Il romanzo cortese e Chrétien de Troyes

Il "Roman de la Rose"

Summa della cultura e dell'arte dell'epoca è il Roman de la Rose (Romanzo della rosa), lasciato incompiuto da Guillaume de Lorris verso il 1230, ripreso e concluso, verso il 1280, da Jean de Meung, il quale ribaltò completamente il senso dell'opera, condannando l'amore cortese.

Guillaume de Lorris

Non si sa quasi nulla della vita di Guillaume de Lorris (Lorris-en-Gâtinais 1200 - morto dopo il 1240). La sua raffinata formazione culturale si manifesta nell'unica opera che gli viene attribuita, il Roman de la Rose (Romanzo della rosa), poema incompiuto di 4058 ottosillabi, autentica sintesi della cultura medievale. Il romanzo utilizza lo schema tradizionale cortese, la ricerca amorosa della dama (la Rosa) da parte di Guglielmo (forse lo stesso autore) in un universo meraviglioso (un favoloso giardino), e lo arricchisce tramite la finzione del sogno e l'introduzione dell'allegoria. Il procedimento della personificazione di sentimenti (l'Amore, la Gelosia, la Paura tra gli altri), facoltà astratte (la Ragione) o di circostanze (il Pericolo) consente la lettura del testo a tre livelli: racconto di avventure, analisi psicologica, lezione morale ispirata all'idealismo cortese. Perfetta fusione di lirismo e di romanzesco, il Roman de la Rose mantiene intatto il suo fascino grazie all'eleganza e all'entusiasmo con cui l'artista propone il codice dell'amore cortese quale suprema espressione di spiritualità.

Jean de Meung

Jean Clopinel, noto come Jean de Meung (Meung-sur-Loire circa 1235 - Parigi circa 1305), studiò all'università di Parigi e si fece conoscere per le varie traduzioni dal latino. La sua opera maggiore è la continuazione del Roman de la Rose di Guillaume de Lorris, composta tra il 1270 e il 1280. La parte da lui aggiunta è molto lunga (quasi 18.000 versi) e ribalta completamente gli ideali espressi da Guillaume. In uno stile energico e un po' prolisso, l'opera riassume tutta la cultura dell'autore, nutrita di naturalismo razionalista e ormai lontana dagli ideali cortesi. Egli introduce nel romanzo altre due significative personificazioni allegoriche, Natura e Genio. Erede dell'antifemminismo dei fabliaux, Jean de Meung non considera l'amore un'esperienza privilegiata e deride il culto della donna, alla quale non risparmia aspre critiche. In nome dei diritti della natura, si spinge fino a sostenere tesi assai ardite: condanna il matrimonio, esaltando la libera unione tra i sessi; attacca l'organizzazione aristocratica della società e lo stesso potere regale; denuncia i limiti della cultura scolastica e cristiana del suo tempo, esaltando l'uomo, la conoscenza, il sapere.