il Delta Plan, che ha come principale obiettivo la regolazione del regime delle foci del “Grande Delta”. Notevoli opere di sistemazione idraulica di zone agricole depresse sono state realizzate (a partire dal 1957) in varie zone della Repubblica Popolare Cinese (Turkestan, Ordos, zone dei grandi fiumi ecc.), in Egitto (bacino artificiale della diga di Assuan) e nell'India nord-orientale (valle di Ihelam) con conseguente miglioramento produttivo di regioni già coltivate o con la messa a coltura di nuove terre. Tra gli altri Paesi in via di sviluppo dove sono stati impostati o già realizzati interventi di bonifica vanno ricordati: il Niger, con la bonifica di 16.000 ha di terreno pianeggiante adiacente al letto di magra del fiume Niger; il Togo e il Benin, con un piano di sviluppo integrato di 60.000 ha lungo il basso corso del fiume Mono; la Nigeria, con la realizzazione di un polder irriguo di 45.000 ha; il Kenya, con un programma di bonifica integrale per 55.000 ha nella Provincia Occidentale. Di grande attualità sono i programmi di bonifica delle cosiddette terre vergini, cioè di grandi aree incolte, desertiche o boscose, dalla cui positiva soluzione dipende, almeno in parte, quella del sempre più drammatico problema dell'aumento delle esigenze alimentari concomitante all'incremento demografico mondiale. Fra le maggiori realizzazioni: quelle attuate negli Stati Uniti (a partire dal 1933) dalla Tennessee Valley Authority (TVA), e in particolare, la messa a coltura dell'Imperial Valley nel deserto di Sonora; quelle in corso di realizzazione in Israele, in particolare nella zona del Negev (desertificatasi per il progressivo abbandono nel corso di dodici secoli) alla cui irrigazione si provvede con il recupero, il miglioramento e il potenziamento (convogliamento delle acque dello Yargon con un acquedotto di 108 km) dell'antico sistema canalizio discendente dai monti e la sua integrazione in un piano di sistemazione idrica dell'intero Stato, che ha la sua spina dorsale nella condotta Giordano-Negev; quelle condotte nell'ex Unione Sovietica, legate alla bonifica delle fertili terre nere ancora incolte nella Siberia nordoccidentale e nel Kazahstan settentrionale, con la realizzazione di grandi opere per aumentare le superfici irrigate e la creazione di fasce alberate per proteggerle dall'influenza dei venti provenienti dall'Asia centrale e per impedirne il dilavamento all'epoca delle piogge. Vanno citati, ancora, i programmi avanzati dagli Stati interessati per il popolamento e la valorizzazione delle zone amazzoniche, in particolare quello promosso dal governo brasiliano con la costituzione di un apposito ente. In Italia la bonifica integrale, che fino al 1949 copriva circa 9.724.000 ha, ne interessa oggi circa 16.000.000; nei relativi comprensori sono state realizzate opere di prosciugamento su circa 4.000.000 di ha, dei quali oltre un milione con sollevamento meccanico dei terreni là dove non è stato possibile attuare lo scolo naturale o nel caso in cui i terreni da bonificare fossero sotto il livello del mare. Gli enti di bonifica hanno, inoltre, costruito 32.400 km di strade, oltre 5000 acquedotti e numerosi impianti di irrigazione. Negli ultimi decenni del sec. XX, sotto la spinta dei movimenti ambientalisti, l'atteggiamento nei confronti delle opere di bonifica, con le valutazioni socio-politiche conseguenti, è alquanto mutato e si è fatto notevolmente più critico. In effetti, le modificazioni degli equilibri naturali indotte su larga scala (valga, per tutti, proprio l'esempio dell'Amazzonia) comportano rischi, per l'ecosistema planetario, che non devono essere sottovalutati. Particolare significato viene attribuito, poi, alla conservazione delle residue zone umide, come habitat di particolari specie floristiche e faunistiche: a tal fine, nel 1971, è stata redatta una convenzione internazionale (che ha preso nome dalla cittadina iraniana di Rāmsar, dove si svolse la conferenza istitutiva), entrata in vigore nel 1975 e alla quale hanno aderito numerosi Paesi, fra cui l'Italia (1976).

Diritto: legislazione italiana sulla bonifica

La prima legge che si occupò seriamente del problema fu occasionata dalla malaria che mieteva vittime nelle regioni paludose. Nota come legge Baccarini, venne approvata il 25 giugno 1882; essa affidava allo Stato “la suprema tutela e l'ispezione sulle opere di bonifica” togliendola al diritto privato. Norme successive dotarono la legge Baccarini di maggiore agibilità e delle necessarie autorizzazioni alla spesa (legge 18 giugno 1899); esse furono raccolte nei due testi unici del 22 marzo 1900 n. 191 e del 7 luglio 1902 n. 333. Provvidenze speciali furono prese per la Basilicata, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. Seguirono leggi minori sempre più numerose, che furono raccolte in un nuovo testo unico del 30 dicembre 1923 n. 3256. Nello stesso anno veniva varato il regio decreto-legge 30 dicembre 1923 n. 3267, che riordinava la legislazione sui boschi e i terreni montani, collegandola a quella sulla bonifica. Decisivi furono però i decreti-legge 18 maggio 1924 n. 753 e 29 novembre 1925 n. 2564, che prospettavano radicali trasformazioni nei territori di bonifica con opere di miglioramento agrario-fondiario, con la concessione di contributi statali e agevolazioni del credito ai proprietari legandoli in tal modo al piano generale di bonifica impostato dallo Stato. Il lungo processo di legislazione e di riassetto si concluse con il regio decreto 13 novembre 1933 n. 215, che sostituì le leggi precedenti e dettò le nuove norme per la bonifica integrale. Con questo diventavano sempre più stretti i vincoli e gli obblighi del diritto privato con quello pubblico fino a giungere a un vero limite della proprietà privata. Integrazioni a questo decreto-legge furono emanate con la legge 12 febbraio 1942 n. 183 che obbligava i privati all'esecuzione di opere minori; con il decreto-legge 31 dicembre 1947 n. 1744 per accelerare la trasformazione fondiaria; con la legge 10 novembre 1954 n. 1087 con i provvedimenti di esproprio e lo stanziamento di 35 miliardi per finanziare opere irrigue. § Le disposizioni riguardanti le opere di bonifica non si applicano a tutti i territori: di qui la distinzione in comprensori (territori) di prima e di seconda categoria, riferendosi i primi a quei territori che necessitano, ai fini della colonizzazione, di opere gravemente onerose per i proprietari interessati, mentre tutti gli altri sono, per esclusione, di seconda categoria (per esempio appartiene alla prima categoria l'altopiano silano, per il quale fu istituita anche l'Opera per la valorizzazione della Sila). In questi territori sono di competenza dello Stato le opere necessarie alla modifica delle condizioni ambientali (opere di rimboschimento, di correzione dei tronchi montani, di rinsaldamento delle pendici; di bonifica dei luoghi paludosi, di provviste dell'acqua potabile, di opere di difesa delle acque, di distribuzione dell'energia elettrica, di costruzione delle strade e di edilizia rurale ecc.). In via normale queste opere sono date in concessione ai consorzi dei proprietari. A carico dei proprietari sono la manutenzione, l'esercizio e il concorso nelle spese d'impianto. Qualora il proprietario non esegua le opere di sua competenza entro la scadenza del termine o ne sia impossibilitato, il ministero può procedere all'esproprio a favore del consorzio che ne faccia richiesta. L'indennizzo è computato in base al normale reddito dominicale dei terreni. Allo scopo di consentire l'introduzione di ordinamenti agricoli nuovi e più progrediti si rendeva però necessario superare la frammentazione dei fondi per dare alla nuova impresa agricola l'ampiezza necessaria. Il principio era già stato posto dalla legge del 1933 e trovò trattazione più esauriente nella legge 12 febbraio 1942 n. 183, che estese le norme anche ai consorzi di miglioramento fondiario. In queste opere di miglioria lo Stato può intervenire con opportuni sussidi, ma mantiene la sua libertà d'azione per indirizzarli nel senso della sua politica agraria o per intervenire dove maggiore è il bisogno: in questo senso i sussidi sono stati concentrati sulle opere d'industrializzazione e sul collocamento del prodotto che trova particolare difficoltà a realizzare prezzi remunerativi. In particolare il contributo statale è di un terzo per le opere di miglioramento fondiario e del 75% per gli acquedotti rurali, con lievi aumenti percentuali per i pascoli montani o le zone dell'Italia meridionale, delle isole, della Maremma toscana, del Lazio, della Puglia, della Basilicata e della Calabria. Per l'ammodernamento ulteriori forme di aiuto sono state emanate dalla legge 25 luglio 1952 n. 949. § I territori soggetti al trattamento di bonifica raggiungono una superficie di 16 milioni di ettari, con una maggiore aliquota in Sardegna (1 619.552 ha), Sicilia (1.238.626 ha), Emilia (1.212.328 ha), Puglia (975.360 ha), Veneto (873.546 ha), e rappresentano oltre la metà della superficie agrario-forestale (28 milioni di ha) di tutto il Paese: nell'Italia centro-settentrionale prevalgono le bonifiche tipicamente idrauliche; nel Mezzogiorno e nelle isole hanno rilievo le bonifiche di trasformazione fondiaria. Subito dopo la seconda guerra mondiale gli interventi dello Stato ebbero carattere saltuario e furono convogliati in prevalenza verso la ricostruzione. Programmi sistematici vennero invece affrontati dal 1949 (legge 23 aprile 1949): per lo sviluppo dei comprensori nel Mezzogiorno e nelle isole fu istituita, con la legge 10 agosto 1950 n. 646, la Cassa del Mezzogiorno, che destinò per dieci anni una parte della sua spesa annua all'attività di bonifica. Nello stesso giorno veniva approvata un'altra legge per la sistemazione idraulico-forestale dei bacini montani; ai problemi irrigui si provvide con la legge 10 novembre 1954 n. 1087; al luglio 1957 risale un gruppo di leggi che assicurano la continuità di un'azione organica su tutta la penisola.

Tecnica: bonifica montana

Si attua attraverso opere dette intensive o di fondo e opere dette estensive. Le prime riguardano la sistemazione dei bacini idrografici; le seconde la sistemazione, contro il dilavamento, di notevoli superfici, talvolta dell'intera estensione del bacino idrografico, e si attuano mediante rimboschimenti, inerbamenti, sistemazioni idrauliche.

Tecnica: bonifica idraulica

Riguarda comprensori che sono, in genere, terreni pianeggianti nei quali la mancanza di pendenza rende lenta la circolazione idrica con conseguente ristagno di acqua (terreni paludosi, acquitrinosi ecc.). Per approntare un progetto di bonifica è necessario realizzare tutta una serie di rilevamenti (topografico, geologico, della falda freatica) e di dati relativi alle precipitazioni; a seguito di questo studio preliminare e di ulteriori considerazioni economico-tecniche sul comprensorio si può stabilire a quale metodo di bonifica sia opportuno fare ricorso. I metodi fondamentali sono: la bonifica per prosciugamento, cioè per abbassamento del livello dell'acqua sino a raggiungere il prosciugamento permanente del terreno, e la bonifica per colmata, cioè innalzamento del livello del terreno al di sopra di quello dell'acqua, in particolare colmando con sedimenti le parti più depresse. Il metodo per prosciugamento si divide a sua volta in: prosciugamento a scolo naturale, per sollevamento meccanico, a sistema misto. Il prosciugamento per scolo naturale si effettua quando la conformazione altimetrica del comprensorio permette che lo scolo delle acque avvenga per gravità, attraverso una rete di canali opportunamente graduata (scoline, capifossi, fossi collettori, canali terziari e secondari, canali principali, canali collettori) in un bacino detto di versamento. Se il livello del pelo d'acqua in quest'ultimo è sempre inferiore a quello del canale collettore si ha la bonifica a scolo continuo; se invece esso è talvolta (piene, alte maree) superiore a quello del collettore, si ha la bonifica a scolo intermittente; in tal caso è necessario predisporre dei manufatti capaci di impedire che le acque si riversino dal bacino al comprensorio. Il prosciugamento per sollevamento meccanico si attua quando non sia possibile il prosciugamento per scolo continuo: è il sistema tipico dei polders. Realizzata la rete canalizia, è necessaria la costruzione di un impianto di sollevamento delle acque di scolo. Questo, posto di norma lungo il collettore, è costituito da una vasca di arrivo o di carico e da una vasca di scarico alimentata dalla prima a mezzo di pompe idrovore. Il prosciugamento per sistema misto si attua quando il prosciugamento a scolo naturale viene integrato da quello a sollevamento meccanico durante i periodi di intermittenza del deflusso. Il metodo per colmata è il meno usato perché richiede molto tempo e crea notevoli problemi tecnici ed economici. Per realizzarlo è necessario, prima di tutto, che vi sia nelle vicinanze del comprensorio di bonifica un fiume colmatore, cioè che contenga in sospensione una sufficiente quantità di materiale solido in quanto è questo che, scaricato sul comprensorio, ne deve rialzare il livello alla quota richiesta. Per far ciò si suddivide il comprensorio in casse di colmata (con area massima di 100.000 m²) recinte da un argine, quindi vi si convogliano le acque torbide mediante un canale derivatore (o colmatore) e da ultimo se ne allontanano le acque di scolo con un canale di scarico (o fugatore). Un comprensorio di bonifica idraulica, di norma delimitato da un argine e/o da un canale di cintura, può presentare, se molto grande, sensibili differenze altimetriche tra le sue parti; può essere conveniente in tal caso operare una separazione tra questi settori e procedere separatamente al prosciugamento anche con sistemi diversi. Vi sono anche, oltre ai suddetti, tipi di bonifica particolari, strettamente legati alle condizioni ambientali: di foci, utilizzando per colmata il rigurgito, provocato dall'alta marea, delle acque fangose dei fiumi; di zone paludose in prossimità del mare, scaricando sul comprensorio il materiale dragato sul fondo marino; di consolidamento delle dune lungo il mare, colmando il comprensorio con le acque torbide deviate da un corso d'acqua; di stagni, sempre in prossimità del mare, trasformando in saline e valli da pesca il comprensorio mediante il collegamento con le acque del mare.

Tecnica: bonifica agraria

L'attuazione di una bonifica agraria consta in generale di due fasi successive: rimozione delle diverse cause che impediscono l'utilizzazione agricola dei terreni; regolazione, mediante opportune sistemazioni idrauliche, delle acque di circolazione superficiale onde ottenere uno sviluppo ottimale delle colture, limitando nel contempo i fenomeni erosivi. Alla prima fase appartengono le operazioni di diboscamento, di decespugliamento, di spietramento, di spianamento e di livellamento (tutte eseguite ormai con mezzi meccanici) e quelle, più complesse, soprattutto per il loro necessario prolungarsi nel tempo, di risanamento dei terreni salati, dunosi, torbosi. Il risanamento dei terreni salati si ottiene favorendo, mediante un efficiente impianto di scoline, il lavaggio delle superfici da parte delle acque meteoriche o di irrigazione e attraverso l'iniziale messa a coltura di piante resistenti all'azione dei sali. In Gran Bretagna è stato sperimentato con buoni risultati anche l'impiego della cenere (reperibile in forti quantitativi in quanto prodotto di rifiuto delle centrali termiche) come assorbente in terreni acquitrinosi. Il risanamento dei terreni dunosi si attua mediante l'impianto di graticciate multiple, di piante morte miste a piante vive, la cui azione nel tempo, in particolare per l'accumulo di resi dui organici, permette l'impianto di colture erbacee. Il risanamento dei terreni torbosi può essere effettuato mediante rimescolamento degli strati o, dove il terreno sia esclusivamente torboso, mediante calcitazione. I tipi di sistemazione idraulico-agraria dipendono essenzialmente dalle condizioni pedoclimatiche ambientali oltreché dalla forma del terreno e dai tipi e modi di conduzione delle colture. La bonifica delle terre vergini, in particolare, presenta enormi problemi relativamente alla produzione e/o al trasporto di energia termica o elettrica e al reperimento e immagazzinamento delle acque. Le prospettive attuali riguardano l'utilizzazione, previ opportuni trattamenti, delle acque marine e la costituzione di grandi bacini di riserva mediante lo sbarramento di estuari fluviali. Il costo assai elevato dei procedimenti di dissalazione ha indotto, per esempio, gli Israeliani a sperimentare un sistema (detto drop feed) di filtraggio delle acque salmastre attraverso il terreno; in Gran Bretagna sono state progettate, sull'esempio di quanto fatto dagli Olandesi con il Delta Plan, dighe di sbarramento attraverso quattro dei maggiori estuari (quelli dei fiumi Wash, Dee, Solway e Morecambe), allo scopo di utilizzare l'apporto delle acque dolci dei fiumi.

Ecologia

Bonifica ambientale l'insieme delle operazioni che si effettuano in aree inquinate da effluenti o rifiuti di natura chimica, organici e inorganici, potenzialmente tossici per l'ambiente e per l'uomo. Le attività di bonifica ambientale sono talora molto complesse e devono procedere con l'eliminazione delle fonti di inquinamento o con la loro riduzione entro livelli compatibili con le capacità ricettive dell'ambiente considerato. Successiva a tale fase è l'individuazione degli inquinanti e della loro distribuzione sul territorio. Ove necessario si procede poi alla loro rimozione e al loro smaltimento con opportuni sistemi (termodistruzione, inertizzazione, smaltimento in discarica). La bonifica non è necessaria per gli aggressivi fugaci e semipersistenti, mentre è indispensabile per quelli persistenti. La bonifica si effettua con mezzi fisici, meccanici e chimici. I primi consistono nell'azione degli agenti atmosferici e del fuoco; si impiegano bombe al napalm, carburanti e lanciafiamme, questi ultimi anche su roccia e cemento. I mezzi meccanici consistono nello scavo e nella copertura con terra di riporto, con ruspe e bulldozer. La bonifica chimica si effettua con sostanze ossidanti alcaline, in particolare cloruro di calce; è efficace per l'iprite e alcuni aggressivi biologici, ma molto poco per i nervini o anticolinesterasici. La bonifica rientra nei compiti della difesa atomica, biologica e chimica. Nei primi anni del XXI secolo grande rilevanza hanno assunto gli studi sulla bonifica dei suoli contaminati. In continua evoluzione, trattano dei metodi di pulizia di terreni e acque sotterranee inquinati da svariate sostanze. La contaminazione dei terreni genera un'alterazione dell'equilibrio chimico-fisico e biologico del suolo, lo predispone all'erosione e agli smottamenti e può comportare l'ingresso di materie dannose nella catena alimentare, altamente pericolose per la salute umana. Inoltre le sostanze che raggiungono le falde acquifere sotterranee possono danneggiare il loro delicato equilibrio e causare alterazioni nelle acque potabili, utilizzate dall'uomo. La porzione di terreno contaminata può essere rimossa tramite escavazione e posta in zona di confinamento in modo che non si abbiano rischi per gli esseri umani o per ecosistemi sensibili. Per la decontaminazione dei suoli vengono usati anche biorimedi, metodi che sfruttano la digestione microbica di particolari sostanze organiche. § Per bonifica ecologica si intende una serie di tecniche per la bonifica da agenti inquinanti attraverso microrganismi in grado di biodegradare l'inquinante e trasformarlo in sostanze presenti in natura. Tale tecnica è spesso usata per la bonifica da idrocarburi. Vedi anche biorisanamento. Nel XXI secolo, l'esigenza di passare a modelli di attività economica meno distruttivi, ha portato a un incremento dell'utilizzo delle biotecnologie come strumenti di bonifica e di produzione industriale sostenibile. Attraverso l'uso di queste tecnologie i processi chimici convenzionali potranno conoscere, nei prossimi anni, una profonda trasformazione risolvendo molte problematiche di pubblico interesse quali la gestione dei materiali di scarto, delle emissioni di CO2 e delle risorse idriche ed energetiche (si stima che il costo dei nuovi processi potrebbe essere il 40% in meno di quello dei processi convenzionali, comportando un risparmio del 70% dei capitali attualmente impiegati).

Bibliografia (per la tecnica)

E. Benventani, La bonifica integrale, Milano, 1929; L. Fanelli, A. Zampigli, Idraulica applicata con particolare riguardo alle bonifiche, Milano, 1954; J. Van Veen, Dredge, Drain, Reclaim, Londra, 1955; G. Titta, Bonifiche e trasformazioni fondiarie, Torino, 1961; G. De Marchi, Nozioni di idraulica con particolare riguardo alle bonifiche e alle irrigazioni, Bologna, 1964; A. Serpieri, La bonifica nella storia e nella dottrina, 1964; G. C. Dell'Angelo, C. Vanzetti, Bonifica oggi, Bologna, 1985.

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