La Rivoluzione cinese

Mao: dal governo di Kiang-shi alla presa del potere

Le idee di Mao fecero presto breccia, ma la repressione del 1928 a opera del Kuomintang ridimensionò i progetti del PCC. Il leader rivoluzionario, però, non si arrese: sfuggito ai nazionalisti insieme al capo militare Chu Te e ad alcune unità dell'Armata rivoluzionaria, fondò nella regione del Kiang-shi un governo d'impronta sovietica (Repubblica dal nov. 1931). Poco dopo, nell'apr. 1932 dichiarò guerra al Giappone. Nel frattempo, preoccupato dall'ascesa della potenza “rossa”, Chang Kai-shek ordinò 5 campagne di annientamento. Le prime quattro non ebbero successo, la quinta, attuata con grande dispiegamento di mezzi, portò all'accerchiamento delle forze comuniste costringendole alla lunga marcia (ott. 1934-ott. 1935): 90 mila uomini partirono a piedi dal Kiangshe per recarsi nella base rossa dello Shensi a 10 mila chilometri di distanza; solo in 7 mila raggiunsero la meta dopo 368 giorni di cammino. Nella città di Yenan fu posta la capitale della Cina di Mao (che dal genn. del 1935 era stato nominato presidente del PCC). Dopo un attacco giapponese su vasta scala, nel 1937 il KMT e i “rossi” strinsero un accordo con cui questi ultimi si impegnavano a limitare la propria azione nelle campagne per non indebolire il paese di fronte alla minaccia nipponica. A nulla valse: dopo aver conquistato le città più importanti (tra cui Pechino) e insediato un governo fantoccio a Nanchino (1939), nel '40 il Giappone controllava le regioni settentrionali del paese a est del Fiume Giallo, gran parte della valle dello Yang-Tze e le coste meridionali con Canton. Poi scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Durante il conflitto la fazione nazionalista si batté per respingere sia i Giapponesi che i comunisti. Ingenti aiuti giunsero al KMT dagli USA. Ma contro i seguaci di Mao, i nazionalisti fallirono: alla fine della guerra i “rossi” controllavano un'area con 160 milioni di abitanti, avevano un esercito di un milione di uomini e 2 milioni di miliziani: erano ormai pronti a un governo di coalizione con il Kuomintang, ma Chang sabotò ogni progetto in questo senso. Anzi, nel 1946, Chang iniziò una nuova campagna di annientamento. Essa sarebbe sfociata nella guerra civile. Nel primo anno di guerra (fino alla primavera del 1947), i nazionalisti ebbero il sopravvento, in seguito iniziò il loro tracollo. Nel frattempo Mao, per unificare la rivoluzione militare a quella sociale, varò leggi di riforma agraria (magg. 1946-sett. 1947) di orientamento comunista. Dal 1948 i rossi iniziarono a raccogliere successi, nel febb. 1949 si impadronirono di Tientsin e Pechino. Poco dopo conquistarono la capitale nazionalista Nanchino, Shanghai e Canton (rispettivamente in apr., magg. e ott.). Il 1° ott. 1949, a Pechino, Mao proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese di cui fu presidente con Chou En-lai; in dic. Chang fuggì a Formosa dove restaurò il suo governo nazionalista sotto la protezione degli USA. Il leader del PCC intanto procedeva a consolidare le basi del potere.

L'atteggiamento dell'URSS. L'Unione Sovietica in un primo momento considerava la Cina come inclusa nella sfera di influenza statunitense. Per questo, nei mesi immediatamente successivi alla Guerra Mondiale, l'URSS mantenne un atteggiamento prudente nei confronti del PCC invitandolo a trattare con il KMT per formare un governo di coalizione. Visto l'evolvere della situazione, Mosca fu però la prima a riconoscere la Repubblica Popolare di Mao quando venne istituita. Il 14 febb. 1950, i due paesi strinsero un accordo di amicizia e collaborazione di durata trentennale.