La rotta balcanica: una tragedia umanitaria

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Una via obbligata per chi fugge dal Medio Oriente, una delle aree più instabili al mondo: la rotta balcanica e tutto quello che c'è da sapere.

L'impatto della crisi in Afghanistan sull'Europa è un argomento di estrema attualità. Politica, ma non solo. C’è grande preoccupazione anche per quanto potrebbe succedere lungo la rotta balcanica, una delle principali vie di accesso utilizzate dai migranti per entrare in Europa. Ecco le cose da sapere.

Cos'è la rotta balcanica

La rotta balcanica è una delle principali vie percorse da persone in fuga da guerre, carestie, povertà e persecuzioni, che hanno come meta l'Europa. In particolare, viene utilizzata da migranti provenienti da Medio Oriente e Asia Centrale.

Perché e quando è nata

La cosiddetta “rotta balcanica” non è un fenomeno recente come molti credono. Ha infatti una storia pluridecennale, con flussi migratori iniziati già negli Anni ‘90: si tratta infatti di una via obbligata per chi fugge dal Medio Oriente, una delle aree più instabili al mondo.

La rotta balcanica: dagli Anni '90 a oggi

Le cifre dei flussi migratori sono via via aumentati lungo la rotta balcanica, fino al “boom” del 2015, anno in cui sono stati registrati 1,8 milioni di attraversamenti irregolari delle frontiere europee.

D’estate, l’Ungheria di Orban erige una barriera metallica lungo i confini con la Serbia e la Croazia, passaggi chiave lungo il crinale balcanico. Il 5 settembre, fa il giro del mondo l’immagine del corpo senza vita del piccolo Alan Kurdi, bimbo curdo-siriano di tre anni affogato in mare nel tentativo di raggiungere le isole greche. A marzo 2016 l’UE sigla un controverso accordo con la Turchia, per impedire le partenze verso la Grecia. In realtà la rotta non si è mai chiusa: sono però calati i numeri, che si assestano nell’ordine di decine di migliaia di migranti all’anno, talmente disperati da intraprendere un viaggio più pericoloso che in passato.

Da dove provengono le persone che cercano rifugio

Lungo la rotta balcanica arriva in Europa una parte rilevante dei rifugiati del nostro continente: nel 2018, più della metà (62%) dei migranti registrati veniva da Pakistan, Iran, Afghanistan, Siria e Iran.

Secondo i dati di Eurostat sulle domande di asilo presentate nella Ue nel biennio 2018/19, tra le prime dieci nazionalità il 32,72% dei richiedenti proveniva dall’Afghanistan, il 25,91% dal Pakistan, l’8,03% dalla Siria, il 6,56% dall’Iraq e infine il 4,61% dall’Iran: le stesse nazionalità dei migranti in cammino lungo la rotta balcanica, che si conferma una delle principali vie di fuga dei rifugiati a livello internazionale.

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123RF

L'impatto della crisi afgana sulla rotta balcanica

Secondo il rapporto Unhcr Global Trends, nel 2020 l’Afghanistan era il terzo Paese per numero di migranti forzati (2,8 milioni di rifugiati) dopo Siria e Venezuela. Impossibile prevedere quanti afghani lasceranno la loro nazione finita nel caos, anche se sicuramente la maggior pressione migratoria si rivolgerà ai Paesi limitrofi, su tutti il Pakistan. Chi tenterà la fuga verso l’Europa, dovrà invece affrontare un viaggio lunghissimo, attraverso Iran e Turchia.

La mappa del percorso

Come detto, la rotta balcanica è la via migratoria di chi proviene dai Paesi dell’Asia centrale come il Pakistan e l’Afghanistan, e del Medio Oriente. Tappa obbligata di questo percorso è la Turchia, passaggio naturale verso la Grecia. Molti migranti che arrivano nel Paese ellenico cercano poi di muoversi tra Serbia, Bosnia e Macedonia verso nord: dopo che l’Ungheria di Orbàn ha completato la costruzione della recinzione con la Serbia, si sono intensificati i flussi verso la Croazia

Le conseguenze di un viaggio disumano

A questo bisogna aggiungere che, lungo il percorso, sono in molti a subire violenze e torture, dopo essersi affidati a trafficanti di esseri umani per arrivare ai confini dell’Unione Europea. Le conseguenze, com’è logico, comprendono la morte, a causa delle condizioni igieniche precarie, dell’assistenza sanitaria che non sempre è sufficiente, per colpa anche di incendi che non di rado si verificano nei campi profughi. E quando i richiedenti asilo finalmente raggiungono la meta desiderata, si ritrovano spesso abbandonati a loro stessi.

Politiche migratorie: cosa potrebbe fare il governo italiano

Le migliaia di persone che si sono riversate all’aeroporto di Kabul hanno fatto riemergere il dibattito sul ruolo dell’Unione Europea (e dunque anche dell’Italia) nell'accoglienza delle persone che fuggono da contesti di emergenza e guerra, con la possibile apertura di corridoi umanitari che possano portare i profughi fuori dal Paese finito in mano ai talebani.

Cosa sono i corridoi umanitari

I corridoi umanitari sono un programma di trasferimento e integrazione rivolto a migranti in condizione di particolare vulnerabilità: donne sole con bambini, anziani, vittime del traffico di esseri umani, persone con disabilità o patologie, in genere segnalate da organizzazioni umanitarie.

Come funzionano

Ogni segnalazione viene verificata dai responsabili delle associazioni per poi essere inviata al Ministero dell’Interno, per un ulteriore controllo. In caso di esito positivo, i nomi dei beneficiari sono trasmessi alle autorità consolari nei Paesi coinvolti le quali rilasciano, visti umanitari. Una volta arrivati nello Stato che ha scelto di accoglierli, i profughi vengono ospitati in strutture apposite e assistiti nel processo di integrazione nel Paese, attraverso l’apprendimento della lingua, la scolarizzazione dei minorenni e altre iniziative.

 

Matteo Innocenti