Nehru, Jawaharlal, detto Pandit

(il Sapiente), statista indiano (Allahabad 1889-Nuova Delhi 1964). Di nobile famiglia con illustri tradizioni nazionalistiche, studiò legge a Cambridge. In India, nel 1916, conobbe Gandhi e ne diventò un seguace, accostandosi nel contempo alle masse e ai loro problemi. Tra il 1920 e il 1930 visitò quasi tutta l'Europa, compresa quella orientale e l'URSS, traendone nuovi motivi per il suo socialismo e cominciando a interessarsi di politica internazionale. Entrato nel Congresso Nazionale Indiano (o Partito del Congresso), si mise subito in luce e fu preso da Gandhi sotto la sua protezione, tanto da diventarne il delfino, nonostante la divergenza di vedute e metodi. Fu segretario generale del Partito del Congresso nel 1923 e nel 1936 e presidente della sessione di Lahore (1929). Rinchiuso più volte in prigione, scrisse Glimpses of World History, Autobiography e The Discovery of India. Allorché, dopo lunghe trattative con Inglesi e Lega Musulmana, l'India raggiunse l'indipendenza (agosto 1947) egli fu eletto capo del governo e ministro degli Esteri; fu inoltre presidente dell'Assemblea costituente e, dal 1950, della Commissione per la pianificazione. All'interno del Paese promosse, nella sfera di un socialismo ispirato da buddhismo e da gandhismo piuttosto che da marxismo, tutta una serie di riforme tese all'industrializzazione dell'India, al secolarismo, al rinnovamento del Codice, a una più equa vita sociale. In politica estera perseguì la pace, il non-allineamento, la lotta al colonialismo e al razzismo e si pose spesso come mediatore di complicate situazioni internazionali (Corea, Gaza, Indocina, Congo). Fu uno dei sostenitori dell'ammissione della Cina Popolare all'ONU e tra i promotori degli incontri di Colombo (1951), di Bandung (1955) e Belgrado (1961). Ma la breve guerra con la Cina nel 1962 e il disastro che ne seguì furono un colpo mortale per lui, come uomo e come politico.

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