Lessico

sf. (talvolta troncato in ragión) [sec. XIII; latino ratío-ōnis, da reri, calcolare, stimare, pensare].

1) Il complesso delle facoltà intellettive mediante le quali l'uomo pensa, stabilisce rapporti e connessioni tra le idee, giudica, distingue il vero dal falso e, di conseguenza, determina la propria norma di condotta: la ragione distingue l'uomo dalle bestie; agire secondo ragione; ascoltare la voce della ragione, “a così fatto tormento / enno dannati i peccator carnali, / che la ragion sommettono al talento” (Dante). Nelle loc.: l'età della ragione, quella successiva all'infanzia, in cui il ragazzo possiede già le facoltà razionali; perdere il lume della ragione, non ragionare, comportarsi in modo dissennato e violento specialmente per ira, furore e simili.

2) Ragionamento, argomento atto a dimostrare, a confutare o a persuadere; prova, giustificazione: dire, esporre le proprie ragioni; bisogna ascoltare le ragioni di tutti prima di decidere; il cuore non sente ragioni; non sentire, non intendere ragioni, restare irremovibile nella propria decisione; far intendere la ragione a qualcuno, farlo ragionare; a ragione veduta, dopo aver ben considerato e ponderato ogni cosa.

3) Motivo determinante e legittimo che spiega un fatto, un'azione; causa giusta, fondata: le ragioni della crisi; non capisco la ragione del tuo rifiuto; è rimasto assente per ragioni serie; per ragioni di salute; sospetti che non hanno nessuna ragione d'essere; se ha agito così, avrà le sue ragioni. Per estensione, esigenza, necessità: la scelta dei mobili è stata determinata da ragioni di spazio; le ragioni del momento mi spingono a risparmiare. Nelle loc.: a ragione, giustamente; senza ragione, senza un motivo plausibile; a maggior ragione, per motivi ancor più validi; ragione per cui e per questo: mi annoiavo, ragione per cui me ne sono andato; di santa ragione, ben bene, abbondantemente: lo hanno bastonato di santa ragione; farsi una ragione di una cosa, accettarla cercando di darne una spiegazione o riconoscendo che è inevitabile; rendere ragione di qualche cosa, renderne conto, giustificarla; chiedere ragione di un'offesa, chiederne spiegazione o soddisfazione.

4) Legittima pretesa; ciò che è vero e giusto, in contrapposizione a “torto”: sostenere le ragioni dei deboli; essere dalla parte della ragione; “la ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto” (Manzoni). Nelle loc.: avere ragione, essere nel diritto, aver agito giustamente, o anche essere nel vero, sostenere l'opinione giusta; aver ragione di qualcuno, far valere i propri diritti nei suoi confronti, o anche vincerlo, sottometterlo; dar ragione a qualcuno, riconoscere che è nel vero, nel giusto, o che ha agito secondo il proprio diritto; i fatti gli hanno dato ragione, hanno dimostrato che le sue previsioni erano esatte.

5) Per estensione, diritto, giustizia: far valere le proprie ragioni; farsi ragione da sé, farsi giustizia senza ricorrere alle autorità preposte, vendicarsi; rendere di pubblica ragione, far sapere a chi ha diritto di conoscere, rendere pubblico; essere di pubblica ragione, a conoscenza di tutti; a chi di ragione, a chi è investito di una data autorità e ha il dovere di provvedere in merito a qualche cosa. Ant., il complesso delle leggi, il diritto; tenere ragione, amministrare la giustizia. Il luogo stesso dove si amministrava la giustizia, il tribunale; palazzo della ragione, in molte città dell'epoca comunale, il tribunale.

6) Proporzione, rapporto, misura, specialmente nella loc. in ragione di: lo pagano in ragione del lavoro che fa; lo sconto è in ragione del cinque per cento; il tenore di vita è in ragione della sua posizione sociale; in ragione inversa, in misura inversamente proporzionale.

7) Ant., ragionamento, discorso; anche calcolo, conto. In particolare, natura, qualità, genere: “erbe di mille ragioni” (Boccaccio).

8) In matematica, in una progressione aritmetica è la differenza costante tra un termine e il precedente; in una progressione geometrica è il rapporto costante tra i suddetti termini. In geometria, dividere un segmento in media ed estrema ragione significa determinare la sua sezione aurea.

Filosofia

Funzione del pensiero umano la cui attività stabilisce le connessioni necessarie e universali tra i concetti, realizzando una conoscenza mediata e progressiva, in grado di offrire all'uomo uno strumento di comprensione del reale e di guida della condotta. A questa concezione si richiamano i pensatori dell'antichità classica, greci e latini, i quali generalmente distinguono, nell'ambito del pensiero, la funzione propriamente razionale da quella intuitiva. In una seconda accezione, sempre nel pensiero classico, la ragione è intesa come il principio metafisico dell'ordine universale. Di questa concezione testimoniano il pensiero stoico e quello neoplatonico. La Scolastica medievale cristiana riprende il concetto classico di ragione discorsiva, distinguendola dall'intelletto, ancora inteso come organo della conoscenza intuitiva. Il potere della ragione viene però subordinato alla fede considerata come unica e vera fonte della verità. Il pensiero del Rinascimento rivendica invece l'autonomia della ragione intesa come strumento di formalizzazione dell'esperienza e fondamento della vera conoscenza: quella scientifica (Leonardo, Galileo). Nell'età moderna (sec. XVII-XVIII) prevalgono due interpretazioni del concetto di ragione: quella razionalista che tende ad affermare l'autofondazione della ragione su se stessa e l'empirista che riconosce invece come fondamento della ragione l'esperienza. Il problema della fondazione della ragione fu esplicitamente affrontato in chiave critica da I. Kant alla fine del Settecento. Egli distingue nell'attività della ragione una componente a priori e universale (le forme o categorie) e una a posteriori (i dati dell'esperienza). Sulla combinazione delle due componenti è fondato il duplice carattere della conoscenza razionale: empirico e universale. Il romanticismo idealistico del sec. XIX insistette invece sul carattere aprioristico e fondante della ragione al quale però viene attribuito un vero e proprio statuto ontologico e non solo più formale. Si arriva così alla nota formulazione di Hegel: “Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”, che esprime l'identità tra realtà e ragione. Al razionalismo ontologico dell'idealismo si contrappongono le concezioni della ragione espresse dal pensiero contemporaneo: il razionalismo puro del neoempirismo logico considera il ragionamento come un sistema formale deduttivo e tautologico. Dalla fenomenologia la ragione è vista come il luogo in cui si manifestano le essenze degli oggetti reali. Analogamente il neorealismo americano (Santayana, Whitehead) distingue la ragione come organo di conoscenza delle essenze o forme permanenti e universali dalla “fede animale” che è conoscenza del sensibile, materiale. Sulla provvisorietà delle conoscenze della ragione insiste invece Whitehead. In una prospettiva meno teoretica, la ragione, per il pragmatismo, è una funzione che si realizza operativamente nella trasformazione e nel miglioramento dell'ambiente. Le ultime forme dell'esistenzialismo positivo, infine, considerano la ragione come lo strumento di cui l'uomo dispone per gestire la propria libertà, individuando per essa spazi possibili di intervento e di realizzazione. § Media ed estrema ragione, nella conoscenza è il rapporto che la ragione stabilisce tra i concetti considerati, per cui avendo intuito che il primo deriva dal secondo, non è necessario che si soffermi su quello medio, ma passa subito all'estremo. Spinoza dà questa spiegazione: in una progressione numerica quando di colpo vediamo il rapporto che intercorre fra il primo numero e il secondo possiamo passare subito all'ultimo senza soffermarci su quello intermedio.

Diritto

La nozione denominata ragione o causa (causa petendi secondo la terminologia della tradizione romanistica), o anche pretesa, risponde all'esigenza, che lo studio del processo avverte, di un collegamento fra diritto sostanziale e processo attraverso le affermazioni della parte che, assumendo l'iniziativa del giudizio, aspira ad avere ragione. Pertanto la ragione è essenzialmente destinata a richiamare e a rappresentare nel processo la situazione giuridica controversa secondo l'apprezzamento unilaterale della parte che prende l'iniziativa del giudizio. La ragione da questa fatta valere non è che una presentazione unilaterale e controvertibile della situazione esistente; e se essa sia, o meno, fondata sui fatti, non è possibile stabilire finché pende il processo. Ne consegue che, sul terreno del diritto processuale, può e deve parlarsi di una ragione fatta valere, ancorché all'indagine del giudice essa risulti non rispondente alla reale situazione di diritto, ossia in tutto o in parte infondata. § Ragione sociale, nome di una società, ossia il segno con cui essa si contraddistingue e si differenzia dalle aziende similari con le quali ha rapporti. Essa è formata dal nome di uno o più soci con l'indicazione del rapporto sociale. Si parla di ragione sociale per le società in nome collettivo e in accomandita semplice. Per la società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, la legge parla di denominazione sociale. § Ragione fattasi, espressione equivalente a: farsi giustizia da sé, senza il necessario ricorso all'autorità competente. È naturalmente contraria alla legge, perché la parte contraria non ha modo di far intendere le proprie ragioni davanti a un giudice neutrale e perché si oppone al concetto stesso di giustizia, che risiede come diritto nel popolo, il quale ne demanda l'esercizio ai suoi legittimi rappresentanti, di conseguenza solo i giudici sono gli unici depositari del diritto autorizzati a esercitarlo.

Economia

Ragione di scambio, rapporto fra le importazioni e le esportazioni in un sistema economico. Essa può essere espressa in termini di prezzo (rapporto fra gli indici dei prezzi dei due flussi in entrata e in uscita) oppure di quantità o di valore. Le ragioni di scambio calcolate sulla base degli indici di prezzo sono più usate e significative in quanto “pongono in evidenza come si modifica nel tempo la forza concorrenziale degli esportatori e degli importatori che operano rispettivamente nel sistema economico considerato e nel resto del mondo” (L. Lenti). Se i prezzi delle esportazioni aumentano in misura superiore a quelli delle importazioni, le ragioni di scambio peggiorano: ciò significa che il sistema interessato si trova in una posizione di svantaggio rispetto al resto del mondo, dovendo vendere più a buon mercato di quanto acquisti (si troverà naturalmente avvantaggiato nel caso opposto).

Bibliografia

L. Geymonat, Studi per un nuovo razionalismo, Torino, 1945; A. N. Whitehead, La funzione della ragione, Firenze, 1958; Autori Vari, La crise de la raison dans la philosophie contemporaine, Bruges, 1960; F. A. Haiek, L'abuso della ragione, Firenze, 1967; S. Parigi, Tra filosofia e storia della filosofia. Il dibattito razionalismo-empirismo, Firenze, 1991.

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