Richard Strauss: espressione e ripiegamento

Nato a Monaco nel 1864, dopo gli studi Richard Strauss intraprese la carriera direttoriale: fu sostituto di H. von Bülow a Meiningen nel 1885 e già nel 1886 divenne suo successore alla direzione della cappella di corte. Proseguì l'attività di direttore intensamente e con molto successo, fino al 1924, a Weimar (1889-94), Monaco (1894-98), Berlino (dove fu prevalentemente attivo dal 1898 al 1918) e Vienna. Gli incarichi stabili erano affiancati da fortunate tournée e dalla partecipazione al Festival di Salisburgo (la cui fondazione Strauss aveva promosso nel 1917 insieme con M. Reinhardt e H. von Hofmannsthal), oltre che da un'intensa attività di compositore, che fin dalla fine del XIX secolo lo aveva imposto tra le figure di primo piano della musica europea. Dal 1924 lasciò ogni impegno stabile, proseguendo in piena autonomia viaggi e tournée. Nel 1933 aderì al nazismo e divenne presidente della Reichsmusikkammer, ma lasciò l'incarico nel 1935 in seguito alle polemiche scoppiate per la sua amicizia e collaborazione con lo scrittore ebreo S. Zweig. Strauss visse poi sempre più appartato (specie dalla fine della guerra) a Garmisch e in Svizzera. Morì a Garmisch-Partenkirchen nel 1949.

L'attività giovanile

Come compositore Strauss colse le prime grandi affermazioni con i poemi sinfonici scritti fra il 1886 e il 1898: gli influssi brahmsiani presenti nei primissimi lavori appaiono superati nella fantasia sinfonica Dall'Italia (1886) e con l'adesione alla scuola "neotedesca" e alle correnti postwagneriane. Pagine come Don Juan (1888), Morte e trasfigurazione (1889), Till Eulenspiegel (1895), Così parlò Zarathustra (1896), Don Quixote (1897), Vita d'eroe (1898) sono tra gli esiti più compiuti della personalità del giovane Strauss, che vi emerge con piena originalità, affermandovi una prepotente forza inventiva, a cui il pretesto letterario o immaginifico del "programma" funge efficacemente da stimolo.

Il linguaggio è quello postwagneriano portato anche ai limiti di una rottura che Strauss comunque evitò: l'arditezza di certe dissonanze è per lo più legata a un concreto pretesto "descrittivo" e compensata poi da zone di tranquillità. Il trattamento dell'orchestra è magistrale, con una straordinaria ricchezza di effetti.

L'esperienza teatrale

Le tensioni del linguaggio di Strauss giungono al massimo nell'esotismo ed erotismo di Salome (Dresda, 1905) e soprattutto nella violenza di Elektra (Dresda, 1909), i suoi due primi capolavori teatrali (preceduti da altre due opere: Guntram, 1894, e Feuersnot, 1901). La collaborazione con Hofmannsthal, iniziata con Elektra, proseguì con Il cavaliere della rosa (Dresda, 1911), che, nella sua malinconica e raffinata rievocazione, segna una svolta in senso retrospettivo nel linguaggio di Strauss. Esso si volse poi a una crescente distensione, accompagnata in molti casi da un'attenuazione della forza inventiva ­ fa in parte eccezione La donna senz'ombra (Vienna, 1919) ­ con esiti comunque discontinui nelle dieci opere teatrali che seguirono Il cavaliere della rosa, mentre sempre più profondo diveniva il solco che separava Strauss dalla musica del Novecento, ormai indirizzata oltre quell'espressionismo avvicinato massimamente da Strauss fino al 1909 e poi però da lui abbandonato.

In alcuni lavori tardi si avverte una dimensione di solitudine, di rinuncia che appaiono frutto di una dolorosa meditazione sul crollo della Germania di cui Strauss era stato il cantore (per esempio, nei Quattro ultimi Lieder e nelle Metamorfosi, 1945). Si è soliti contrapporre G. Mahler, come "grande inattuale", all'"attualità" di Strauss: nel primo si ravvisa una tragica consapevolezza critica, radicalmente diversa dall'ottimistica adesione al suo tempo che fa di Strauss l'interprete della borghesia guglielmina. Un interprete, però, partecipe in qualche modo delle inquietudini e contraddizioni di quel mondo: si comprendono quindi gli aspetti "perversi" del liberty straussiano e la stessa vicinanza di Elektra a un clima, in senso lato, espressionista. Dei successivi lavori si devono comunque ricordare, oltre a quelli citati, Arianna a Nasso (Stoccarda, 1912), Arabella (Dresda, 1933) su libretto di Hofmannsthal, Capriccio (Monaco, 1942) e, in ambito strumentale, il Concerto n. 2 per corno (1942) e il Concerto per oboe (1946).