accétta

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Lessico

sf. [sec. XIV; dal francese hachette, cfr. accia2]. Arnese costituito da un corto manico in legno inserito nell'occhio di un ferro lunato o trapezoidale, il cui bordo opposto (taglio) è affilato su una sola faccia, se è da impugnarsi con una sola mano, su ambedue, se da impugnarsi con due mani; si usa come attrezzo e come arma da taglio. Proverbio: “Ad albero che cade accetta accetta!”, tutti danno addosso a chi è in difficoltà. Fig.: darsi l'accetta sui piedi, fare il proprio danno; fatto, squadrato con l'accetta, detto di lavoro affrettato e grossolano o di persona rozza e sgraziata.

Cenni storici

L'accetta, nota fin dal Neolitico, viene spesso confusa con l'ascia, più antica, dalla quale differisce per il taglio sempre parallelo al manico. Le prime accette, usate sia per lavori semplici sia come armi da caccia, avevano il corpo lavorante in pietra dura, che veniva fissato al manico con opportuno legame di fibre vegetali o di strisce di pelle; accette in pietra o realizzate con ossa o grandi conchiglie scheggiate sono usate ancor oggi da alcuni gruppi Papua e Pigmoidi. Già dal Neolitico comparvero accette di pietra levigata il cui corpo era provvisto di un occhio centrale nel quale inserire il manico. Dopo l'introduzione dei metalli, il corpo lavorante fu realizzato prima in rame, poi in bronzo e, infine, in ferro e venne provvisto di un occhio per l'inserimento del manico; la forma del ferro ha subito nel tempo poche modifiche, tutte di norma legate agli usi particolari e, soprattutto, al valore rituale attribuito all'accetta da alcuni popoli, come gli Indiani della Prateria (v. tomahawk).

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