La rivolta del ghetto di Varsavia

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Iniziò il 19 aprile 1943 e terminò il 16 maggio, con la simbolica distruzione della Sinagoga grande. La storia della ribellione simbolo della resistenza alle persecuzioni antisemite, ecco cosa accadde durante la rivolta del ghetto di Varsavia.

Il 19 aprile 1943 iniziò la rivolta del ghetto di Varsavia: in piena Seconda guerra mondiale, centinaia di ebrei si ribellarono agli occupanti nazisti e alle deportazioni nei campi di concentramento, in un episodio diventato un simbolo di resistenza alle persecuzioni antisemite. La rivolta ebrea più estesa, nonché la prima in un contesto urbano nell'Europa occupata dai tedeschi, fu repressa nel sangue dagli occupanti e terminò il 16 maggio con la distruzione della sinagoga grande di Varsavia, rasa al suolo come il ghetto stesso.

L’inizio della Seconda guerra mondiale

All’epoca della rivolta la Polonia era un territorio occupato da quattro anni: la Germania nazista aveva invaso il Paese l’1 settembre 1939, scatenando la Seconda guerra mondiale, mentre le ultime forze polacche si erano arrese il 6 ottobre successivo.

1939 e il patto di non aggressione della Polonia

Il Terzo Reich si era mosso nel rispetto del patto Molotov-Ribbentrop, che siglato a Mosca il 23 agosto 1939 impegnava Germania e Urss a non aggredirsi reciprocamente, a non appoggiare potenze terze in azioni offensive e a non entrare in coalizioni rivolte contro uno di essi. Il trattato, dal valore decennale, stabilì segretamente anche le sfere di influenza in Europa orientale dei due Paesi, che si accordarono per spartirsi la Polonia. E questo accadde, almeno inizialmente. Poi, nel 1940 Adolf Hitler stralciò gli accordi avviando i preparativi per l’invasione dell’Unione Sovietica. L’Operazione Barbarossa scattò poi il 22 giugno 1941, meno di due anni dopo la firma del patto di non aggressione tedesco-sovietico.

Il ghetto di Varsavia

Durante il 1940 i nazisti cominciarono a concentrare in Polonia milioni di ebrei in sovraffollati ghetti, dislocati in varie città. Quello di Varsavia fu istituito dal regime nazista il 16 ottobre 1940: a tutti gli ebrei della capitale polacca fu ordinato di trasferirsi al suo interno. Situato nella città vecchia, era il più grande del Paese: circondato da un muro alto tre metri, ricoperto di filo spinato e sorvegliato dai soldati nazisti, aveva una superficie di 3,4 km quadrati e arrivò a ospitare 500 mila persone. A seguito della conferenza di Wansee del 20 gennaio 1942, durante cui fu decisa e pianificata la soluzione finale della questione ebraica, i nazisti iniziarono a deportare gli abitanti del ghetto, che dovevano essere “reinsediati” a est. Solo durante la Grossaktion dell’estate 1942 ne  furono deportati circa 265 mila: la maggior parte di essi finì nel campo di sterminio di Treblinka.  All’inizio del 1943 erano rimasti nel ghetto circa 60 mila ebrei, dei quali oltre la metà erano utilizzati nelle industrie ebraiche al servizio dei tedeschi. Molti invece erano rimasti clandestinamente.

L’Organizzazione Combattente Ebraica

In risposta alle deportazioni, nell’estate del 1942 i rappresentanti di tre organizzazioni giovanili crearono un'unità armata di autodifesa: l’Organizzazione Combattente Ebraica (Zydowska Organizacja Bojowa, acronimo ZOB). Secondo stime approssimative, al momento della sua formazione aveva circa 200 membri. Il 18 gennaio, durante un rastrellamento, alcuni componenti della ZOB comandati da Mordechaj Anielewicz aprirono il fuoco contro i tedeschi, che furono colti di sorpresa. Negli scontri dei quattro giorni successivi furono uccisi quasi 1.200 ebrei.

La resistenza polacca

L’Organizzazione Combattente Ebraica non fu l’unica unità di autodifesa del ghetto. Il Partito sionista revisionista formò infatti l'Unione Combattente Ebrea (Zydowski Zwiazek Wojskowy, acronimo ZZW), che collaborò con la ZOB. Le due formazioni entrarono in contatto con l’Armata Nazionale (Armia Krajowa), ovvero il principale movimento di resistenza nella Polonia occupata dalla Germania nazista, da cui riuscirono a ottenere un numero limitato di armi. Dopo la liquidazione del ghetto, gli appartenenti alle unità armate ebraiche si unirono alla resistenza polacca nella rivolta di Varsavia del 1944, al termine della quale i nazisti distrussero quasi totalmente la città.

La rivolta del ghetto di Varsavia

La rivolta del ghetto di Varsavia iniziò il 19 aprile 1943, vigilia della pasqua ebraica. Quella mattina, quando le SS entrarono nel ghetto, trovarono le strade deserte: quasi tutti i residenti del ghetto si erano nascosti nei rifugi o nei bunker. Armati di pistole, fucili e granate, i combattenti della ZOB sorpresero i tedeschi durante il primo giorno: morirono 12 soldati nazisti e le forze tedesche furono costrette a ritirarsi fuori dalle mura. Nel terzo giorno di rivolta, su ordine del generale Jürgen Stroop, iniziò la sistematica distruzione del ghetto, allo scopo di stanare i rivoltosi. Durante l'attacco al bunker di comando della ZOB, i nazisti uccisero Anielewicz, per poi occupare il quartier generale dell’Organizzazione Combattente Ebraica l’8 maggio. Nei piani degli occupanti, la liquidazione del ghetto di Varsavia avrebbe dovuto essere eseguita in tre giorni, tuttavia gli ebrei riuscirono a resistere per più di un mese.

16 maggio 1943 «Il quartiere ebraico non esiste più»

Come simbolo della vittoria tedesca, il 16 maggio Stroop ordinò la distruzione della sinagoga grande di Varsavia, una delle maggiori d’Europa. Ma anche dopo la fine della rivolta, singoli ebrei nascosti tra le rovine continuarono ad attaccare le pattuglie tedesche. Secondo il rapporto scritto da Stroop, durante la rivolta furono «eliminati», includendo sia quelli «catturati che quelli del quale lo sterminio può essere provato», circa 7 mila. Quasi altrettanti morirono negli incendi o sotto le macerie degli edifici distrutti. Immediatamente dopo la fine della rivolta, 7 mila prigionieri furono deportati a Treblinka e immediatamente uccisi nelle camere a gas. In seguito, il ghetto fu completamente raso al suolo e i suoi 42 mila abitanti superstiti dispersi nei vari campi di concentramento. «Non esiste più un quartiere ebraico a Varsavia», scrisse in modo glaciale il Brigadeführer Stroop.

“Un sopravvissuto di Varsavia”

Nel 1947 il compositore ebreo austriaco Arnold Schonberg, che nel 1933 si era trasferito negli Stati Uniti a causa delle persecuzioni naziste, scrisse (libretto compreso) la cantata “Un sopravvissuto di Varsavia”, utilizzando il racconto di un ebreo sfuggito al massacro del ghetto e altre fonti. L’opera, presentata per la prima volta ad Albuquerque dalla Civic Symphony Orchestra nel 1948, dura appena sette minuti: ma viene considerata dai critici il più grande monumento che la musica abbia mai dedicato all'Olocausto.

Matteo Innocenti