Scrittori durante la Repubblica di Weimar

Döblin

Dopo l'abbandono del padre, Alfred Döblin (Stettino 1878 - Friburgo, 1957) ebbe un'infanzia difficile, trascorsa a Stettino in un ambiente della piccola borghesia ebraica; conseguì a fatica la maturità e studiò quindi medicina, specializzandosi in psichiatria. A Berlino esercitò la professione medica, pur continuando a occuparsi di letteratura. Fu tra i fondatori della rivista “Der Sturm”, in cui pubblicò il suo Programma berlinese (Berliner Programm, 1913), testo importante per la moderna teoria del romanzo; fu anche promotore dell'espressionismo, pur senza mai farsi vincolare personalmente da discipline di scuola.

I suoi primi romanzi, L'assassinio di un ranuncolo (Die Ermordung einer Butterblume, 1913), I tre salti di Wang-lun (Die drei Sprünge des Wang-lun, 1915), Wallenstein (1920), Monti, mari e giganti (Berge, Meere und Giganten, 1924), rientrano in questo suo periodo espressionista, ma non ebbero successo.

Grande popolarità ottenne invece con Berlin Alexanderplatz (1929), romanzo sperimentale che fa largo uso del monologo interiore e della tecnica del montaggio (testi giornalistici, pubblicitari, slogan ecc. vengono integrati nella narrazione). Protagonista del romanzo è l'operaio berlinese Franz Biberkopf che, uscito dal carcere, vuole diventare una persona per bene, ma viene risospinto dalle circostanze verso il delitto.

Subito dopo l'incendio del Reichstag, lo scrittore, che era di famiglia ebraica e, dopo aver preso parte come medico volontario alla prima guerra mondiale, si era avvicinato al marxismo, emigrò dapprima a Parigi, quindi (dal 1940) negli Stati Uniti, dove nel 1941 si convertì al cattolicesimo. Durante l'esilio scrisse numerosi romanzi, la maggior parte dei quali poté pubblicare solo dopo il 1945, come, per esempio, quello sulla rivoluzione tedesca, November 1918 (4 voll., 1948-50). Rientrato in Germania, non riuscì però a riadattarsi e nel 1953 si trasferì a Parigi. Successo e riconoscimenti lo raggiunsero poco prima della morte, alla pubblicazione del suo ultimo romanzo, Amleto, ovvero la lunga notte ha fine (Hamlet oder die lange Nacht nimmt ein Ende, 1956). La sua narrativa ha avuto grande influsso sui giovani autori tedeschi del dopoguerra, tra cui G. Grass, che nel 1967 lo definì suo “maestro”.