La psicologia della forma

Sempre in Germania, ma a Berlino, nacque presto (agli inizi del Novecento) un'altra scuola psicologica che si oppose allo strutturalismo. La psicologia della forma, o Gestaltpsychologie, rivendicò infatti il carattere di totalità dei fenomeni mentali rivalutando l'esperienza immediata che l'individuo ha della realtà. Il termine tedesco Gestalt, da cui la corrente prende il nome fa riferimento al concetto di forma, globalità; difatti i gestaltisti considerano le esperienze mentali come delle totalità che vanno studiate nella loro interezza, poiché il significato dei singoli elementi è dato dalla loro collocazione o dal loro ruolo nell'insieme in cui sono inseriti. Diventa così indebito per i gestaltisti pretendere di scomporre, come postulato dallo strutturalismo le esperienze nei loro costituenti ultimi: in questo modo i singoli elementi separati dal contesto originario diventano pure astrazioni, prive di realtà psicologica. Gli studiosi della psicologia della forma condividono dunque con gli strutturalisti il punto di partenza e l'area di principale interesse: la nascita del movimento vide infatti le loro ricerche incentrarsi sulla percezione, l'esperienza soggettiva e la coscienza. Tuttavia i gestaltisti, come risulta ben chiaro dal nome a cui fa riferimento la loro scuola, non condividono l'assunto degli strutturalisti, e, di conseguenza, per loro la mente ha valore come fenomeno unitario e non come sommatoria di singoli elementi. Tanto che lo “slogan” di questa scuola psicologica potrebbe recitare: “Il tutto è più della somma delle singole parti”, le quali di per sé possono esistere indipendentemente dal tutto, mentre è il tutto a perdere il suo significato se considerato a prescindere dalle parti che lo compongono (le singole note hanno un loro significato, ma una melodia è composta da note, senza le quali non esiste). Questa attenzione alla totalità del reale veniva riscontrata in ogni esperienza percettiva (dal riuscire a leggere un testo vedendolo e interpretandolo come una serie di stimoli neri su sfondo bianco e come un insieme organizzato e non caotico, al riuscire a cogliere una melodia nella sua individualità anche quando viene eseguita con strumenti diversi: quando cambia cioè il timbro). Essa portava con sé l'assunzione che la mente non ha una funzione passiva nella percezione, non si limita cioè a ricevere informazioni dagli organi di senso, ma organizza in modo attivo le informazioni ricevute in modo da comporle a formare un “tutto”.

Questa organizzazione del campo fenomenico si stabilirebbe sulla base di principi tendenzialmente innati (tra cui le famose leggi dell'organizzazione percettiva ).

Le procedure di indagine privilegiate dalla Gestaltpsychologie fanno riferimento al metodo fenomenologico, secondo il quale l'oggetto di studio deve essere il dato così come esso si presenta direttamente e spontaneamente all'individuo. Non si tratterebbe quindi di istruire il soggetto ad analizzare i propri contenuti di coscienza (come avveniva con la metodologia dell'introspezione utilizzata dalla scuola dello strutturalismo): al soggetto è invece semplicemente chiesto di riferire come gli appaiono le cose che ha dinnanzi o i pensieri che sta seguendo, così come appaiono, senza eccessive mediazioni intellettuali.

Come si è detto, il campo di studio privilegiato dalla psicologia della forma è la percezione, la quale costituì l'ambito in cui il fondatore della scuola, M. Wertheimer (1880-1943), compì le prime indagini, a partire da quella sull'effetto stroboscopico, pubblicata nel 1912, che viene usualmente indicata come l'atto di nascita del movimento gestaltista. Tra i primi e più noti rappresentanti della scuola vi furono K. Koffka e W. Koehler, il quale avviò lo studio dei processi di problem-solving, a cui fecero seguito i lavori di Wertheimer e di K. Duncker sul pensiero produttivo e quelli di G. Katona sull'apprendimento. Con l'avvento del nazismo molti esponenti della psicologia della forma emigrarono negli Stati Uniti, dove ebbero particolare successo le teorie di K. Lewin, riguardanti la dinamica di gruppo e la personalità. In Italia il gestaltismo fu coltivato soprattutto da C. Musatti e G. Kanizsa.