Sofocle

L'Edipo re

Già per Aristotele, l'Edipo re era il capolavoro di Sofocle e il modello esemplare della poesia tragica. Gli elementi che si riscontrano nelle precedenti opere (la grandezza e la solitudine dell'eroe; la catastrofe che fa precipitare dal sommo del potere alla più infima condizione di pena; l'ironia tragica per cui il protagonista, perseguendo strenuamente un disegno, ottiene paradossalmente risultati opposti a quelli desiderati) si realizzano nell'Edipo re in una struttura di mirabile compattezza drammatica. Al culmine di un'indagine affannosa, Edipo, re di Tebe e protagonista assoluto della vicenda, scopre di essere lui stesso il colpevole che egli va cercando con ostinazione risoluta e disperata: scopre cioè di avere ucciso, senza conoscerlo, il proprio padre Laio, cui poi è succeduto sul trono di Tebe, sposandone inoltre la moglie, senza sapere che questa è in realtà sua madre. Edipo non ha voluto compiere quanto ha compiuto: anzi ha cercato, con tutta la lucidità consentitagli dall'orrore che ne provava, di sottrarsi alla predizione di un oracolo che fin dalla giovinezza gli profetizzava il suo destino. La sua colpa non è valutabile in termini di responsabilità soggettiva: ma il suo operato si pone comunque oltre i confini di quanto è umanamente concepibile. Travolto dallo sgomento, Edipo si acceca, dopo il suicidio della moglie-madre Giocasta, a sua volta sconvolta dalla terribile rivelazione. Il disegno divino si è compiuto e l'unico esiguo margine consentito all'uomo è quello di prendere atto della sua incomprensibilità, senza esprimere altro giudizio che non sia di tragica e pietosa sottomissione.