Plutarco (storico)

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(greco Plútarchos; latino Plutarchus), Storico greco (Cheronea, Beozia, ca. 46-ca. 125). Di agiata famiglia borghese, studiò ad Atene. Fu più tardi a Roma, dove ebbe molti amici e dove venne nominato da Adriano procuratore dell'Acaia. Ma la sua vita passò soprattutto nella cittadina natale, tra gli studi e i doveri sacerdotali nel non lontano santuario di Delfi. Un catalogo dei suoi scritti, detto di Lampria, elenca 277 opere, che si dividono in due gruppi: gli Scritti morali e le Vite parallele. I Moralia comprendono gran varietà di operette, nel campo dell'etica, della religione, della fisica, della politica, della storia, della letteratura, in genere piuttosto brevi e talora in forma di dialogo. Tra le più significative nei vari settori sono: Sulla musica, Sull'impossibilità di vivere felici seguendo i precetti di Epicuro, Le contraddizioni degli stoici, Sulla faccia visibile della luna, Sul ritardo della vendetta divina, Sulla decadenza degli oracoli, Sull'E di Delfi, Sugli oracoli pitici, Su Iside e Osiride, Questioni conviviali, La virtù morale, Precetti coniugali, Sull'educazione dei figli, Come i giovani debbano sentir leggere i poeti, Precetti per governare uno Stato, Le virtù delle donne, Questioni romane, Questioni greche. Come si vede, un eclettismo filosofico in cui il platonismo, la religiosità mistica, apporti e interessi degli stoici contrastano soprattutto con l'epicureismo; e sempre un approccio a problemi pratici, per cui si cercano delle soluzioni semplici e facili. Come il contemporaneo Seneca, anche Plutarco dà ampio spazio all'etica, ma senza approfondire drammaticamente i problemi psicologici: tale era anche Plutarco nella vita, un uomo semplice e tranquillo. Stoicismo e presa diretta sulla vita presenta anche la grande opera storica di Plutarco , cui è soprattutto affidata la sua fama: le Vite parallele, ventiquattro coppie di biografie di grandi uomini greci e romani posti in parallelo fra loro per affinità di carattere e vicissitudini (così si hanno per esempio Teseo e Romolo, Licurgo e Numa, Aristide e Catone, Demostene e Cicerone, Alessandro Magno e Cesare, Pirro e Gaio Mario, ecc.; quattro vite sono invece isolate fra loro). Le biografie plutarchiane seguono lo schema delle biografie peripatetiche: nascita, gioventù e carattere, imprese, morte; il racconto è intercalato da frequenti osservazioni morali e al termine delle due biografie accoppiate si trova di solito un breve “confronto”. Le fonti sono molto varie e di diverso valore: storici, memorialisti, raccolte di detti e di aneddoti. Del resto, l'interesse di Plutarco è volto soprattutto all'aspetto esemplare della vicenda, per le virtù politiche e morali o per l'insegnamento umano e all'interesse che può suscitare il racconto. In tal senso, egli sa cogliere compiutamente quanto è tipico in un personaggio o nelle sue vicissitudini e sa attrarre il lettore in un racconto vivace, vario, con punte patetiche memorabili. Lo stile è piuttosto semplice, la lingua è l'attica, ma non pura. La fortuna di questa sua opera fu enorme nei secoli: ispirò drammaturghi come Shakespeare e infiammò spiriti irrequieti come Alfieri, patrioti e uomini politici.

M. A. Levi, Plutarco e il V secolo, Milano, 1955; K. Ziegler, Plutarco, Brescia, 1965; L. H. Barrow, Plutarch and His Times, Bloomington, 1967; D. Babut, Plutarque et le stoïcisme, Parigi, 1969; G. D'Ippolito, I. Gallo, Strutture formali dei “Moralia” di Plutarco, Napoli, 1991.

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