Sèrse I

(greco Xérxēs; persiano Khsayarsha), re achemenide di Persia (ca. 519-465 a. C.). Figlio di Dario I e della regina Atossa, fu nominato erede al trono nel 498 e inviato a governare Babilonia. Divenuto re dei re nel 486, represse con mano pesante le rivolte scoppiate in Egitto (486-485) e a Babilonia (482 e, forse, 479). A partire dal 483 preparò un'imponente spedizione contro la Grecia, colpevole di aver arrestato le conquiste paterne, e a tale scopo contrasse un'alleanza con Cartagine, che doveva impegnare la Magna Grecia e in particolar modo Agrigento e Siracusa. I successi colti nel corso del 480 (conquista della Grecia centrosettentrionale e occupazione di Atene dopo la vittoria alle Termopili) furono annullati da una serie di vittorie greche, sia marittime (Salamina nel 480) sia terrestri (Platea nel 479). Nel decennio successivo a Platea, Serse vide svanire la speranza di assicurarsi il dominio dell'Egeo, ormai nelle mani di Atene. Nel 466 la vittoria di Cimone all'Eurimedonte comportò la perdita, per i Persiani, delle colonie greche dell'Asia Minore e della Tracia. Diversamente dal padre, Serse condusse una politica ispirata da un intollerante zoroastrismo. Portò a termine la costruzione di Persepoli. Nei suoi ultimi anni fu coinvolto in intrighi di palazzo: morì, insieme al figlio maggiore Dario, vittima di una congiura organizzata dal prefetto di palazzo Artabane su istigazione di un altro figlio di Serse, Artaserse.

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