Joyce, James

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scrittore irlandese (Rathgar, Dublino, 1882-Zurigo 1941) . Educato presso un collegio gesuita, ben presto dimostrò insofferenza verso la cultura cattolica, maturando un lento procedimento di distacco dalla famiglia e dall'Irlanda. Nel 1902 si laureò all'University College di Dublino e, nonostante l'invito del poeta Yeats a inserirsi nel movimento del rinascimento celtico, preferì mantenere un acceso individualismo letterario. Convinto che un artista, per essere tale, debba sganciarsi dalle forze inibenti della famiglia, della religione e della patria, si recò a Parigi, dove seguì, con scarso successo, alcuni corsi universitari di medicina. Nel 1904 tornò precipitosamente a Dublino per sostare al capezzale della madre morente. Ma nemmeno di fronte alla fede della povera donna volle piegarsi e si portò per tutta la vita un oscuro rimorso, filtrato attraverso l'intera produzione artistica. Dal 1912 in poi attuò una forma di esilio volontario, soggiornando a Trieste, dove conobbe Italo Svevo, a Roma, a Zurigo e ancora a Parigi, dopo la grande guerra. L'assoluta indifferenza con cui venne accolto il libro di liriche Chamber Music (1907; Musica da camera) acuì il suo isolamento dalla società e dalla cultura militante. Si dedicò allora alla prosa e nel 1912 presentò a una casa editrice irlandese un gruppo di racconti, Dubliners (Gente di Dublino), basati sulla ricostruzione realistica di episodi della vita dublinese. Il libro fu bocciato e ci vollero altri due anni prima che vedesse la luce, in Inghilterra. In Dubliners, pur muovendosi sugli schemi del racconto naturalista francese, Joyce rivela una delicata attitudine all'introspezione; i suoi personaggi si staccano dal contesto della “storia”, talvolta assente, e vengono analizzati nelle loro complicazioni. Particolarmente il racconto The Dead (I morti) anticipa una minuziosa rivalutazione del dettaglio psicologico. Nel 1916 uscì A Portrait of the Artist as a Young Man (Ritratto dell'artista da giovane), accolto dalla critica con favore e interesse. Vi appaiono, filtrati attraverso la memoria, gli stadi formativi dell'artista, la presa di coscienza, la ribellione contro le inibizioni, la ricerca della verità. Il romanzo è fortemente autobiografico, anche se il titolo coinvolge l'artista in senso lato. Vi si riconoscono le tensioni e le angosce dell'autore, quando, pur educato alla carriera ecclesiastica, rinnegò la fede cattolica e si liberò da ogni sovrastruttura morale. I dialoghi sono assai realistici, ma dalla narrazione emerge uno slancio lirico, già basato su elementi ritmici e musicali. La grande crisi del giovane protagonista, Stephen Dedalus, coinvolge l'artista moderno, anche se Joyce non si ribella contro la società ma si limita a un'analisi dei procedimenti inconsci, adeguandovi il linguaggio. Una stesura precedente e assai incompleta del romanzo apparve postuma nel 1944, con il titolo di Stephen Hero (Stefano eroe). Il tema dell'esilio fu anche ripreso nel dramma Exiles (1918; Esuli). Ma già dal 1914 Joyce aveva iniziato la stesura dell'Ulysses (Ulisse) che, scritto a varie riprese, fu compiuto nel 1921 e pubblicato a Parigi nel 1922: esso figura tra le opere fondamentali della letteratura inglese. Soppresso in Inghilterra e negli USA per le espressioni blasfeme contenute, destò molto scalpore nel pubblico ma venne in seguito accettato dalla critica come un audace e ambizioso esperimento letterario. Uno sviluppo monumentale dei motivi filosofici e strutturali dell'Ulysses si ebbe con Finnegan's Wake (1939; La veglia di Finnegan). Il romanzo, in molte parti incomprensibile, è costruito sulle teorie cicliche di G. B. Vico. La tecnica dello stream of consciousness (flusso di coscienza o monologo interiore) vi raggiunge la massima rarefazione; elementi puramente musicali creano una successione di parole e di immagini completamente sganciate dalla realtà. Non v'è azione, ma registrazione fedele degli impulsi del subconscio, durante la veglia del protagonista. La ricerca di Joyce vi raggiunge la scomposizione del valore semantico della parola, in una prospettiva che esula talvolta dalla struttura dell'inglese e tocca le radici arcaiche del linguaggio.

Bibliografia

A. Guidi, Il primo Joyce, Roma, 1954; L. Gillet, Claybook for James Joyce, Londra-New York, 1958; U. Eco, Le poetiche di Joyce, Milano, 1966; F. R. Paci, Vita e opere di James Joyce, Bari, 1968; E. Pound, Lettere a Joyce e i saggi su Joyce, Milano, 1969; H. Levin, James Joyce, introduzione critica, Milano, 1972; Th. F. Staley, Il punto su Joyce, Firenze, 1973; R. C. Anderson, Joyce, Milano, 1989.

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