Giusti, Giusèppe

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poeta italiano (Monsummano Terme 1809-Firenze 1850). Dopo studi irregolari, si laureò di malavoglia in giurisprudenza ma non esercitò mai la professione di avvocato; i suoi versi, che circolavano manoscritti, gli avevano già procurato notevole fama e anche il sospetto della polizia, che lo ammonì, suscitando il suo odio implacabile e definitivo per “i birri”, commissari, spie. In politica fu democratico fin verso il 1845; passò poi ai moderati e fu eletto deputato all'Assemblea legislativa toscana. Ricollegandosi alla tradizione toscana della poesia burlesca e satirica, Giusti interpretò, nei suoi Scherzi, l'esigenza di una letteratura paesana e concreta, descrivendo con pungente ironia il piccolo mondo provinciale, intessuto di gretto conservatorismo e di ipocrisia, di viltà e di egoismo: i gingillini, i girella, i re travicelli, protagonisti delle sue poesie più felici, sono le maschere del carnevale della vita che si esibiscono in piroette e capriole, con un ritmo indiavolato e una sbrigliata spensieratezza di sapore goliardico. Ma la satira di Giusti è di corto respiro, carente di una robusta tensione morale e chiusa nell'angusto orizzonte del buon senso, dell'aurea mediocrità, simboleggiata nell'ideale della chiocciola, cioè del quietismo domestico. Avviene così che, nello sforzo di tener dietro alla cronaca, Giusti si lasci sfuggire la storia e finisca con il polemizzare indistintamente con tutti, con i monarchici come con i repubblicani, con i classicisti come con i romantici, rimanendo sempre alla superficie degli avvenimenti. Tali difetti divengono più vistosi nelle poesie scritte dopo il 1845, dove, a eccezione del notissimo Sant'Ambrogio, in cui si raggiunge un felice equilibrio tra il tono scherzoso e quello patetico, Giusti annacqua la sua satira in un superficiale ottimismo o, viceversa, la inasprisce in una violenta polemica. Deboli e ispirate a un fiacco sentimentalismo sono le poesie serie di Giusti; notevoli le lettere e la Raccolta dei proverbi toscani come documenti linguistici, anche se viziate da eccessivi compiacimenti vernacoli; significativa, infine, la Cronaca dei fatti di Toscana, in cui sono delineati con arguta e mordace ironia personaggi e ambienti contemporanei.

Bibliografia

N. Sapegno, Ritratto del Manzoni e altri saggi, Bari, 1961; L. Felici, La satira e il Giusti, in E. Cecchi, N. Sapegno, Storia della letteratura italiana, Milano, 1969; M. Balducci, La morte di re Carnevale, Firenze, 1989.

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