L'Italia dal dopoguerra agli anni Novanta

Dal centrismo al centrosinistra

Lo sviluppo industriale comportò un aumento numerico delle masse operaie. Asceso al soglio pontificio il papa rinnovatore Giovanni XXIII (1958-1963) e attenuatisi i toni della “guerra fredda”, la DC propose all'ala più moderata della sinistra, il PSI, l'ingresso nella maggioranza. Scoppiarono forti polemiche tra moderati di centro e di destra: la reazione dei conservatori si concretizzò nel governo Tambroni, sostenuto da missini ed ex-monarchici, che venne travolto nel 1960 da un'ondata di manifestazioni popolari. Solo nel 1962, grazie all'impegno dei democristiani Amintore Fanfani e Aldo Moro, si formò il primo governo di centro-sinistra (DC, PSDI, PRI, con l'astensione del PSI) sulla base di un programma di riforme (nazionalizzazione dell'energia elettrica, sviluppo della scuola, ecc.): vi furono dissensi sia nell'ala del PSI ostile alla DC (che uscì dal partito rigenerando il PSIUP) che tra i conservatori (il generale De Lorenzo mise a punto un colpo di Stato antidemocratico: il Piano Solo). Negli anni '60, poiché i governi democristiani si dimostravano inconcludenti, i comunisti avevano abbandonato ogni velleità rivoluzionaria (ligi alle istruzioni di Togliatti morto a Jalta nel 1964) e l'economia - sul finire del decennio - era in fase di stagnazione, si generarono, - stimolate dall'influenza di comunisti extraparlamentari (maoisti, trotzkisti, ecc.) - esigenze di cambiamento tra studenti e lavoratori. Nel 1968-69 un'ondata di imponenti manifestazioni scosse il Paese.