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Napoleone e l'Italia

Durante la prima campagna d'Italia Napoleone seppe abilmente sfruttare a vantaggio suo, e della Francia, la volontà dei patrioti italiani di formare entità politiche nuove e legate all'esempio francese, cercando sempre di evitare che i giacobini italiani, ferventi democratici e ardentemente unitari, in parte delusi dalla cessione di Venezia all'Austria con la Pace di Campoformio, potessero avere il sopravvento in queste nuove realtà, preferendo a essi il “dotto, ricco volgo”, assai più moderato e adatto a piegarsi e sposare i suoi voleri, grato di averlo posto al governo e al controllo del potere economico del nuovo organismo statale. L'azione politico-economica napoleonica in Italia fu sempre subalterna alle esigenze della Francia e dell'Impero (annessione diretta di Parma e del litorale tirrenico fino a Roma, oltre alla subordinazione delle industrie italiane alle industrie francesi), ma grazie alla costituzione, con i comizi di Lione (dic. 1801), della Repubblica Italiana (poi trasformata in Regno d'Italia), all'adozione, anche nel Regno di Napoli, dei nuovi codici napoleonici ispirati ad alcuni principi della Rivoluzione, e alla consapevolezza della novità della costruzione politica, le classi dirigenti italiane iniziarono quel cammino di sviluppo economico e politico che sarà alla base del Risorgimento nazionale italiano.