L'Oriente bizantino

L'Impero da Giustino II alla dinastia macedone

Dopo la morte di Giustiniano (565) l'Impero entrò in un periodo di crisi. Sotto i regni di Giustino II e di Foca subì gli attacchi contemporanei dei Longobardi in Italia e degli Avari nella regione danubiana. Il re persiano Cosroe occupò la Siria e l'Egitto, saccheggiò Gerusalemme, impadronendosi della Croce sulla quale si riteneva fosse morto Gesù, e giunse alle porte di Costantinopoli. L'esercito bizantino, per difendere la capitale, abbandonò i confini danubiani; masse di Slavi fecero allora irruzione nei Balcani e vi si stabilirono, spingendo la popolazione locale verso le coste. Fu il generale Eraclio (dinastia degli Eraclidi, 610-717) che, deposto Foca e preso il potere (610-641), risollevò l'Impero. Riorganizzato l'esercito, attaccò i Persiani e, per vendicare il sacco di Gerusalemme, incendiò il sacro tempio del fuoco di Zoroastro. L'esercito persiano fu definitivamente vinto nel 628 a Ninive; Cosroe fu ucciso e tra le condizioni di resa ci fu la restituzione della Santa Croce. Entrambi gli Imperi uscirono indeboliti dal conflitto, cosa che li avrebbe esposti presto all'inarrestabile impeto dell'invasione araba. Eraclio attuò importanti riforme sociali: distribuì terre ai contadini obbligandoli al servizio militare, e divise il territorio in distretti (temi) governati da strateghi, da lui direttamente nominati, con pieni poteri civili e militari. Tra il 674 e il 678 Bisanzio dovette subire incursioni da parte degli Arabi che avevano già abbattuto l'Impero persiano, conquistato la Siria, la Palestina, l'Egitto e, allestita una flotta, erano penetrati anche nell'Egeo, espugnando Cipro e Rodi. Bisanzio resistette grazie alle sue fortificazioni e all'uso del fuoco greco, una nuova arma costituita da un esplosivo, di formula segreta, scagliato a grande distanza sulle navi nemiche per incendiarle. Nel 717 fu tentata una nuova conquista; da allora Arabi e Bizantini intrapresero un lungo conflitto intervallato da periodi di pace e di scambi economici e culturali. Gli Arabi erano comunque riusciti a sottrarre all'Impero molti territori; rimanevano bizantini l'Asia Minore, parte dei Balcani e alcuni territori dell'Italia. Nella prima metà del sec. VIII una grave crisi religiosa, nota col nome di “lotta iconoclasta”, (da “iconoclastia”, distruzione delle immagini) colpì l'Impero. L'imperatore Leone III Isaurico (717-741), della dinastia Isaurica (717-820), proibì il culto delle immagini sacre (icone) e le fece distruggere, mirando così a togliere potere ai monasteri dove si riunivano grandi masse di fedeli per la venerazione. La Chiesa condannò Leone III nel 731; il Concilio ecumenico di Nicea condannò l'iconoclastia nel 787, ma essa riprese con gli imperatori Leone V, Michele II, Barda e Teofilo; infine l'imperatrice Teodora dichiarò di nuovo lecito il culto delle immagini nell'843. Dall'820 all'867 regnò la dinastia Amoriana; fu un periodo caratterizzato da contrasti interni e guerre continue che aumentarono il potere dei generali. Salì poi al potere (867) Basilio: sotto di lui e la sua discendenza (dinastia macedone, 867-1057) si ebbe un periodo di stabilità politica e di espansione territoriale. Nel 962 il generale Niceforo Foca tolse Creta agli Arabi. Sotto Basilio II l'Impero bizantino sconfisse duramente i Bulgari e ristabilì i confini sul Danubio e nel 1014 tornò a estendersi dal mare Adriatico sino alla Mesopotamia (strappata agli Arabi). Nel 1054 venne ufficializzata con la reciproca scomunica la rottura (scisma) tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente, a seguito delle dispute sul primato del vescovo di Roma (non accettato dai Cristiani d'Oriente) e sul “filioque” cioè la formula aggiunta al Credo niceno-costantinopolitano dalla Chiesa latina, secondo cui lo Spirito Santo procederebbe dal Padre e dal Figlio e non solamente dal Figlio.