Lessico

sf. [da rappresentare].

1) Azione di rappresentare una persona o un ente e di agire in suo nome: ha firmato in rappresentanza del fratello assente.

2) Persona o insieme delle persone incaricate di rappresentarne altre: il capo del governo ha ricevuto le rappresentanze dei governi africani.

3) Sede, ufficio in cui operano coloro che rappresentano una ditta, un ente e simili: hanno aperto un'altra rappresentanza a Milano; anche l'attività stessa di rappresentante di commercio: assumere la rappresentanza di una ditta; un'automobile, uno studio, un salone di rappresentanza, adatti a rappresentare in modo degno una persona, un ente e simili; spese di rappresentanza, quelle che consentono di essere all'altezza di una det. posizione: il console ha avuto un indennizzo per le spese di rappresentanza.

Diritto: generalità

Nel diritto romano, rapporto tra due soggetti, l'uno dei quali poneva in essere un negozio giuridico, i cui effetti si producevano in capo all'altro (rappresentanza diretta) o erano destinati all'altro (rappresentanza indiretta); in tale seconda ipotesi era necessario un apposito atto di trasferimento tra l'autore del negozio giuridico e il titolare dell'interesse. Il diritto romano non conosceva la rappresentanza diretta, ma raggiungeva la stessa finalità mediatamente, in genere con strumenti di tecnica processuale. Nel diritto moderno la rappresentanza è un istituto giuridico disciplinato dal Codice Civile attraverso il quale un soggetto ha la facoltà di agire per conto ed eventualmente anche in nome di un'altra persona. In tal modo gli effetti giuridici ricadono nella sfera giuridica del rappresentato. Il rappresentante a sua volta esercita però una volontà propria, pur nei limiti per cui gli è stata data la rappresentanza; questa può essere: diretta, se il rappresentante agisce per conto e in nome del rappresentato; indiretta, quando egli agisce solo per conto del rappresentato ma in nome proprio. In questo caso gli effetti giuridici dell'atto compiuto ricadranno nella sfera giuridica del rappresentante cui incombe l'obbligo di trasferirli con ulteriore atto nella sfera giuridica del rappresentato: ne è un esempio il mandato senza rappresentanza. La rappresentanza vera e propria è però quella diretta. Essa non può essere impiegata per tutti i negozi giuridici, in particolare per quelli strettamente inerenti alla personalità (per esempio il matrimonio, che per procura sembra ai più essere una forma di nuncius).

Diritto: rappresentanza legale e volontaria

La rappresentanza diretta può avere due origini e quindi due forme: la legge e la volontà. Si parla allora di rappresentanza legale e rappresentanza volontaria. La rappresentanza legale si ha nei vari casi d'incapacità, ossia quando la legge o una sentenza del giudice attribuiscono a un altro soggetto, il rappresentante legale, il compito di curare gli interessi dell'incapace agendo per conto e in nome suo. Sono rappresentanti diretti: chi esercita la potestà dei genitori, il tutore per i minori di anni 18, il tutore per gli interdetti legali o giudiziali. La rappresentanza diretta volontaria ha invece origine dalla volontà del soggetto (il rappresentato) che conferisce a un altro soggetto (il rappresentante) il potere di compiere atti giuridici i cui effetti ricadono direttamente nella propria sfera giuridica. Il conferimento di questo potere assume il nome di procura, un contratto che non si identifica con il mandato, ma che può derivare da un mandato come da un altro negozio giuridico. Per la validità della procura si richiede che il rappresentato sia legalmente capace, mentre nel rappresentante ci si limita a chiedere che sia “capace d'intendere e di volere”. La procura deve avere le forme prescritte per il negozio che si deve concludere. Perciò, se la procura viene conferita, per esempio, per l'acquisto di un immobile, essa dovrà avere la forma della scrittura privata o dell'atto pubblico. Essa può essere generale o speciale, secondo che sia concessa per tutti gli affari del rappresentato o uno solo di questi. Chi contratta col rappresentante può sempre richiedere che costui dia giustificazione dei suoi poteri e, se essi risultano da atto scritto, che gliene dia copia. Se il rappresentante conclude il contratto in conflitto d'interessi col rappresentato, questo può essere annullato, in seguito a domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto dal terzo o riconoscibile.

Diritto: rappresentanza politica

La rappresentanza politica è alla base degli Stati nazionali democratici nei quali sono apparse sempre meno adatte quelle forme di democrazia diretta che hanno avuto le loro più significative espressioni nelle città-Stato dell'antichità classica, nell'età dei Comuni o in alcuni piccoli cantoni della Svizzera. La democrazia rappresentativa si è così affermata nelle prime costituzioni liberali inglesi e in quelle successive, dell'Ottocento, dei vari Paesi europei. Intorno al concetto della rappresentanza politica – costante caratteristica in tutte le forme e in tutti gli istituti dello Stato moderno – si sono infatti articolate la questione del funzionamento degli istituti parlamentari e la problematica dei sistemi elettorali; a essa è pure connesso il problema della partecipazione politica dei cittadini mediante i partiti e i vari organi elettivi. Sull'istituto della rappresentanza è basata anche la Costituzione italiana che all'art. 67 riconosce il principio secondo il quale “ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Diritto: rappresentanza militare

Istituita con legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina militare), la rappresentanza militare costituisce un sistema attraverso il quale, nel rispetto delle norme di legge e dei regolamenti e fermo restando che la cura degli interessi del personale militare rientra nei doveri di ogni comandante, il personale militare esprime pareri, formula richieste e avanza proposte, prospettando istanze di carattere collettivo. I successivi Regolamento di attuazione della rappresentanza militare (approvato con D.P.R. 4 novembre 1979, n. 691) e Regolamento interno per l'organizzazione e il funzionamento della rappresentanza militare (approvato con D.M. 9 ottobre 1985 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 259 del 4 novembre 1985) hanno definito le modalità di funzionamento degli organi che costituiscono il sistema. Tali organi si distinguono in: Consiglio Centrale di Rappresentanza (COCER) a carattere nazionale e interforze articolato in sezioni di forza armata o di corpo armato (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza) e in commissioni interforze di categoria (ufficiali, sottufficiali e volontari); Consiglio Intermedio di Rappresentanza (COIR) presso gli alti comandi; Consiglio di Base di Rappresentanza (COBAR) presso le unità di livello minimo compatibile con la struttura di ciascuna forza armata o corpo armato. L'organo centrale è costituito da un numero fisso di delegati delle seguenti categorie: ufficiali e sottufficiali (in servizio permanente, trattenuti o richiamati in servizio), volontari (allievi ufficiali e sottufficiali), graduati e militari di truppa in servizio continuativo e in forma volontaria, in rafferma, trattenuti e richiamati in servizio. Gli organi intermedi e di base comprendono delegati appartenenti alle categorie sopraelencate e inoltre al personale di leva (ufficiali di complemento, graduati di truppa e militari in servizio di leva). In tutti gli organi i delegati sono elettivi, con mandato di due anni per il personale in servizio permanente, a lunga ferma e volontari, di sei mesi per il personale di leva. L'organo centrale formula pareri, proposte e richieste su tutte le materie che formano oggetto di norme legislative e regolamentano circa la condizione, il trattamento, la tutela – di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale – dei militari. È comune a tutti gli organi di rappresentanza la funzione di prospettare alle autorità gerarchiche competenti le istanze di carattere collettivo relative ai seguenti campi di interesse: conservazione del posto di lavoro durante il servizio militare, qualificazione professionale, inserimento nell'attività lavorativa di coloro che cessano dal servizio militare; provvidenze per infortuni subiti e per le infermità contratte in servizio e per cause di servizio; attività assistenziali, culturali, ricreative, di educazione civica e di promozione sociale, anche a favore dei familiari; organizzazione delle sale convegno e delle mense; condizioni igienico-sanitarie; alloggi. Dalle competenze degli organi rappresentativi sono escluse le materie concernenti l'ordinamento, l'addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l'impiego del personale.

Diritto internazionale

La rappresentanza è l'istituto che consente a un soggetto internazionale di agire in nome e per conto di un altro nel campo delle relazioni interstatuali, come avviene per esempio quando uno Stato belligerante affida la propria rappresentanza a uno Stato neutrale al fine di curare, durante lo Stato di guerra, i suoi interessi nei confronti e presso gli Stati nemici. La rappresentanza internazionale può essere generale, cioè estesa a qualsiasi atto fra Stati, o speciale, limitata in questo caso a un singolo Stato o a un ben determinato settore (per esempio rappresentanza economica). § La rappresentanza diplomatica è l'ente (ufficio, sede) con cui uno Stato esercita il proprio mandato diplomatico in uno Stato straniero. La rappresentanza diplomatica si esercita normalmente attraverso l'ambasciata o la legazione, ma è considerata attiva anche in mancanza di un titolare (per richiamo o assenza). Essa si estingue soltanto in caso di rottura diplomatica fra i due Stati. § Rappresentanza della Santa Sede, uffici che fanno da tramite fra i diversi Stati e la Santa Sede per quanto concerne le loro relazioni diplomatiche e l'applicazione del diritto ecclesiastico (vedi nunziatura); o che si fanno portavoce delle autorità ecclesiastiche centrali presso il clero locale in materia strettamente religiosa (vedi delegato).

Diritto pubblico: rappresentanza sindacale

La rappresentanza sindacale è un'istituzione nata per dare voce a un'effettiva rappresentanza degli interessi collettivi dei lavoratori, in primo luogo di quelli iscritti al sindacato ma per estensione anche dei non iscritti, di fronte ai diversi interlocutori sociali. Tale rappresentanza, affidata alla presenza organizzata dei sindacati per l'attività di tutela, è stata esercitata dapprima fuori dal luogo di lavoro, quando, alla fine del sec. XIX, venne riconosciuta la legittimità del sindacato a intervenire per la contrattazione collettiva, settoriale, territoriale; in seguito essa venne introdotta all'interno dell'unità produttiva, quando si ritenne che non si potesse più lasciar fuori il sindacato dal posto di lavoro, riconosciuta non solo la compatibilità della sua azione con l'esercizio dell'autorità dell'imprenditore ma anche l'importanza del suo ruolo per le dinamiche di sviluppo dell'impresa. A partire dall'approvazione della legge 20 maggio 1970, n. 300, riguardante lo Statuto dei lavoratori, e in particolare l'art. 19, la presenza delle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) è stata formalmente riconosciuta e affidata alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative o, comunque, ad associazioni firmatarie di contratti collettivi provinciali o nazionali, in vigore nelle unità produttive. Le tre confederazioni, CGIL, CISL e UIL, che avevano dato vita alle rappresentanze sindacali aziendali, fallito il progetto dei Consigli aziendali delle rappresentanze sindacali (CARS), nel marzo 1991 hanno firmato un'intesa per dar vita a nuove strutture unitarie elettive, le rappresentanze sindacali unitarie (RSU). Il problema delle rappresentanze sindacali è stato oggetto di 3 dei 12 referendum del giugno 1995. In base all'esito abrogativo di questo, è stato mantenuto il criterio della rappresentatività, che di fatto garantisce maggior peso a CGIL, CISL e UIL: i sindacati nazionali hanno l'obbligo di consultare i lavoratori delle varie aziende prima di ogni contratto collettivo e di ogni accordo e i lavoratori possono a scegliere autonomamente i sindacati cui demandare lo svolgimento delle trattative per i contratti.

Sociologia

Il problema centrale affrontato dall'analisi sociologica è quello della rappresentatività sociale della rappresentanza politica. Un giurista come H. Kelsen ha però insistito sul rischio di un'interpretazione fuorviante della democrazia, qualora essa pretenda di garantire una piena ed effettiva rappresentanza di interessi, idee e organizzazioni operanti in società complesse e differenziate. A suo parere, si tratta piuttosto di garantire la sovranità delle istituzioni e la legalità della loro investitura, lasciando alla libera dialettica delle forze sociali il compito di rappresentare direttamente nell'arena politica i propri interessi. Viceversa, pensatori fra loro assai diversi – come M. Weber e K. Schmitt – hanno sottolineato l'inevitabile politicità della rappresentanza nelle sedi istituzionali e l'esigenza di garantirle una legittimità sostanziale (che è cosa diversa dalla legalità formale invocata da H. Kelsen). Così, se in Weber la rappresentanza politica è in ultima istanza un aspetto del potere sociale (carismatico, tradizionale, legal-razionale), per K. Schmitt – che ha vissuto in prima persona l'esperienza del nazismo – essa rinvia alle ragioni dell'autorità. La riflessione sulla rappresentanza politica di sociologi e politologi contemporanei si concentra soprattutto attorno ai caratteri strutturali che essa è venuta assumendo nelle cosiddette società di massa. Di qui l'interesse per il problema del controllo sulle decisioni e per lo sviluppo di una forma tipicamente moderna della rappresentanza, come il professionismo politico. Strettamente connessa è anche la ricerca sui criteri di reclutamento e selezione del personale politico (professionale e non) in una fase di tendenziale declino del ruolo sociale dei tradizionali partiti di massa. Questioni che, associandosi ai fenomeni di elettoralizzazione dei partiti, di disaffezione dell'elettorato, alle stesse pratiche di contestazione hanno fatto parlare di una diffusa crisi dei sistemi politici.

Bibliografia

L. Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato, Napoli, 1961; S. Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; H. F. Pitkin, The Concept of Representation, Berkeley, 1967; R. Monaco, Lineamenti di diritto pubblico europeo, Milano, 1975; P. Papanti Pelletier, Rappresentanza e cooperazione rappresentativa, Milano, 1985.

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