L'Italia del Settecento

Il Regno di Napoli

La Pace di Utrecht sancì il passaggio dei territori dell'Italia meridionale dal dominio spagnolo a quello austriaco, mentre la Sicilia era assegnata ai Savoia. Nel Meridione, in cui clero e nobiltà terriera erano esentati dal pagamento delle imposte (che gravavano sul resto della popolazione), un nuovo ceto formato da avvocati e piccoli borghesi andava affermandosi; fu questo nuovo soggetto sociale a essere il migliore alleato dei tentativi austriaci di riforma dello Stato. Nel 1713 con la vittoria di Bitonto, Carlo di Borbone, figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese, riuscì ad acquistare il regno meridionale, accresciuto nel 1719 dallo scambio austro-sabaudo tra Sicilia e Sardegna. Grazie alla collaborazione del ministro Tanucci, Carlo III di Borbone (1734-59) iniziò una breve stagione di riforme incentrata sul catasto e sul rilancio delle attività commerciali tramite la stipula di trattati commerciali e una politica giurisdizionalistica culminante nella confisca dei beni dei gesuiti nel 1767. Malgrado il grande impegno profuso, ceti privilegiati riuscirono a inficiare parte dei progetti. Protagonisti di questa stagione furono anche Gaetano Filangieri, fautore del dibattito sulla società e sul diritto e Antonio Genovesi sostenitore della fisiocrazia e dello sviluppo agricolo e manifatturiero. Essi furono gli ispiratori di un gruppo di intellettuali che, dopo dopo la sfortunata campagna di Ferdinando IV contro la Repubblica Romana, porteranno alla creazione della “giacobina” Repubblica Partenopea. Sottoposta all'azione controrivoluzionaria del cardinale Ruffo, la repubblica resistette fino alla capitolazione del 1799.