Il teatro del Novecento

Samuel Beckett

Samuel Beckett (1906-1989) fu la personalità più originale degli anni Cinquanta. Nato a Dublino, dal 1932 visse soprattutto a Parigi, divenendo amico e ammiratore di Joyce e scrivendo sia in francese sia in inglese, spesso traducendo le proprie opere da una lingua all'altra. Raggiunse la notorietà nei circoli letterari con alcuni romanzi: Murphy (1938), Watt (1953, ma scritta nel 1942) e la trilogia in francese composta da Molloy (1951), Malone meurt (Malone muore, 1952), L'innommable (L'innominabile, 1953), i racconti brevi raccolti in More pricks than kicks (Più punture che iatture, 1934). Tutta la produzione narrativa di Beckett ha un'inclinazione filosofica: egli non era tanto interessato a raccontare storie, quanto a presentare situazioni e personaggi emblematici, che mostrassero l'assurdità, la mancanza di significato della realtà e il tragico destino dell'uomo, "un qualcosa circondato dal nulla". Beckett non credeva in nessuna forma d'azione o salvezza: nel suo mondo non esisteva nulla per cui valesse la pena di lottare, nessuna fede, nessun ideale. I suoi personaggi sono generalmente imprigionati nel loro io, destinati alla solitudine, senza alcuna possibilità di comunicazione e di mutua comprensione, incapaci di vivere nel loro breve viaggio "dal ventre alla tomba".

Le opere teatrali

La medesima visione nichilistica della vita e il tema dell'insensatezza dell'agire umano sono riscontrabili nelle sue opere teatrali. Così, il dramma Waiting for Godot (Aspettando Godot, 1955, ma scritto in francese nel 1953), che ottenne un successo strepitoso, presenta due vagabondi, Vladimir ed Estragon, in attesa del misterioso Godot lungo una strada di campagna, tra chiacchiere, espressioni di sconforto e lazzi. Compaiono un vecchio carico di bagagli e il suo "padrone" che lo tiene al guinzaglio, secondo una relazione servo-padrone che si ripropone anche in Endgame (Finale di partita, 1957), dove un cieco, su una sedia a rotelle, affligge con domande e ordini una sorta di schiavo volontario e alle loro spalle, dentro due bidoni per l'immondizia, vivono i genitori del cieco. Altrettanto poco liberi d'agire sono i due vecchi coniugi di Happy days (Giorni felici, 1961): lei sepolta fino al busto in un monticello di terra, lui che, in preda agli ultimi guizzi di vitalità sessuale, tenta inutilmente di scalare il monticello per raggiungerla. Tra le altre opere, Act without words (Atto senza parole, 1957), Eh Joe (1967), Not I (Non io, 1973). Immobile e replicativo, ossessivo nella sua staticità, il teatro di Beckett dà corpo al sentimento dell'assurdo, segnando un'estrema, dissolvente conseguenza dell'esistenzialismo.

Il teatro dell'assurdo

Con Aspettando Godot Beckett venne subito considerato una delle figure principali del teatro dell'assurdo, un movimento che probabilmente trasse le proprie origini da una rappresentazione parigina del 1947 del Processo (1925) di Kafka e, soprattutto, da un'opera teatrale di Eugène Ionesco, La cantatrice calva (1950). Come in Ionesco, anche nei lavori di Beckett i temi dominanti sono l'assurdità della vita e la mancanza di qualsiasi di comunicazione fra gli esseri umani. E un mondo che appare illogico e assurdo può essere rappresentato solamente per mezzo di una nuova sintassi drammatica, sia scritta sia visuale. Il linguaggio, su cui si basa la comunicazione, ha le proprie basi nella logica e in una corrispondenza precisa fra la realtà e le immagini di essa che l'uomo si costruisce, ma una volta che la realtà appare illogica e arbitraria anche il linguaggio non è più in grado di assicurare la comunicazione e diventa solo un modo di riempire il vuoto che circonda l'uomo e si riduce a semplici formule ripetute incessantemente e inutilmente. Grande fu la sua influenza su molti drammaturghi, soprattutto americani.