Lessico

Sm. (pl. -chi) [sec. XIV; dal latino discus, risalente al greco dískos].

1) Attrezzo di forma lenticolare che viene scagliato dall'atleta nella gara detta appunto lancio del disco. In particolare: nell'hockey su ghiaccio, piastra di gomma colpita e lanciata con i bastoni (per cui tale sport in italiano è detto anche disco sul ghiaccio); nel sollevamento pesi, ciascuna delle piastre circolari in ferro, di diametro e peso variabili, che vengono montate sulla sbarra e che con questa costituiscono il bilanciere.

2) In etnologia, disco labiale, nasale, auricolare, piattelli in legno, noti in Africa con il nome di pelele e nell'America meridionale con quello generico di botoco, usati per deformare artificialmente rispettivamente le labbra, le narici, i lobi delle orecchie.

3) Per estensione, nome dato a vari oggetti di forma circolare, di basso spessore e con facce piatte: un disco di cartone. In particolare, elemento piatto e tondeggiante, in legno, metallo e altri materiali utilizzato in vari campi della tecnica con funzioni diverse: disco della molazza; disco dosatore della tramoggia. In particolare: A) Nella tecnica ferroviaria, parte essenziale dei primi segnali ferroviari; la denominazione è tuttora in uso per indicare i segnali in genere; fig., disco rosso, impossibilità di proseguire, di raggiungere qualche cosa: disco rosso per la sua carriera. B) Nella riproduzione audio e in informatica disco inciso o magnetico per la memorizzazione di dati, testi, suoni e immagini in forma analogica e digitale: un disco di musica classica; un negozio di dischi; disco microsolco; fig., ripetere sempre lo stesso disco, ripetere sempre lo stesso discorso fino alla noia e, analogicamente, cambia disco!, si dice a chi insiste nel ripetere sempre le stesse cose. C) Nelle telecomunicazioni, disco combinatore, dispositivo degli apparecchi telefonici mediante il quale si compone il numero telefonico corrispondente all'utente che si desidera chiamare. Il movimento del disco combinatore genera gli impulsi che, trasmessi lungo la linea telefonica di utenza alla centrale telefonica pubblica o al centralino privato, comandano gli organi attraverso i quali avviene l'instradamento della comunicazione telefonica. D) Nella tecnica automobilistica: a) parte del freno a disco costituito da un disco metallico solidale con il relativo asse, sul quale si esercita l'azione dell'organo frenante; b) parte della frizione, costituita da un disco metallico, solidale con l'albero primario del cambio, di cui una faccia è rivestita di materiale ad alto coefficiente di attrito; c) disco orario, indicatore del periodo di sosta, accessorio obbligatorio degli autoveicoli; consta di un disco in cartone o plastica riportante le indicazioni dell'inizio e del termine del periodo di sosta ammesso. E) In fisica, sono noti i dischi di Aepinus (Epino), Arago, Newton, Faraday, Krell, Nipkow, Rayleigh; per il disco di Airy, vedi diffrazione; anche disco stroboscopico.

4) In matematica, in uno spazio metrico si chiama disco di centro C e raggio r l'insieme dei punti che hanno da C distanza inferiore a r. Nel caso del piano, o dello spazio ordinario, un disco è quindi l'insieme dei punti interni di un cerchio, o rispettivamente di una sfera. Vengono così eliminate le ambiguità di significato dei termini cerchio e sfera, in quanto, per esempio, sfera può significare, nel linguaggio parlato, tanto la superficie sferica quanto il solido sferico, privato o no della superficie che lo contorna.

5) In anatomia per analogia con la forma tondeggiante e piatta dell'attrezzo sportivo, nome di formazioni o parti di organi: disco epifisario, lamina cartilaginea presente nelle ossa lunghe durante la fase del loro sviluppo e organo riproduttore di tessuto; situata tra diafisi ed epifisi, scompare alla fine della pubertà; disco intervertebrale, lamina circolare fibrocartilaginea, costituita da una parte centrale (nucleo polposo) e una periferica elastica (anello fibroso), situata tra i corpi di due vertebre contigue; ha la funzione di ripartire, in modo uniforme, le eventuali pressioni esercitate sul rachide; disco ottico, area della retina in cui il nervo ottico proveniente dal cervello raggiunge l'occhio.

6) In botanica, disco fiorale, formazione di tipo particolare presente in alcuni fiori nei quali il ricettacolo si ipertrofizza e si dilata, dando luogo al di sotto del gineceo, o tra androceo e perianzio, a un corpo più o meno sviluppato e carnoso, appiattito o a coppa o a cuscinetto, spesso dotato di ghiandole nettarifere; disco fungino, ricettacolo foggiato a coppa e più o meno pedicellato e carnoso che in vari Ascomiceti porta l'imenio; disco del capolino, parte centrale del capolino di diverse Composite, a fiori esclusivamente tubulosi; disco dei bulbi, porzione assile dei bulbi, altrimenti detta girello. In alcuni vitigni si dice disco un'espansione presente all'apice dei viticci, mediante la quale essi aderiscono al supporto.

7) In embriologia, disco germinale o germinativo, detto anche discoblastula, zona citoplasmatica delle uova a segmentazione parziale discoidale dei Rettili e degli Uccelli, e di quelle a segmentazione totale ineguale dei Mammiferi, in corrispondenza della quale avvengono le prime suddivisioni della cellula uovo fecondata. Il disco germinale è più esteso dell'area che formerà il futuro embrione (area embrionale o pellucida).

Memorizzazione su disco: generalità

Fra i supporti fisici per la memorizzazione delle informazioni (carta, film, nastri magnetici, ecc.) i dischi sono quelli che trovano più largo impiego nel settore audio e nell'informatica. La memorizzazione su disco può essere di tipo analogico o digitale e viene realizzata per incisione o per orientamento di domini magnetici elementari. La memorizzazione digitale si utilizza nei dischi magnetici per informatica, nei dischi ottici quali i compact disc (CD) per riproduzione musicale o del parlato, i DVD per riproduzione video e i CD-ROM per la memorizzazione (e l'accesso) di grandi quantità di informazioni (enciclopedie, codici, ecc.).

Memorizzazione su disco: disco fonografico

Il disco fonografico o grammofonico è il primo esempio di supporto analogico per la registrazione sonora e risale al 1889. Il principio si basa sulle vibrazioni di una membrana, indotte dalle onde sonore. La membrana trasmette le vibrazioni a uno stilo che a sua volta incide un solco ondulato in un corpo rotante di materiale appropriato (vinile, alluminio, ecc.). La riproduzione impiega una puntina che segue il solco e fa vibrare una membrana la cui funzione è quella di ricostruire le onde sonore. L'invenzione della registrazione sonora si fa risalire al francese Charles Cros che precedette di qualche mese il brevetto di Thomas Alva Edison (1877); quest'ultimo riguarda peraltro un cilindro (incisione sulla superficie laterale) mentre l'impiego del disco (incisione sulle basi) è associato al grammofono di Berliner (1889). Il successo di questa soluzione costruttiva fu legato alla facilità di duplicazione in grande serie e alla tecnica, la galvanoplastica, che permette di incidere su matrici metalliche. Nel 1925 nacque la registrazione elettrica con microfono e amplificatore (e con testine prima magnetiche e poi piezoelettriche per la riproduzione) e questa svolta tecnologica portò a reincidere tutto il repertorio, specialmente quello classico; oggi un fenomeno analogo sta avvenendo con la registrazione digitale. Ulteriori progressi si verificarono con l'invenzione (1951) del microsolco 33 giri (al minuto) che, rispetto ai 78 giri dell'epoca, aumentò la durata da 4 minuti per facciata a circa 25 minuti. Il passo del disco deve essere tale da evitare la sovrapposizione delle incisioni di due solchi adiacenti alle massime intensità sonore; si comprende quindi come per alte fedeltà, cioè nei dischi microsolco a 33 1/3 giri/min, si adotti un passo variabile con l'intensità. Quasi contemporaneamente l'alta fedeltà allargò lo spettro sonoro all'intera gamma di frequenza dell'orecchio umano (da 16 a 20.000 Hz) e ridusse drasticamente il rumore di sottofondo. Nel 1958, con la stereofonia, che si basa su un solco a due componenti che registrano due sorgenti sonore distanziate, si realizzò la ricostruzione dello spazio musicale. I dischi stereofonici, cioè adatti a catene elettroacustiche di registrazione e di riproduzione a due canali, sono incisi con deviazione obliqua secondo due direzioni, una per canale, formanti angoli di ±45º con la verticale; il fonorivelatore ha un'unica puntina e i due segnali vengono separati mediante decomposizione nelle due direzioni della forza agente sulla puntina. Nel 1980 venne infine commercializzato il CD, un'incisione digitale con prestazioni superiori per fedeltà, durata e assenza di rumore. Non si conserva più nel solco una copia analogica della vibrazione sonora ma quest'ultima viene trasformata in bit e impressa nel CD in miliardi di alveoli microscopici che individuano una sequenza di zeri e uno.

Memorizzazione su disco: disco magnetico

Il disco magnetico è il supporto per la memorizzazione dei dati impiegati negli elaboratori. È costituito da un sottile disco metallico (negli hard disk) o di plastica flessibile (nei floppy disk) con le due facce rivestite di materiale magnetizzabile. Ciascuna faccia è organizzata a tracce circolari concentriche destinate a contenere i dati. Le operazioni di registrazione e lettura vengono effettuate da testine elettromagnetiche che opportuni bracci portano in corrispondenza delle tracce del disco che ruota a velocità costante. Il disco magnetico si caratterizza, rispetto al nastro magnetico, per la velocità di accesso, e rispetto ad altri metodi di memorizzazione (incisione, registrazione magnetica e variazione di fase, ecc.), per la piena reversibilità che permette un numero illimitato di scritture. I dischi magnetici si dividono nelle due categorie floppy e hard. I floppies hanno capacità di memoria fino a 2,8 milioni di byte (Mb) e sono mobili. Gli hard disk sono in realtà unità multidisco sigillate e fisse che possono raggiungere migliaia di Mb. La grande capacità di memorizzazione dei dischi ottici porta alla continua ricerca del superamento dei limiti dell'incisione una sola volta e in stabilimenti specializzati. Sono disponibili, oltre ai CD-ROM, dischi ottici che possono essere registrati una sola volta e poi liberamente consultati in lettura, ma che permettono la registrazione presso l'utente (WORM: Write One, Read Many) e dischi ottici riscrivibili (CD-RW) che possono essere riempiti in tempi successivi. Un disco CD può contenere 600 Mb di dati ed è il dispositivo che più si avvicina alle memorie ottico-magnetiche cancellabili. Questi prodotti uniscono la riutilizzabilità, tipica delle memorie magnetiche, alla capacità e alla permanenza tipica delle memorie ottiche. Un disco ottico di 12 cm di diametro contiene una quantità di informazioni centinaia di volte superiori a quelle di un dischetto magnetico (floppy) della stessa dimensione. I dischi ottico-magnetici cancellabili sono una memoria ad accesso diretto: ogni informazione può essere reperita nel giro di qualche frazione di secondo e non di qualche minuto come nel caso dei nastri o dei microfilm. Ma la caratteristica più significativa è che lettura, scrittura e cancellazione avvengono tramite un fascio luminoso e non mediante una testina che fisicamente tocca il supporto di registrazione o lo sfiora. I dischi ottico-magnetici hanno quindi una vita media molto più lunga di quella dei tradizionali nastri e dischi magnetici. Infatti questi dispositivi non si consumano con l'uso e, soprattutto, non sono soggetti al rischio del crash della testina, un evento che si verifica, con conseguenze dannose per il supporto magnetico, quando la testina di lettura/scrittura urta contro un granello di polvere. Per evitare eventuali danneggiamenti, nei dischi l'informazione è conservata al di sotto di uno strato di plastica dello spessore di 1,2 mm, protetta dalla polvere e dagli altri agenti che possono danneggiare fisicamente i tradizionali dischi magnetici. Nelle memorie ottico-magnetiche i dati vengono registrati (e cancellati) su una sottile pellicola di materiale magnetico. L'informazione è rappresentata da sequenze di bit che, in questo caso, corrispondono alla direzione del Nord magnetico che può essere rivolto verso l'alto (0) o verso il basso (1). I domini magnetici di un disco vergine sono dell'ordine di un milionesimo di millimetro e hanno tutti il Nord orientato nello stesso modo (per esempio, diretto verso il basso). La polarità di un dominio può essere invertita con un campo magnetico esterno la cui intensità supera una soglia che varia con la temperatura. In fase di scrittura viene applicato un campo magnetico esterno di polarità opposta e di data intensità. Viene scelta un'intensità di campo magnetico inferiore a quella inizialmente presente come magnetizzatore nel materiale che costituisce lo strato attivo. Un raggio laserinfrarosso viene diretto per pochi nanosecondi su una ristretta zona di disco portando la temperatura locale attorno a 150 ºC. A questa temperatura la magnetizzazione del materiale diminuisce al punto che il campo fisso inverte la polarità dei domini magnetici della zona illuminata dal laser. Non appena il raggio laser viene rimosso, la temperatura diminuisce rapidamente e la polarità diventa permanente. Per cancellare i dati è sufficiente invertire la polarità del campo fisso e portare tutto il disco a 150 ºC. La lettura delle informazioni è effettuata da un circuito optoelettronico il cui raggio laser, di potenza ben inferiore al precedente, viene polarizzato (effetto Kerr) dal dominio magnetico attraversato. Questa memorizzazione è particolarmente stabile dato che a temperatura ambiente è quasi impossibile trovare un campo magnetico in grado di invertire i domini magnetici registrati, cosa che avviene invece nei normali dischetti. Per quanto riguarda la dipendenza dalle altre condizioni ambientali, si calcola che questi dischi ottico-magnetici dovrebbero durare una decina di anni. Un interessante ambito applicativo è costituito dalla diagnostica medica: una radiografia del torace contiene 30 Mb di informazioni mentre altre tecniche (come la tomografia assiale computerizzata e la risonanza magnetica nucleare) producono decine di immagini con fabbisogni analoghi di memoria per ciascuna immagine. L'occupazione tipica di memoria per alcune categorie di informazioni più comuni è molto meno impegnativa e pochi dischi possono quindi memorizzare grandi archivi.

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