Le teorie sulla devianza

La spiegazione biologica

Anche se i tentativi compiuti in passato (da Broca prima e quindi da Lombroso) di rintracciare i segni della devianza in determinati caratteri somatici (per lo più del cranio), e di ritenere la tendenza criminale come carattere geneticamente appreso, sono attualmente ritenuti privi di qualsiasi fondamento scientifico, tuttavia anche recentemente la tesi secondo cui la criminalità sarebbe influenzata dalla costituzione biologica è stata ripetutamente sostenuta in varie forme (nel 1977 da Eysenk e ancor più recentemente dai lavori di Mednick e collaboratori, del 1987).

Numerose ricerche si sono concentrate sull'analisi dell'albero genealogico di famosi criminali al fine di rintracciare elementi che consentissero di individuare l'ereditarietà del fenomeno; tuttavia, in questi studi non si riesce a mostrare l'incidenza che i fattori ambientali hanno avuto nella formazione della personalità degli individui in questione: bambini cresciuti in ambienti degradati e con modelli di comportamento che stimolavano il furto non avevano certo le stesse probabilità di integrazione di chi fosse vissuto in un ambiente agiato, con modelli tradizionali. Intorno agli anni '40, William A. Sheldon riprese comunque l'idea dell'influenza biologica sulla devianza presentando tre tipi principali di struttura fisica umana: mesomorfi, ectomorfi ed endomorfi. Secondo Sheldon i mesomorfi, muscolosi e attivi, avevano maggiori probabilità di diventare criminali rispetto ai soggetti più magri (ectomorfi) o più grassi (endomorfi). Nonostante il successo suscitato da questa impostazione, rimane valida l'obiezione secondo cui la presenza di persone muscolose e attive tra i criminali non è sufficiente per dimostrare una correlazione tra caratteri fisici e tendenza criminale: gli individui del tipo muscoloso potevano essere attratti dall'attività delle bande criminali perché offriva loro l'opportunità di sfruttare le proprie doti atletiche.

Secondo studi svolti verso la fine degli anni '70, alcuni ricercatori (per esempio, Cowen) hanno ritenuto di poter collegare le tendenze criminali alla presenza di un particolare gruppo di cromosomi. Sembrava infatti che da indagini condotte tra i prigionieri nelle carceri di massima sicurezza si registrasse un'alta percentuale di individui nel cui patrimonio genetico risultava un cromosoma Y in più rispetto a quanto non si verifichi normalmente (1 su 100, rispetto a 1 su 1000 della popolazione complessiva). Questi dati non sono però stati confermati da ulteriori ricerche effettuate nella stessa direzione. Sono poi sorti numerosi dubbi sull'attendibilità di risultati condotti su campioni esigui e poco rappresentativi. Nonostante sia possibile che alcuni caratteri biologici possano creare una sorta di predisposizione a compiere determinati reati, tuttavia allo stato attuale non si registrano prove conclusive relativamente al rapporto diretto tra ereditarietà e azione criminale.