Bandèllo, Mattèo

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novelliere italiano (Castelnuovo Scrivia 1485-Agen 1561). Entrato (1505) nell'ordine domenicano, visse a Milano in contatto con gli ambienti più raffinati per cultura e prestigio mondano, dando libero corso alla sua schietta natura di uomo di mondo e di artista. Frequentò con particolare assiduità la casa di A. Bentivoglio, il quale gli affidò diversi incarichi diplomatici che lo condussero più di una volta in Francia tra il 1508 e il 1509. Le vicende politiche del 1515 costrinsero Bandello a trasferirsi da Milano a Mantova, dove trovò ottima protezione da parte della marchesa Isabella d'Este. Tornato a Milano nel 1522, fu costretto a ripartirne dopo la battaglia di Pavia (1525), abbandonando la veste di frate domenicano. Dopo il sacco di Roma (1527) fu al servizio di Ranuccio Farnese, poi di Cesare Fregoso. Ucciso nel 1541 il Fregoso dai sicari di Carlo V, Bandello si trasferì in Francia e, nel 1550, fu nominato vescovo di Agen, dove visse fino alla morte. La fama di Bandello è legata alle 214 Novelle, che l'autore distribuì in quattro parti, delle quali le prime tre furono pubblicate nel 1554 e l'ultima, postuma, nel 1573. La produzione delle novelle procedette, senza un disegno prestabilito, dalla giovinezza fino alla morte, e trovò la spinta essenziale nell'umanissima curiosità dello scrittore verso i casi avventurosi o tragici, risibili o patetici di ogni vita umana. Rinunziando all'usuale artificio boccaccesco della “cornice”, Bandello premise a ogni novella una lettera dedicatoria, nella quale fingeva di esporre al destinatario l'occasione in cui la novella era giunta alle sue orecchie, accentuando in tal modo lo stile e il tono conversativo del libro insieme alla libertà del disegno generale. Oltre che per la mancanza della “cornice”, le Novelle di Bandello si allontanano dalla tradizione boccaccesca per il tono cronachistico, volto a rispecchiare la singolarità del fatto e la violenza delle passioni, rinunziando all'eleganza dello stile e alla purezza della lingua. Tra le novelle drammatiche sono celebri quelle di Giulietta e Romeo, della contessa di Challant, di Ugo e Parisina; ma forse le pagine migliori di Bandello sono da ricercare nelle novelle di contenuto erotico e comico. Il pregiudizio stilistico della scarsa politezza e regolarità di Bandello rispetto ai canoni del boccaccismo, congiunto all'equivoco di una lettura intesa al documento storico, determinò la contrastata fortuna dell'autore, apprezzato più all'estero che in Italia: le sue Novelle offrirono spunti a Shakespeare (che ne trasse gli argomenti della tragedia Giulietta e Romeo e delle commedie Molto rumore per nulla e La notte dell'Epifania), a Cervantes, a Lope de Vega; a esse si ispirarono, nell'Ottocento, Byron, de Musset, Stendhal. La critica moderna ha condotto assai avanti il recupero della forte e originale opera di Bandello che, per il realismo psicologico e il vivo senso dell'intreccio, pone le premesse del romanzo moderno. Di scarso rilievo è il Canzoniere, nel quale Bandello, che nelle Novelle aveva saputo sottrarsi all'imitazione boccaccesca, si mostra pedissequo seguace del Petrarca.

Bibliografia

B. Croce, Poesia popolare e poesia d'arte, Bari, 1933; G. Caliumi, Studi e ricerche sulle fonti italiane del teatro elisabettiano, Roma, 1984.

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