Bazin, Hervé

pseudonimo del romanziere e poeta francese Jean-Pierre Hervé-Bazin (Angers 1911-1996). Nipote di René Bazin, di famiglia borghese e tradizionalista, si schierò contro le idee e la mentalità del mondo in cui era cresciuto. Esordì con alcune raccolte di poesie: Parcelles (1933; Frammenti), Visages (1934; Volti) e Jour (1947). Nel 1948 ottenne un grande successo con un romanzo, Vipère au poing (Vipera in pugno), opera autobiografica in cui descrisse con spietatezza il suo ambiente familiare. Seguirono numerose altre opere: La tête contre les murs (1949; La testa contro i muri), lucida analisi degli istituti di correzione, Qui j'ose aimer (1956; Chi oso amare), che ha per tema la colpevole passione tra un patrigno e la figliastra, Le cri de la chouette (1972; Il grido della civetta), Madame Ex (1975). Del 1976 è il libro di poesie Traits (Lineamenti), che contiene anche massime ed epigrammi, seguito da Ce que je crois (1977; Quello che credo) e da Un feu dévore un autre feu (1978; Un fuoco divora un altro fuoco). Altri romanzi: L'eglise verte (1981; La chiesa verde), Abécédaire (1984) e Le démon de minuit (1988; Il demone di mezzanotte). Nella sua ultima produzione un'attitudine più conciliante rispetto al tono quasi aggressivo delle prime opere sembra prendere il sopravvento. La ritroviamo in L’École des pères (1991; La scuola dei padri) che lascia intravedere la possibilità di una vita paterna. Un buon successo di critica hanno incontrato anche i racconti di Un grand méchant doux (1992; Un grande dolce cattivo). Bazin si è dedicato anche al genere fantastico, con una storia di fantamedicina di ambientazione un po'esotica, Le neuvième jour (1994; Il nono giorno). Membro dell'Accademia Goncourt dal 1958, ne divenne presidente nel 1972, carica che conservò per vent'anni.

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