La caduta dei regimi comunisti

Polonia e Ungheria

Polonia e Ungheria furono le prime nazioni dell'Europa orientale ad attuare riforme democratiche di ampio respiro abbandonando il comunismo. Già nel 1980 la Polonia era stata percorsa da ondate di scioperi di cui furono protagonisti i lavoratori della città di Danzica. Guidati dall'elettricista Lech Walesa, essi per primi nel mondo sovietico diedero vita a un sindacato indipendente dal Partito Comunista (POUP) che chiamarono Solidarnosc (estate 1980). Il governo polacco lo riconobbe il 31 ago. 1980 (accordi di Danzica). Messo fuori legge (13 dic. 1981) dal presidente Wojciech Jaruzelski per evitare l'invasione della Polonia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, Solidarność venne riabilitato nel 1987. Esso fu il principale interlocutore del governo nel processo concordato di riforma (“tavola rotonda”) e concorse alle elezioni del giu. '89 diventando il primo partito del paese. Il 12 sett. la Polonia nominò il primo presidente del consiglio non comunista nei paesi del Patto di Varsavia: Tadeusz Mazowiecki. Il 29 dic. 1989 il Parlamento votò l'abolizione del ruolo dirigente del POUP e proclamò una Repubblica.

L'Ungheria negli anni '80 era il paese più avanzato del blocco comunista per via della politica di cauto riformismo economico seguita dal regime. Già il 21 febb. 1989 il Comitato Centrale aveva adottato un progetto di nuova costituzione in cui il partito rinunciava al ruolo direttivo e legava il futuro del paese a libere elezioni. Tali propositi divennero realtà il 18 ott. seguente quando il Parlamento adottò il multi-partitismo e modificò radicalmente la costituzione. Il 23 ott. 1989 fu proclamata la Repubblica.