Arthur Conan Doyle, il capostipite del giallo deduttivo

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Arthur Conan Doyle non è solo “il padre di Sherlock Holmes”: è un autore che ha forgiato un genere, che ha vissuto come medico, viaggiatore, attivista, credente in mondi invisibili. La sua mente era sospesa tra razionalità e mistero ed i suoi libri offrono un panorama ricco e variegato, capace di abbracciare il giallo deduttivo, l’avventura e il fantastico

Considerato, insieme ad Edgar Allan Poe, il fondatore di ben due generi letterari - il giallo e il fantastico - Arthur Conan Doyle è senza dubbio il capostipite del sottogenere noto come giallo deduttivo, reso famoso dal personaggio da lui ideato - l'investigatore Sherlock Holmes - il detective per antonomasia. Ma la sua vita e la sua opera vanno ben oltre il celebre investigatore di Baker Street: autore sensibile, medico, esploratore, spiritista e attivista, Doyle ha vissuto molteplici esistenze, tutte ricche di slanci ideali e contraddizioni intense. Ripercorriamo insieme la biografia di Arthur Conan Doyle, scopriamo quali libri ha scritto, esploriamo il suo fondamentale contributo al romanzo deduttivo ed infine immergiamoci in una serie di curiosità sorprendenti riguardo Arthur Conan Doyle, in modo da conoscere l’uomo che ha dato voce e forma al mitico Sherlock Holmes.

Biografia di Arthur Conan Doyle

Arthur Ignatius Conan Doyle nacque il 22 maggio 1859 a Edimburgo, in Scozia, in una famiglia numerosa e culturalmente vivace. Il padre, Charles Altamont Doyle, era un illustratore di talento, anche se con molte difficoltà economiche, ma la figura centrale per il giovane Arthur era quella della madre, Mary Foley: colta e appassionata di storie, amava narrargli racconti che alimentarono fin da piccolo il suo immaginario.

Da ragazzo studiò in scuole cattoliche gestite dai gesuiti: un’esperienza che lo segnò, tanto che da adulto si distaccò dalla fede stretta e abbracciò una visione più agnostica. Successivamente si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Edimburgo, dove si laureò nel 1881. Durante gli studi ebbe come mentore il dottor Joseph Bell, un medico noto per il suo metodo deduttivo: Bell riusciva a ricavare dettagli sulla vita dei suoi pazienti partendo da piccoli indizi, e fu dal suo modus operandi che Doyle trasse ispirazione per la figura di Sherlock Holmes.

Dopo la laurea, Doyle lavorò come medico in vari contesti: fece parte di una spedizione polare, viaggiò come medico su navi e trascorse periodi in Africa… esperienze che lo arricchirono certamente sul piano umano ma furono anche il terreno fertile che gli fornì il materiale da cui partire per le sue storie di avventura.

Per quanto riguarda la sua vita privata, Arthur Conan Doyle si sposò due volte: la prima con Louisa Hawkins nel 1885, da cui ebbe due figli - Mary e Kingsley – la seconda, dopo la morte prematura di Louisa - con Jean Leckie nel 1907, da cui ebbe altri tre figli - Denis, Adrian e Jean. La sua vita familiare fu segnata da tante gioie, ma anche da perdite e tensioni, e influenzò molte delle sue scritture.
Negli anni più maturi, Doyle si dedicò con passione allo spiritismo: credeva nella possibilità di comunicare con l’aldilà e partecipò attivamente a conferenze, scritti e società spiritualiste. Fu nominato baronetto nel 1902 grazie al successo della sua carriera letteraria. Morì il 7 luglio 1930, colto da un improvviso infarto.

Cosa ha scritto: i libri di Arthur Conan Doyle in ordine cronologico

Arthur Conan Doyle fu uno degli autori più versatili della sua epoca: nonostante l’enorme fama legata a Sherlock Holmes, la sua produzione narrativa attraversa generi molto diversi tra loro. Scrisse storie d’avventura, romanzi di fantascienza pionieristici, racconti soprannaturali legati al suo interesse per lo spiritismo, opere storiche, testi di divulgazione scientifica e perfino saggi politico–sociali. La sua immaginazione non si limitò mai al solo poliziesco: al contrario, Holmes rappresentò solo una parte — sebbene titanica — della sua creatività.

Ecco perché è utile guardare a Doyle non solo come il “padre del giallo deduttivo”, ma come un autore straordinariamente prolifico, animato da una curiosità inesauribile, capace di sperimentare e di reinventarsi per oltre quarant’anni. Ecco di seguito una selezione dei libri principali di Arthur Conan Doyle in ordine cronologico - limitata alle opere più famose:

  • Uno studio in rosso (1887): il romanzo che presentò al mondo Sherlock Holmes e John Watson. Un’indagine che parte da un omicidio a Londra e conduce fino alle tensioni di un passato lontano, mostrando per la prima volta il metodo deduttivo di Holmes;
  • Il segno dei quattro (1890): un mistero che intreccia un tesoro nascosto, un patto segreto e una serie di omicidi connessi alla storia coloniale britannica. È anche il romanzo in cui Watson conosce Mary Morstan, sua futura moglie;
  • La compagnia bianca (1891): romanzo storico ambientato durante la guerra dei Cent’Anni, con ricostruzioni dettagliate e un forte senso dell’epica cavalleresca;
  • Le avventure di Sherlock Holmes (1892): prima storica raccolta di racconti dedicati al detective: dodici casi brevi e serrati, tra cui “Uno scandalo in Boemia”, che introduce la figura di Irene Adler, probabilmente il personaggio femminile più importante di tutto l'universo del celebre detective; 
  • Le memorie di Sherlock Holmes (1893): seconda raccolta di racconti, che include episodi cruciali come “Il problema finale”. Qui Doyle tenta di liberarsi del suo personaggio mettendolo faccia a faccia con il professor Moriarty, genio del crimine nonché grande antagonista di Holmes;
  • Jane Annie (1893): libretto di un’operetta comica scritta con J. M. Barrie che rivela il gusto ironico e sperimentale dell’autore;
  • Racconti del brigadiere Gérard (1894–1903): storie satiriche sull’ufficiale napoleonico Gérard, vanaglorioso, impulsivo e protagonista di avventure eroiche e spesso grottesche;
  • La grande guerra boera (1900): saggio storico frutto dell’esperienza da corrispondente in Sudafrica, considerato così rigoroso da valergli il titolo di baronetto;
  • Il mastino dei Baskerville (1901–1902): pubblicato a puntate su rivista, è forse il romanzo più celebre della saga. Atmosfere gotiche, una maledizione antica e un misterioso cane spettrale si confrontano con la razionalità di Holmes;
  • Il ritorno di Sherlock Holmes (1905): tredici racconti che segnano la resurrezione del detective dopo la presunta morte alle cascate di Reichenbach – non gradita al suo pubblico. Holmes torna a Londra, ricuce il rapporto con Watson e affronta nuovi casi intricati;
  • Le tre imprese (1905): antefatto del ciclo medievale che approfondisce personaggi e contesto precedente a La compagnia bianca;
  • L’ultima legione e altri racconti di tanto tempo fa (1910): storie ambientate nell’età romana, tra battaglie, cadute di imperi e spirito epico;
  • Il mondo perduto (1912): primo romanzo della serie del professor Challenger. Una spedizione avventurosa conduce un gruppo di esploratori su un altopiano isolato dove sopravvivono dinosauri e creature preistoriche: uno dei primi esempi moderni di “fantascienza avventurosa”;
  • La valle della paura (1914–1915): ultimo romanzo lungo avente Holmes come protagonista. Alterna un’indagine ambientata in Inghilterra a un lungo flashback negli Stati Uniti, mostrando una società segreta ispirata alle vicende reali dei minatori della Pennsylvania;
  • Racconti di pirati (1917): raccolta marinaresca che richiama i grandi classici d’avventura, con tradimenti, tempeste e colpi di scena;
  • Il mio amico l’assassino e altri misteri (1918): storie brevi dai toni cupi che esplorano ambiguità morali e lati più psicologici del mistero;
  • L’ultimo saluto di Sherlock Holmes (1917): raccolta di racconti che include storie scritte in periodi diversi, tra cui episodi ambientati durante la Prima guerra mondiale. Un Holmes più maturo e riflessivo affronta casi con sfumature politiche;
  • Il paese delle nebbie (1926): romanzo del ciclo di Challenger che affronta spiritismo e vita oltre la morte, riflettendo le convinzioni personali di Doyle;
  • Il vampiro del Sussex (1927): racconto in cui un’apparente minaccia soprannaturale viene analizzata e ricondotta alla logica investigativa di Holmes;
  • Il taccuino di Sherlock Holmes (1927): l’ultima raccolta ufficiale di racconti dedicati al detective. I casi sono più cupi e complessi, e mostrano un Holmes meno infallibile, più umano, alle prese con trame che riflettono un mondo ormai cambiato;
  • Quando il mondo urlava (1928): racconto del ciclo di Challenger che presenta la Terra come un organismo vivente, anticipando concetti ecologici e fantascientifici;
  • La macchina della disintegrazione (1929): storia che esplora una tecnologia capace di smontare e ricomporre la materia, anticipando i temi della fantascienza tecnologica moderna.

Il giallo deduttivo: come Conan Doyle ha costruito un genere da zero

Arthur Conan Doyle è spesso affiancato a Edgar Allan Poe come co-fondatore del giallo moderno e del genere fantastico. Ma se Poe inaugura il “mistero” con abile investigatore, Auguste Dupin, è Doyle a trasformare quell’intuizione in un modello narrativo stabile, riconoscibile, replicabile e soprattutto popolare. È qui che entra in gioco il suo ruolo di capostipite del giallo deduttivo, un sottogenere che prende forma proprio con Sherlock Holmes e diventa una struttura narrativa destinata a dominare gran parte della letteratura poliziesca del Novecento.

Doyle non si limita a costruire un investigatore brillante: codifica un metodo, e questo è ciò che lo rende fondatore di un genere. Il cuore del giallo deduttivo è la dimostrazione logica: ogni passo dell’indagine deve essere osservabile, verificabile e spiegabile, come un vero e proprio metodo scientifico. Il lettore non è trascinato da un’intuizione misteriosa, ma accompagnato dentro un ragionamento molto chiaro e netto.

Holmes non “indovina”: deduce. E deduce perché guarda ciò che gli altri non vedono, collega ciò che gli altri non collegano e scarta con rigore ciò che è impossibile. Da qui nasce la sua massima più celebre: “Una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità.” Questa frase, diventata manifesto del genere, contiene l’essenza del meccanismo narrativo: l’indagine non è un percorso emotivo, ma un esercizio di logica. Doyle organizza questa struttura in modo così chiaro che diventa una griglia replicata da centinaia di scrittori successivi: presentazione del caso, raccolta di indizi, depistaggi, analisi razionale e conclusione illuminante. È una vera e propria “macchina narrativa” che, dopo Holmes, entrerà nella letteratura di Agatha Christie, Sayers, Ellery Queen e perfino nelle serie televisive moderne.

È però importante vedere Doyle nella sua interezza: se è vero che ha definito il giallo deduttivo, è altrettanto vero che la sua opera non si esaurisce in questa formula. Ma il successo globale di Holmes — e la potenza del suo metodo — hanno fatto sì che fosse proprio il giallo deduttivo, fra tutti i generi praticati, quello che ha definito il suo nome nella storia della letteratura. Insomma Doyle non ha solo scritto storie: ha stabilito le regole del gioco.

Curiosità su Arthur Conan Doyle: l’uomo dietro la penna

La vita di Arthur Conan Doyle è ricca di dettagli sorprendenti, molti dei quali ribaltano l’immagine, spesso semplicistica, dello “scrittore di Sherlock Holmes”. Ecco alcune curiosità su Arthur Conan Doyle, che mostrano come il suo mondo interiore fosse complesso e pieno di tensioni:

  • Odio e amore per Holmes: dopo aver scritto molti racconti, Doyle cominciò a vedere Holmes come un ostacolo alla sua carriera “seria”: voleva dedicarsi a romanzi storici e saggi, non essere intrappolato in storie di detective. Per questo lo fece morire dopo 25 libri ne “Il problema finale” nel 1893, ma la reazione del pubblico fu così forte che Doyle dovette riportarlo in vita. Questa oscillazione mostra quanto fosse diviso tra identità letteraria e fama commerciale.
  • “Elementare, Watson!” non compare in nessun libro: si tratta di uno dei casi più famosi di citazione apocrifa. Tutti credono che Sherlock Holmes ripeta questa frase come un mantra, ma nei racconti originali non la pronuncia mai: Doyle non la scrisse in alcun romanzo o racconto dedicato al suo investigatore. La battuta nasce solo più tardi, nel mondo teatrale e cinematografico, dove venne usata per sintetizzare lo stile deduttivo di Holmes. 
  • Si batté per cause sociali, anche scomode: Doyle aveva un forte senso etico e non esitava a esporsi in pubblico, anche quando le sue posizioni erano controverse. Tra le sue battaglie più note ricordiamo la difesa aperta dello spiritismo, che considerava una via di ricerca sincera e non una superstizione. Inoltre denunciò una presunta “cura miracolosa” contro la tubercolosi, mettendo in guardia l’opinione pubblica da medici e guaritori improvvisati; sostenne la riforma del divorzio, allora un argomento altamente divisivo; si mobilitò contro le violenze in Congo durante il dominio belga, portando testimonianze e documenti all’attenzione internazionale. Considerava la parola un atto di responsabilità, non un semplice esercizio di stile.
  • Contribuì a rendere di moda le cure termali svizzere: oggi le località termali svizzere fanno parte dell’immaginario comune, ma pochi sanno che questa tendenza deve molto proprio a Doyle. Fu infatti tra i primi intellettuali britannici a raccontare pubblicamente l’efficacia e il fascino delle cure alpine, contribuendo a trasformarle in una vera moda europea. 
  • Il rapporto con Houdini: Doyle era profondamente interessato allo spiritismo e credeva fermamente nella possibilità di comunicare con i defunti. Harry Houdini, invece, era un mago e illusionista che denunciava medium e presunti sensitivi come truffatori. All’inizio si stimarono, ma poi la divergenza sulle loro visioni del soprannaturale li allontanò. Doyle rimase convinto, fino alla fine della sua vita, che molti fenomeni paranormali fossero reali.

Paola Greco

Foto di apertura: Walter Benington, Public domain, via Wikimedia Commons