La prosa degli anni Settanta e Ottanta

Parallelo all'affermazione letteraria di altre minoranze etniche (indiani, messicani, portoricani e asiatici), alla ricerca di una propria identità, di una propria memoria e di un rapporto con l'America bianca wasp (white anglosaxon protestant), un fatto letterario interessante fu l'emergere di un gruppo consistente di scrittrici nelle cui opere si intrecciavano i temi derivanti dall'eredità africana e afroamericana con una riflessione sul ruolo della donna all'interno della comunità nera.

Toni Morrison (1931), nata a Lorrain, Ohio, mostra in tutti i suoi romanzi, scritti in una prosa intensamente lirica, una grande attenzione per i problemi della donna di colore in America: The bluest eyes (L'occhio più azzurro, 1970), Sula (1973), Song of Solomon (Canto di Salomone, 1977), Beloved (Amatissima, 1987), che le valse il premio Pulitzer, Jazz (1992), Paradise (Paradiso, 1997). Nel 1993 le è stato assegnato il premio Nobel per la letteratura.

Alice Walker (1944), nata in Georgia, ambienta le sue opere nel Sud rurale e razzista e descrive la lotta della donna di colore per l'eguaglianza politica e sessuale. Ha scritto, fra i romanzi, The third life of George Copeland (La terza vita di George Copeland, 1970), Meridian (1976), The color purple (Il colore viola, 1982); le raccolte di poesie Once (Una volta, 1968) e Revolutionary petunias (Petunie rivoluzionarie, 1974).

Il minimalismo

Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta poi, si assisté alla nascita del minimalismo, ovvero di una corrente narrativa che si caratterizzava formalmente con uno stile scabro e asciutto, preferendo il racconto breve, e contenutisticamente privilegiando le piccole storie della gente comune. Altri autori ­ quali Ann Beattie (1947), Grace Paley (1922), Joan Didion (1934) ­ hanno seguito un tipo di narrativa che, invece di tematiche filosofiche e d'impegno ideologico, preferiva esprimere l'angosciosa ricerca di valori attraverso la descrizione dei rapporti interpersonali, dei problemi familiari, dei drammi della solitudine, dell'alcol, della droga, della malattia (cancro e Aids).

Raymond Carver (1938-1988), nato a Yanima, Washington, viene considerato l'iniziatore del minimalismo, nonostante egli abbia sempre rifiutato questa definizione. Dopo un'esistenza ai margini della società, approdò alla letteratura e scrisse Will you please be quiet, please? (Vuoi star zitta per favore?, 1976), What we talk about when we talk about love (Di cosa parliamo quando parliamo d'amore, 1981), Cathedral (Cattedrale, 1984), Fires (Voi non sapete cosa è l'amore, 1983), Errand (1987), Where I'm calling from ed Elephant and other stories (Chi ha usato questo letto, 1988). Nelle sue opere il tema principale è sempre quello dell'emarginazione, il racconto di esistenze, spesso squallide, di gente modesta, narrato in una prosa scarna e laconica, parsimoniosa di immagini e commenti, nella quale i silenzi e le omissioni parlano per le parole non scritte. Una prosa che fa propria la lezione di Hemingway e di Čechov.

Gli anni Ottanta

La generazione degli anni Ottanta, spesso chiamata non generation, è figlia di quella beat (che aveva sognato una nuova società basata sulla rinuncia alla ricchezza, in nome di una liberazione da pregiudizi, competizione e odio di classe, ma che era rimasta profondamente delusa), anche se sembra voler mirare a tutto il contrario: denaro, competizione e rinuncia a qualsiasi ideale. Questa è l'America descritta nei romanzi dei cosiddetti scrittori "postminimalisti", profondamente influenzati da Raymond Carver.

Jay McInerney (1955) rifiuta la definizione di "postminimalista" preferendole quella di "neoromantico". Nelle sue opere racconta la rovina morale delle famiglie nate negli anni Sessanta, quando la rivoluzione di pensiero non violenta portò alla disintegrazione delle istituzioni, prima fra tutte la famiglia. I suoi personaggi, travolti da tragedie familiari, malattie, esprimono il proprio dramma in un linguaggio asciutto, scarno, privo di sentimentalismi. Già il primo romanzo riscosse un grande successo: Bright lights, big city (Le mille luci di New York, 1984); seguirono Ransom (Riscatto, 1985), Story of my life (Tanto per cambiare, 1987), Brightness fall (Si spengono le luci, 1992), The last of the Savages (L'ultimo dei Savage, 1996).

Bret Easton Ellis (1964), nato a Los Angeles, descrisse nel suo primo romanzo, Less than zero (Meno di zero, 1985), il mondo disperato dell'ultima generazione americana, il suo vuoto morale. A questo seguirono The rules of attraction (Le regole dell'attrazione, 1987) e il discusso American psycho (1990), nei quali l'autore rinnovava le accuse nei confronti di genitori troppo permissivi e l'indifferenza della società verso i suoi mali.

David Leavitt

David Leavitt (1961), nato a Palo Alto, California, laureatosi a Yale, esordì nel 1984 con la raccolta di racconti Family dancing (Ballo di famiglia), il cui successo di pubblico e critica ne ha fatto un fenomeno letterario. Gli altri romanzi, The lost language of cranes (La lingua perduta delle gru, 1986), Equal affections (Eguali amori, 1988) e A place I've never been (Un luogo dove non sono mai stato, 1990), riprendono le stesse tematiche dei racconti; Leavitt mette in scena, con tecnica cinematografica e tono ora ironico ora desolato, spezzoni di vita metropolitana: personaggi che vivono rapporti affettivi e interpersonali minati dall'ossessivo consumo di beni materiali, famiglie in crisi, la morte causata dai mali del secolo, il cancro e l'Aids.

David Foster Wallace

raggiunse un successo inaspettato. I racconti mescolano intellettualismoD.F. Fallace nacque nel 1962 a Ithaca, New York. A metà della carriera universitaria lasciò gli studi per un semestre e tornò a casa dove lesse un racconto di Donald Barthleme, uno dei padri della narrativa postmoderna. Ne rimase folgorato e iniziò a scrivere. La sua prima opera, The Broom and the System (La scopa del sistema, 1987) racconta la storia di un giovane americano, bianco e protestante, ossessionato da Wittengstein e Derrida. Nel 1990 uscì la raccolta Girl with Curious Hair (La ragazza dai capelli strani) che e comicità, ironia e sentita commozione; il linguaggio è una bilanciata mescolanza di erudito e vernacolare, di gergalismi e vocaboli presi dalle discipline più disparate. Il suo capolavoro è Infinite Jest (1996): in un futuro non lontano in cui i progressi incontrollati della tecnologia e gli sviluppi tragicomici della politica intaccano tutto, solo la complessità dei rapporti umani rimane invariata. Wallace ha sempre lottato contro l’ironia intesa come distacco dell’autore dalla materia trattata: essa impedisce all’autore di rendere la sua arte autentica. Nella sua seconda raccolta di racconti, Brief Interviews with Hideous Men (Brevi interviste con uomini odiosi, 1999), ricca di sperimentalismi, si coglie con chiarezza l’importanza del problema dell’autenticità della voce narrante. Altro tratto distintivo di Wallace è l’uso quasi convulso di note esplicative a piè di pagina. Wallace continua nel suo lavoro di sperimentazione letteraria con romanzi, racconti, articoli e saggi ed è considerato uno dei maggiori esponenti del postmodernismo contemporaneo.

Paul Auster

Paul Benjamin Auster (1947) è nato e cresciuto nel New Jersey e ha vissuto in Europa, subendone gli influssi letterari: il suo primo libro è una raccolta di traduzioni dei poeti surrealisti; The Art of Hunger (L’arte della fame, 1998), una raccolta di saggi, prende il titolo da un romanzo del norvegese Knut Hamsun; il romanzo Music of Chance (La musica del caso, 1991) racconta una situazione tipicamente kafkiana. Il capolavoro di Auster è la New York Trilogy (Trilogia di New York, 1987) composta dai racconti City of Glass (Città di vetro, 1895), Ghosts (Fantasmi, 1986) e The Locked Room (La stanza chiusa, 1987). In essi compaiono i leitmotiv di tutta la sua opera: l’autoreferenzialità e l’idea della scrittura come forza liberatrice (supportata dall’immagine del taccuino vuoto accompagnato da una penna stilografica). In Brooklin Follies (Follie di Brooklin, 2005) il protagonista afferma che non bisogna sottovalutare il potere dei libri e raccoglie storie vere sotto il titolo di Book of Human Folly (Libro dell’umana follia). Per l’eroe di Leviathan (Leviatano, 1992) i libri sono oggetti misteriosi e potenti. Molti personaggi di Auster sono scrittori: in Leviathan troviamo il romanziere Peter e in Oracle Night (La notte dell’oracolo, 2003) il protagonista sta scrivendo un romanzo intitolato Oracle Night; Walt di Mr Vertigo (1994) è alle prese con la sua autobiografia. Per Auster il narratore onnisciente non è l’unico possibile: quando si scrive in prima persona, il narratore diventa un autore. Basti pensare a Timbuktu (2002), narrato interamente da un cane. Oltre che di romanzi e raccolte di saggistica, tra le quali merita menzione The Invention of Solitude (L’invenzione della solitudine, 1988), un’accorata meditazione sulla paternità, Auster è autore di apprezzatissime sceneggiature cinematografiche (Smoke, 1995; Blue in the face, 1996; Lulù on the Bridge, 1999) che gli hanno guadagnato una fama ancora maggiore e hanno ricevuto prestigiosi premi, e di poesie (Selected Poems, 1998).