Watson, John Broadus

psicologo statunitense (Greenville, Carolina del Sud, 1878-Woodburg, Connecticut, 1958). Allievo di J. Dewey e di J. R. Angell, iniziò una brillante carriera scientifica nel campo della psicologia animale e nel 1908 fu chiamato alla Johns Hopkins University di Baltimora come professore e direttore del laboratorio di psicologia. Nel 1913 pubblicò un famoso articolo che segnò la data di nascita del comportamentismo, di cui Watson fu uno dei maggiori esponenti. Il comportamentismo da lui espresso è detto radicale, per l'assolutismo delle sue posizioni. Il suo punto di partenza è polemico nei confronti della psicologia allora dominante, cioè dello strutturalismo, la corrente psicologica fondata in Germania da W. Wundt e che trovava il suo massimo esponente negli Stati Uniti in E. B. Titchener. In particolare, Watson rimproverava agli strutturalisti l'uso del metodo dell'introspezione che considerava privo di qualsiasi valore scientifico, perché si riferiva a esperienze private, non osservabili se non da parte del soggetto e quindi non oggettive e non controllabili. La psicologia avrebbe dovuto studiare, invece, il “comportamento”, direttamente osservabile, definito in termini di reazioni muscolari e ghiandolari. Altri punti impliciti nelle concezioni di Watson sono l'empirismo (il comportamento è interamente determinato dall'esperienza passata) e il meccanicismo; anche il pensiero, secondo Watson, si può ridurre al comportamento verbale, è linguaggio subvocale. Fra le opere: Behavior: an Introduction to Comparative Psychology (1914; Il comportamento: introduzione alla psicologia comparativa), Psychology from the Stand Point of a Behaviorist (1919; La psicologia dal punto di vista di un behaviorista), The Battle of Behaviorism, an Exposition and an Exposure (1928; La battaglia del behaviorismo, un'esposizione e una denuncia).

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