(República Dominicana). Stato dell'America Centrale (48.311 km²). Capitale: Santo Domingo. Divisione amministrativa: distretto nazionale (1), province (30). Popolazione: 10.183.339 ab. (stima 2012). Lingua: spagnolo. Religione: cattolici 64,4%, non religiosi / atei 22,5%, altri cristiani 11,4%, altri 1,7%. Unità monetaria: peso dominicano (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,700 (102° posto). Confini: oceano Atlantico (N), Canale di Mona (E), Mar delle Antille (S), Haiti (W). Membro di: OAS, ONU e WTO, associato UE, DR-CAFTA.

Generalità

Il territorio comprende le sezioni centrale e orientale dell'isola di Hispaniola, la seconda per estensione delle Grandi Antille, e alcune isole minori. Il confine con Haiti è stato definito in base ai trattati del 1926 e del 1936. Le sue condizioni socioeconomiche la vedono in una posizione intermedia nelle graduatorie mondiali del reddito e dello sviluppo umano; ciò dipende dall'ampiezza e dalla configurazione morfologica dello spazio disponibile, ma anche dalla cultura della popolazione. Dopo la caduta della trentennale dittatura di R. T. Molina (dal 1930 al 1961), l'avvento al governo di forze riformiste socialdemodratiche coincise con la crisi degli anni Ottanta del Novecento, che costrinse il Paese a una politica di austerità molto dura per la popolazione, cresciuta in misura esponenziale durante la seconda metà del XX secolo. Fino al 2001 la Repubblica Dominicana era però uno dei Paesi più ricchi della regione, in pieno boom economico. Dopo il 2001, invece, il Paese ha attraversato nuovamente una fase di crisi finanziaria ed energetica, in conseguenza anche delle profonde tensioni internazionali che hanno posto una seria incognita sul suo sviluppo, nonostante la tenuta del PIL e la ripresa dei flussi turistici (una delle principali fonti di reddito del Paese).

Lo Stato

Indipendente dal 1844, la Repubblica Dominicana è una Repubblica unitaria di tipo presidenziale. In base alla Costituzione del 28 novembre 1966, capo dello Stato è il presidente della Repubblica che, eletto per 4 anni a suffragio universale diretto, è anche capo del governo ed esercita il potere esecutivo con l'ausilio dei ministri da lui nominati. La funzione legislativa compete al Congresso della Repubblica, formato dalla Camera dei Deputati e dal Senato e i cui membri sono eletti per 4 anni. Il sistema giudiziario in uso si basa sul diritto francese; nel 2004, è stato modificato il Codice di Procedura Penale. La Repubblica Dominicana accetta le emanazioni della Corte Internazionale. Nel Paese, l'amministrazione della giustizia è affidata, al suo massimo grado, alla Corte Suprema; presenti anche Corti d'Appello, tribunali di prima istanza e giudici di pace, che esercitano una giurisdizione a livello comunale. La difesa dello Stato è affidata alle tre forze fondamentali: esercito, marina e aviazione. Il servizio militare si effettua su base volontaria, a partire dai 18 anni d'età. L'istruzione è obbligatoria dal 1917; essa riguarda tutti i ragazzi dai 7 ai 14 anni e la gratuità è estesa a tutte le scuole tranne le università. L'insegnamento primario dura 6 anni; quello secondario, anch'esso della durata di 6 anni, è diviso in due cicli, uno di 2 anni e uno di 4. Nella Repubblica Dominicana vi sono diverse università; quella di Santo Domingo è la più antica d'America (1538). A Santiago de Los Caballeros è presente anche un'università pontificia. Il tasso di analfabetismo è ancora molto elevato (10,9% nel 2007).

Territorio: morfologia

Un'accentuata montuosità caratterizza il territorio dominicano di Hispaniola, che solo verso E si distende in vaste pianure. Le sezioni occidentale e centrale presentano una serie di allineamenti montuosi, orientati longitudinalmente e grosso modo paralleli tra loro, separati da più o meno ampie vallate. Le catene sono costituite da rocce sedimentarie, per lo più calcari, del Cretaceo (tardo Mesozoico) o del Cenozoico; esse furono piegate e fratturate dai corrugamenti cenozoici, cui si deve anche la presenza di cospicue intrusioni granitiche, mentre terreni più recenti, in parte alluvionali, ricoprono le fasce vallive e le altre aree pianeggianti. Domina il Paese, formandone l'ossatura montuosa, la Cordillera Central (Cordigliera Centrale), considerata anzi il nodo orografico di tutte le Antille, cui si collegano da un lato i rilievi di Puerto Rico, dall'altro la Sierra Maestra di Cuba. La Cordillera Central raggiunge notevoli altezze (Pico Duarte, massima elevazione antillana, 3175 m; Loma Rusilla, 3029 m) ed è incisa da numerose vallate trasversali, adatte all'insediamento umano. La catena è fronteggiata a N, al di là della fertile valle del Cibao, dalla Cordillera Septentrional o Sierra de Monte Cristi, che culmina a 1249 m nella Pico Diego de Ocampo e scende a N su una costa alta e rocciosa, lasciando un margine esiguo alla cimosa litoranea. A S della Cordillera Central invece, superata la valle di San Juan, s'innalza la Sierra de Neiba (2262 m), imponente catena calcarea fronteggiata a sua volta a S dalla Sierra de Bahoruco: tra le due catene si apre una profonda depressione d'origine tettonica, che si prolunga in territorio haitiano e che è in parte occupata dal lago salato di Enriquillo, la cui superficie si trova a 46 m sotto il livello del mare. La sezione orientale della Repubblica Dominicana è costituita invece da una larga penisola pianeggiante, percorsa dalla Cordillera Oriental (diramazione della Cordillera Central ), che in nessun punto supera i 1000 m d'altitudine. La catena corre anch'essa da W a E in prossimità della costa atlantica, lasciando a S ampio spazio per una vasta pianura che, solcata da numerosi fiumi, termina sul Mar delle Antille con coste basse e sabbiose; la sezione occidentale della fascia litoranea, sovrastata dalle ultime propaggini della Cordillera Central , per le favorevoli condizioni climatiche e pedologiche è un'area di fitto insediamento, ospitando anche la capitale. Le coste, che si sviluppano per ca. 1600 km, sono assai articolate. Sul lato settentrionale si apre la vasta baia Escocesa, tra i capi Francés Viejo e Cabrón, mentre a E penetra profondamente nell'entroterra la baia di Samaná; la costa sudoccidentale infine è accidentata dalle baie di Ocoa e di Neiba. Numerose scogliere coralline, data l'elevata temperatura delle acque, fronteggiano il litorale, mentre poche e di modesta estensione sono le formazioni insulari; tra queste è la pianeggiante isola Beata antistante il capo omonimo, estrema cuspide meridionale del territorio dominicano e dell'intera isola di Hispaniola.

Territorio: idrografia

L'andamento dei rilievi fa sì che i fiumi della Repubblica Dominicana scorrano prevalentemente in senso longitudinale, tra una catena e l'altra. Lo sviluppo dei corsi d'acqua dominicani è modesto: il maggiore è il Yaque del Norte, che percorre la valle del Cibao da E a W e sfocia nell'Atlantico; attraversa invece, con andamento opposto, l'estremità orientale della medesima valle il Yuna, che sbocca nella baia di Samaná e che, come il precedente, alimenta una fitta rete di canali d'irrigazione. Il principale fiume del versante caribico è il Yaque del Sur, che sfocia nella baia di Neiba dopo aver percorso la valle di San Juan. Dell'Artibonite, il più lungo dell'isola, appartiene alla Repubblica Dominicana solo il tratto superiore.

Territorio: clima

Situato tra ca. 17º30´e 20º latitudine N, il Paese è caratterizzato da clima tropicale, caldo e non eccessivamente umido, sul quale, oltre alla posizione geografica, esercitano un prevalente influsso gli alisei di NE e l'altimetria. Le temperature sono piuttosto elevate nelle pianure costiere e nelle vallate interne, con medie annue di 25-26 ºC (22 ºC in gennaio, 29 ºC in luglio); sui rilievi naturalmente le temperature sono più basse (a Constanza, situata nella Cordillera Central a 1110 m di quota, si hanno medie di 16 ºC in gennaio, di 18-19 ºC in luglio) e sulle cime più elevate si possono raggiungere minimi invernali di 0 ºC. Dai venti atlantici dipendono le piogge, che variano sensibilmente da zona a zona in relazione soprattutto alla morfologia, ma che non raggiungono in nessun luogo valori eccessivi. Violenti cicloni infine investono frequentemente il territorio dominicano.

Territorio: geografia umana

Abitata prima dai taino, del gruppo degli aruachi, poi dai sopraggiunti caribi, l'attuale Repubblica Dominicana accoglieva forse 100.000 indios all'arrivo degli spagnoli, che in breve tempo sterminarono l'intera popolazione. I nuovi conquistatori, che avevano trovato nel Paese oro e terre fertili, ricorsero largamente, come in seguito altrove, al reclutamento in massa di schiavi africani. Quando, nel 1844, fu raggiunta l'indipendenza, neri e mulatti formavano il 90% della popolazione, che ammontava a soli 125.000 individui, pressoché lo stesso numero di oltre trecento anni prima. La seconda metà del XIX secolo segnò una prima fase di sensibile incremento demografico (alla fine del secolo la popolazione era stimata in 600.000 ab.), ma soprattutto di modificazione nella composizione etnica dello Stato per il continuo regresso dei discendenti degli schiavi africani, molti dei quali tra l'altro si trasferivano nella vicina Haiti, e il contemporaneo aumento dei bianchi. Più che dipendere da fattori naturali, tale aumento fu il risultato della precisa politica attuata dall'élite creola, rimasta detentrice del potere con l'indipendenza e che incoraggiò l'immigrazione di agricoltori stranieri, con speciale riguardo per i bianchi (politica razziale poi accentuata da Rafael Trujillo); oggi i bianchi sono il 16% della popolazione, i mulatti il 73% e i neri l'11%. Nel 1920, anno del primo censimento ufficiale, il numero degli abitanti non raggiungeva le 900.000 unità; ma in seguito, soprattutto per la diminuzione della mortalità, il Paese ha registrato un considerevole incremento demografico, tanto che nel 1950 la popolazione assommava a oltre 2 milioni di ab. saliti a 3 milioni nel 1960. A quest'ultima data il tasso medio annuo di natalità risultava ancora vicinissimo al 50%, valore estremamente elevato e appena bilanciato da un tasso di mortalità intorno al 15%. Nel decennio successivo il primo scendeva di ca. 10 punti, ma il secondo si dimezzava quasi: pertanto, il saldo naturale si manteneva pari al 3%, per scendere al 2,5% nella seconda metà degli ani Settanta e al 2,1% alla fine degli anni Ottanta. La crescita annua ha poi subito un progressivo calo, assestandosi nel periodo 2005-2010 intorno all'1,4%; essa tiene conto anche del saldo migratorio. La Repubblica Dominicana è infatti interessata da correnti nelle due direzioni: l'emigrazione è diretta specialmente verso l'America Settentrionale e i dominicani presenti negli Stati Uniti sono stimati in un milione di unità, mentre il Paese è la meta di migliaia di migranti provenienti soprattutto da altre isole dei Caraibi. Gli immigrati haitiani, in particolare, rappresentano la componente più povera e discriminata della popolazione; nel 2004 una legge nazionale ha ordinato l'espulsione di circa 800.000 soggetti provenienti da Haiti ed entrati irregolarmente nel Paese. Le aree di più fitto insediamento sono la valle del Cibao, dove per esempio la provincia di Salcedo raggiunge i 216 ab./km² (la media del Paese è di 202 ab./km²), e la pianura costiera meridionale, specie attorno a La Romana (376 ab./km²), a San Cristóbal (459 ab./km²) e alla capitale (1824 ab./km² il Distrito Nacional). All'inizio del XXI secolo la tendenza degli spostamenti migratori interni è orientata proprio verso le aree caribiche, ribaltando così il baricentro insediativo, prima rappresentato dalla valle del Cibao. La presenza di Santo Domingo ha avuto un peso determinante in tale processo, che ha segnato la rapida urbanizzazione della popolazione: mentre nel 1950, il 72% di essa viveva ancora in zone rurali, oggi il rapporto si è quasi ribaltato e la percentuale di popolazione urbana è del 70,3%. La capitale, da cui è derivato il nome dello Stato, emerge nettamente sia per la massa di abitanti (2.688.781 nel 2010, con un tasso di incremento annuo elevato), sia per le molteplici attività industriali e commerciali. Anche storicamente Santo Domingo ha avuto una notevole importanza che è stata riconosciuta nel 1990 dall'UNESCO inserendolo nella lista dei luoghi patrimonio dell'umanità. Segue per importanza Santiago de los Caballeros (591.985 ab. nel 2010), situata nella valle del Cibao e grande centro per la lavorazione del tabacco, che è esportato dal vicino scalo marittimo di Puerto Plata (San Felipe de Puerto Plata); per il resto si tratta di città di assai minore rilievo, delle quali poche raggiungono i 100.000 ab., e tra cui vanno menzionati i grossi mercati agricoli di San Francisco de Macorís, situato ai piedi della Cordillera Septentrional a breve distanza da Santiago de los Caballeros, e di San Juan de la Maguana, nella fertile valle di San Juan, oltre agli scali marittimi di San Pedro de Macorís e di La Romana, adibiti prevalentemente all'esportazione di zucchero e di banane.

Territorio: ambiente

Altimetria e precipitazioni influiscono sull'ambiente vegetale, che si presenta piuttosto diversificato. Si hanno in prevalenza foreste tropicali con essenze pregiate (mogani tra cui il caoba, cedri ecc.) sugli umidi versanti settentrionali delle catene montuose e nelle regioni orientali, mentre sui rilievi interni prevale la foresta di pini caribici e non mancano terreni degradati a prato e utilizzati come pascolo; nelle zone più aride occidentali e meridionali si trova invece una savana assai povera, con cactacee e altre formazioni xerofile. L'abbattimento delle foreste per far posto alle piantagioni di caffè, cacao, banane e canna da zucchero e per lo sfruttamento del legname, particolarmente intenso dagli anni Sessanta agli anni Ottanta del XX secolo, hanno causato la perdita di una grossa porzione del manto boschivo che ricopre ormai poco più di un quarto della superficie del Paese. La deforestazione ha provocato inoltre l'aumento dell'erosione del suolo; nel corso delle alluvioni seguite agli uragani (2004) le colate di fango e di detriti, in mancanza delle dighe naturali costituite dai boschi, hanno travolto migliaia di abitazioni. La fauna locale conta numerose specie di rettili, in particolare la lucertola Jaragua (il più piccolo rettile al mondo); uccelli, quali fregate, pellicani, aironi, sterne, parrocchetti di Hispaniola, picchi, corvi, uccelli delle palme; mammiferi di terra e marini e pesci. Oltre alle tartarughe, ai serpenti, ai piccoli quadrupedi che popolano anche le altre isole dei Caraibi sono qui presenti in grande quantità le megattere, che ogni inverno affrontano un viaggio di migliaia di chilometri per raggiungere le acque nei pressi della penisola di Samaná per il corteggiamento e la riproduzione. Le numerose strutture turistiche localizzate sulle coste e le imbarcazioni che attraversano queste acque sono una fonte di inquinamento e mettono in pericolo l'ecosistema di questi e altri animali marini. La legge del 2000 sulle aree protette prevede la promozione della salvaguardia delle aree naturali di interesse locale e dei numerosi parchi (di cui 20 nazionali) che si trovano nella Repubblica Dominicana. Le aree protette costituiscono il 20,8% della superficie del Paese. L'area di Jaragua-Bahoruco-Enriquillo, dichiarata Riserva della biosfera e del lago Enriquillo, che rientra nel progetto Ramsar, la convenzione per le zone umide di interesse internazionale.

Economia: generalità

Interessata da una recente trasformazione economica, che ha visto il progressivo declino delle tradizionali attività agricole a fronte della crescita del settore terziario, incentivato soprattutto grazie al turismo, il Paese ha conosciuto nel corso degli anni Novanta uno sviluppo particolarmente intenso, che l'ha reso un modello per le economie dei Paesi confinanti. Il PIL nazionale è cresciuto, in quegli anni, al ritmo del 5% annuo, per attestarsi, nel 2008, a circa il 10% (45.597 ml $ USA, con un PIL pro capite in netta crescita, pari a 5.122 $ USA). I primi anni del nuovo millennio sono stati tuttavia caratterizzati da una flessione economica piuttosto significativa, alimentata in massima parte dalla profonda crisi del 2001 e dalle conseguenti tensioni internazionali. A risentirne sono stati in primo luogo il settore turistico e quello energetico. Costretto a drastiche misure di contenimento per il crescere dell'inflazione, della disoccupazione e della svalutazione della moneta, il governo si è impegnato, di fronte agli organismi internazionali, per la promozione di politiche economiche appropriate, al fine di stabilizzare la moneta e migliorare le condizioni strutturali di finanza e istituzioni politico-economiche. Grazie ai provvedimenti intrapresi (a partire da una restrittiva politica monetaria e da cambi più flessibili) è stato possibile rivalutare la moneta e contenere il debito verso i Paesi esteri; non solo, ma anche l'inflazione e la disoccupazione hanno subito una significativa battuta d'arresto, stabilizzandosi, rispettivamente, intorno al 7,6% e al 16% (2006). Rappresenta però ancora un grave ostacolo per un autentico sviluppo dell'economia del Paese la pesante dipendenza dagli Stati Uniti: questo legame ha ostacolato, da un lato, la reale ristrutturazione del settore agrario (in cui permane il primato della monocoltura della canna da zucchero, una delle principali produzioni finalizzate all'esportazione sui mercati statunitensi, a detrimento di altri prodotti destinati al consumo interno della popolazione) e, dall'altro, continua a sbilanciare gli equilibri del settore a causa della massiccia presenza sul territorio delle aziende multinazionali, che rappresentano di fatto le vere leve economiche del Paese.

Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca

Benché sia la struttura portante dell'economia, l'agricoltura è un'attività per vari aspetti poco redditizia: scarsamente meccanizzata e particolarmente vulnerabile rispetto ai fenomeni naturali, essa ha subito nel corso del tempo un progressivo impoverimento. Praticata su un terzo del territorio, tale pratica ha conosciuto come in tutti i Paesi a prevalente economia di tipo neocoloniale, due tipi di organizzazione territoriale e di sviluppo. Da un lato, le grandi piantagioni, in cui si coltivano con tecniche moderne e largo impiego di capitali i prodotti destinati all'esportazione: canna da zucchero (la cui coltivazione è diffusa nella pianura costiera meridionale, da Barahona a La Romana, e in quella settentrionale nella provincia di Puerto), caffè, cacao, tabacco, banane, che risentono dell'andamento dei prezzi internazionali. Dall'altro, i prodotti destinati all'autoconsumo interno, coltivati in piccole e medie proprietà, tra cui spiccano i cereali (riso e mais), la manioca la patata dolce (batata) e vari ortaggi. Rivestono inoltre una certa importanza locale le noci di cocco, le arachidi, gli agrumi, il cotone, l'agave sisalana e il sesamo. § Cospicuo è il patrimonio forestale, esteso su circa un quarto del territorio nazionale; le foreste forniscono essenze pregiate (mogano, cedro), che alimentano un'elevata produzione annua di legname; si ricavano anche sostanze coloranti. § Benché il Paese possegga ricchi pascoli (40% del territorio è ricoperto di prati), l'allevamento non è molto sviluppato, così come poco praticata e del tutto insufficiente è la pesca. Il settore primario occupa, complessivamente, una quota sempre minore di popolazione attiva, ridottasi al 14,9% nel 2006, e partecipa per meno di un decimo alla formazione del PIL.

Economia: industria e risorse minerarie

Gli altissimi costi delle importazioni petrolifere hanno reso particolarmente difficile l'espansione del settore energetico e di conseguenza delle attività industriali. Prevalgono le aziende medie e piccole, spesso a livello artigianale: sono del tutto assenti i comparti di base. L'attività manifatturiera è quasi unicamente limitata alla trasformazione dei prodotti agricoli locali, annoverando perciò zuccherifici, distillerie di alcol e di rum, manifatture di tabacchi, cotonifici, oleifici, birrifici; si hanno inoltre alcuni cementifici, piccoli stabilimenti chimici e fonderie, fabbriche di mobili, calzaturifici ecc.; un certo successo ha ottenuto l'apertura di una quarantina di “zone franche”, in cui il commercio dimostra una maggiore dinamismo. § Svariate e spesso abbondanti sono le risorse minerarie, ma attualmente vengono adeguatamente sfruttati solo i giacimenti di minerali nichel-ferrosi, oro e salgemma. Il settore è entrato in crisi a seguito della chiusura degli impianti dell'ALCOA (Aluminium Corporation of America), che fino al 1984 ha detenuto il monopolio dell'estrazione della bauxite, prima risorsa mineraria del Paese. Complessivamente, il settore secondario occupa poco più di un quinto della popolazione e partecipa per un terzo alla formazione della ricchezza nazionale.

Economia: commercio e comunicazioni

Il settore terziario rappresenta, dopo il lento declino delle attività agricole, la principale risorsa economica del Paese: esso impiega il 63% della popolazione attiva e produce il 57,7% del PIL (2006), in massima parte grazie ai proventi derivanti dal turismo, incentivato anche a livello governativo. La bilancia commerciale registra un netto passivo: l'interscambio si svolge principalmente con gli Stati Uniti, seguiti dal Venezuela, Colombo e Messico, per quanto riguarda le importazioni (petrolio, macchinari, generi alimentari). L'export invece, diretto per oltre i due terzi verso gli Stati Uniti, riguarda principalmente zucchero, ferro, nichel, colture da piantagione (caffè, cacao e tabacco, sigari in particolar modo) e metalli preziosi. Dal dicembre 1989 la Repubblica Dominicana è entrata nel gruppo di Paesi che godono degli accordi previsti dalla CEE con la IV Convenzione di Lomè. Fondamentali per l'economia del Paese risultano essere anche le commesse degli emigranti. § La rete delle vie di comunicazione raggiunge un discreto livello, in particolare per il sistema stradale, che si sviluppa complessivamente per 12.600 km (2000) e si basa su tre principali arterie stradali, che si diramano dalla capitale verso le regioni settentrionali e occidentali; le ferrovie, il cui sviluppo raggiunge i 1743 km, sono praticamente al servizio delle grandi piantagioni, provvedendo al trasporto dei prodotti agricoli, in particolare lo zucchero, ai centri portuali d'esportazione. Il maggiore sbocco marittimo del Paese è il porto di Santo Domingo, modernamente attrezzato, per il quale passa quasi tutto il movimento commerciale con l'estero; la capitale è inoltre servita dall'importante aeroporto internazionale di Punta Caucedo (tra gli altri scali: Puerto Plata e La Romana).

Storia

La storia della Repubblica Dominicana è, fino al 1697, comune a quella di tutta l'isola Hispaniola, della quale occupa la parte orientale. Nel 1492, quando fu esplorata da Cristoforo Colombo, l'isola era abitata da popolazioni caribiche che opposero un'eroica quanto fiera resistenza ai tentativi di occupazione spagnola. Dovettero però cedere alla forza distruttiva delle armi spagnole e furono presto decimate da feroci repressioni e dalle malattie importate dagli spagnoli, tanto che, cinquant'anni dopo, quando si volle colonizzare la regione furono importate popolazioni dall'Africa. Con il Trattato di Rijswick (1697) la Spagna fu costretta a cedere la metà occidentale dell'isola alla Francia. Da allora le due parti dell'Hispaniola acquistarono due caratteri ben distinti: mentre la parte francese fu popolata quasi esclusivamente da neroafricani (Haiti), la parte spagnola mantenne il carattere creolo di tutte le colonie spagnole. Nel 1795, con il Trattato di Basilea, anche la parte orientale dell'isola fu ceduta alla Francia e nel 1801 il leader nero di Haiti, Touissant Louverture, occupò Santo Domingo e unificò il governo di tutta l'isola. I creoli però non si rassegnarono alla dominazione haitiana e, con l'aiuto britannico, si ribellarono. Cacciati i francesi, i dominicani, sotto la guida di José Nuñez de Cáceres, proclamarono nel 1821 l'indipendenza e si diedero una Costituzione. Nel 1822 il presidente haitiano J.-P. Boyer riconquistava Santo Domingo e solo nel 1844 i dominicani potevano ottenere nuovamente l'indipendenza a opera della società segreta La Trinitaria, fondata dal patriota J. P. Duarte. Ancora sotto la minaccia di Haiti, essi tuttavia chiesero aiuto alla Spagna (1861), che cercò di riannetterla come colonia. Ma i dominicani non sopportarono il nuovo dominio e nel 1865 se ne liberarono per sempre. La vita economica della piccola Repubblica però era tutt'altro che prospera, al punto che, nel 1904, Belgio, Francia e Italia minacciarono la sua occupazione per la riscossione di crediti che vantavano; ne approfittarono gli Stati Uniti, che occuparono il Paese fino al 1924. Dopo il ritiro delle truppe statunitensi si ebbe un breve periodo di calma relativa, ma nel 1930 salì alla presidenza il dittatore R. L. Trujillo Molina, che nel 1961 venne abbattuto dall'opposizione. Il periodo successivo alla caduta di Trujillo Molina aprì un'agitata fase di assestamento. L'economia era basata sull'esportazione dello zucchero e perciò molto vulnerabile: il compito di ammodernamento del Paese si presentava arduo. Le prime elezioni libere si tennero nel 1962: furono vinte da J. Bosch, capo del Partito Rivoluzionario Dominicano, di tendenza progressista; Bosch fu però deposto nel 1963 da un colpo di Stato dei militari che si opponevano al suo piano di riforme. Due anni dopo, il popolo, spalleggiato da un settore dell'esercito, insorse per riportarlo al potere. Gli Stati Uniti, temendo una “nuova Cuba”, inviarono a Santo Domingo alcune migliaia di marines. Fallita la rivolta, le truppe di Washington si ritirarono. Il 1º giugno 1966 ebbero luogo le elezioni per la scelta del nuovo presidente della Repubblica: le vinse, con un'esigua differenza di voti, contro Bosch, il conservatore Joaquín Balaguer (riconfermato nel 1970), compromesso con gli ambienti del trujillismo. La presidenza di Balaguer – riconfermato nel 1974 – lasciò le leve del potere nelle mani dei ceti economicamente e finanziariamente privilegiati. In queste condizioni il 16 maggio 1978 si svolsero le nuove elezioni: dopo alcuni giorni di incertezza, che sembrava dovessero sfociare in un ennesimo golpe, il governo ammise la sconfitta di Balaguer, che si era appunto ripresentato, sanzionando la vittoria di Antonio Guzmán Fernández del Partito Rivoluzionario Dominicano (PRD). Nel luglio 1982 Guzmán Fernández si suicidò dopo essere stato accusato di frode ai danni dello Stato. Nell'agosto fu eletto presidente Salvador Jorge Blanco, un socialista del PRD; ma nel 1986 dovette lasciare la carica a Balaguer, tornato alla vittoria. Il nuovo governo, dopo aver eliminato dalle strutture amministrative e militari taluni alti funzionari responsabili di corruzione (così come l'ex presidente), adottò severe misure di austerità (riduzione dei dipendenti pubblici, aumenti delle tariffe ecc.), causa di largo malcontento e di forti agitazioni sindacali. Nonostante ciò l'opposizione politica non fu in grado di sconfiggere alle elezioni il Partito Riformista Socialcristiano (PRSC) che manteneva la maggioranza nel 1990 e nel 1994 mentre il suo leader, Balaguer, veniva confermato alla presidenza. Buone affermazioni ebbero anche il Partito Rivoluzionario (PRD) e il Partito della Liberazione. Le precarie condizioni di salute di Balaguer lo costringevano ad accettare la riduzione del mandato presidenziale da quattro a due anni. Le elezioni del 1996 decretavano la vittoria di Leonel Fernandez, appartenente al Partito della Liberazione Dominicana (PLD), ma i due partiti dell'opposizione (PRSC e PRD), grazie a un compromesso che consentiva loro il controllo di entrambe le Camere, di fatto impedirono al Presidente di mantenere gli impegni elettorali. Alle successive elezioni, svoltesi il 16 maggio 1998, il PRD, all'apice del consenso popolare, registrava la maggioranza assoluta dei seggi. Il Partito Rivoluzionario Dominicano risultava vincitore anche alle elezioni del maggio 2000, formando un governo presieduto da Rafael Hipólito Mejía Domínguez. Le elezioni presidenziali svoltesi nel 2004 venivano vinte dal candidato del Partito della Liberazione Dominicana, Leonel Fernandez. Nelle elezioni legislative del maggio 2006 il PLD vinceva con il 52.4% dei voti e il PRD otteneva il 21.9%. Nel maggio 2008 si svolgevano le elezioni presidenziali che riconfermavano la presidenza a L. Fernández del partito liberale con il 53% dei consensi, mentre nel maggio del 2010 le elezioni politiche e amministrative vedevano la vittoria del partito al governo, il PLD.

Cultura: generalità

L'aspetto che prevale nel variopinto mondo caribico della Repubblica Dominicana non va ricercato nella letteratura, per quanto ricca e apprezzata anche fuori dai confini, così come esso non si ritrova nelle arti figurative, seppure al centro di un'evoluzione che ha permesso loro di emergere nel contesto dell'America centromeridionale; senza dubbio, la caratteristica che connota l'intera sfera culturale dominicana è rappresentata dalla contagiosa intensità con cui la popolazione dell'isola sente e partecipa a ogni occasione di festa. Sembra che niente possa scalfire l'urgenza di danzare, suonare e condividere una tavola, un sorso di rhum o uno dei forti caffè a cui i dominicani non rinunciano mai. Probabilmente è il frutto delle tracce lasciate nel patrimonio genetico della nazione da indigeni, europei, africani e statunitensi, una combinazione i cui esiti sono visibili anche nell'architettura, in particolare nella città coloniale di Santo Domingo, la zona della capitale che l'UNESCO ha inserito nel 1990 tra i patrimoni dell'umanità. A quest'area si aggiungono poi chiese e musei che rendono la città, la prima a essere fondata dagli europei, una meta di interesse a tutto tondo.

Cultura: tradizioni

Tutto il patrimonio artistico e folcloristico di questo Paese ne rivela la duplice origine creola e africana; tra gli aspetti sostanziali della cultura dominicana si ritrova l'influsso esercitato dal cattolicesimo, anche se, dal punto di vista religioso, persistono nel Paese superstizioni e formule magiche. Musica e danza conservano diverse influenze indie, oltre che spagnole e africane. Tra le danze, si ricordano tra le più popolari la tumba e la merengue, assurta nel 1850 alla dignità di ballo nazionale, a cui sono dedicati due festival di grande richiamo per tutta l'area caribica. Momento migliore per apprezzare il colorato mondo della danza dominicana è certamente il carnevale, celebrato secondo usi diversi in decine di località dell'isola (da Santo Domingo a Santiago, da La Vega a Salcedo). Il piatto nazionale dominicano è il sancocho, minestra densa con carne, legumi, erbe tropicali, origano; molto diffusi sono anche la bandera, anch'essa a base di riso, fagioli, carne e verdure e il chicharrone, composto di pezzi di pollo e banane fritti. Tipici alcuni dolci, simili alle empanadas dell'America Meridionale. Bevanda nazionale è il caffè, preparato fortissimo ma sono diffusi anche rhum, birra, mabi e pru (le ultime due ottenute dalla fermentazione di una pianta tropicale). Frequente è l'abitudine di consumare queste bevande con un buon sigaro di cui la Repubblica Dominicana produce numerose qualità, apprezzate in tutto il mondo. Lo sport nazionale è il baseball, molto seguito e praticato nel Paese, al punto che numerosi giocatori dominicani figurano tra i più famosi e apprezzati titolari del campionato professionistico statunitense.

Cultura: letteratura

Prima capitale dell'impero spagnolo d'America, Santo Domingo ebbe presto tribunale, arcivescovado, conventi e seminari (vescovo fu anche l'umanista italiano Geraldini) e una notevole attività culturale. Vi risiedettero scrittori spagnoli quali Las Casas, Fernández de Oviedo, Eugenio Salazar e, all'inizio del Seicento, Tirso de Molina. Qualche “ingegno” locale (Castro, Martínez, Jarque, Morell de Santa Cruz) produsse versi e prose. Poi l'isola decadde e rimase semideserta. L'indipendenza (1844) non portò certo la pace, ma consentì una discreta fioritura letteraria con i poeti Manuel M. Valencia (1810-1870), Javier Angulo Guridi (1816-1884), primo romantico e propulsore del teatro nazionale (dramma Iguaniona, 1867), Félix María del Monte (1819-1899), forse il più personale di tutti, José J. Pérez (1845-1900), che cantò temi civili e “indianisti”, e Salomé Ureña de Henríquez (1850-1897), poetessa (Anacaona, 1880) e insigne educatrice. Fra i prosatori si distinsero Nicolás Ureña (1822-1875), magistrato e pubblicista, Esteban Pichardo (1799-1879) e specialmente Manuel de Jesús Galván (1834-1910), il cui romanzo storico Enriquillo (1879-82) resta fra i migliori ispano-americani del XIX sec.. Il teatro fu coltivato da F. J. Foxá, M. de J. Rodriguez, F. G. Billini, J. F. Pellerano e qualche altro. Nel Novecento emergono fra i poeti Osvaldo Bazil (1884-1946), Luis Muñoz Rivera (1859-1916), Gastón F. Deligne (1861-1913), autore di forte personalità (Galaripsos, 1908 e 1946), A. B. Pellerano (1865-1916), noto anche come commediografo, il fecondo ed elegante Fabio Fiallo (1866-1942), lirico e narratore, come Apolinar Perdomo (1882-1918); fra i prosatori: M. Fernández Juncos (1846-1928), narratore di costumi, Manuel Zeno Gandía (1885-1930), buon romanziere verista, Tulio M. Cestero (1877-1955), F. García Godoy (1857-1924), narratore e critico, e i pubblicisti e saggisti A. Lugo, Federico Henríquez, M. A. Garrido e M. F. Cestero. Successivamente si sono imposti, fra altri, il poeta Manuel del Cabral (1907-1999), uno dei più originali dell'America spagnola, che nel 1974 ha pubblicato anche il romanzo El presidente negro, il saggista Pedro Henríquez Ureña (1884-1946), maestro di critica storica e filologica, il fratello Max Enríquez Ureña, poeta e critico, il commediografo F. A. Pellerano (1889-1933) e il narratore e saggista Juan Bosch (1909-2001), noto anche come uomo politico democratico. Le generazioni successive annoverano poeti e narratori di qualche merito, quali Antonio Fernández Spencer (1923-1995), Ramón Francisco, poeta, narratore e saggista, Armando Almánzar (n. 1935), Aída Cartagena Portalatín (1918-1994), cofondatrice del romanzo sperimentale con Bosch, Marcio Veloz Maggiolo (n. 1936), accademico noto anche come saggista e drammaturgo, Diógenes Valdez (n. 1941), Miguel Alfonseca (1942-1944), José Alcantara Almánzar (n. 1946). Dopo una fase di transizione tra gli anni Settanta e Ottanta, cui si legano i nomi dei poeti José Enrique García (n. 1948) e Cayo Claudio Espinal (n. 1955), gli ultimi due decenni del Novecento vedono emergere alcuni poeti che prendono le distanze dalle tematiche e dalle forme dei predecessori, e affrontano temi quali l'eros e la morte. Tra i più significativi, Plinio Chahín, Dionisio de Jesús (n. 1959), José A. Peña (n. 1964). La prosa non raggiunge i livelli della lirica, proponendo pochi nomi nuovi di rilievo (A. L. Mateo, n. 1946). Importante, per la letteratura dominicana, la separazione tra romanzo e racconto, genere, questo, più florido, che sul finire del Novecento ha proposto i nomi di C. Zapata, Pedro Peix (n. 1952), autore per altro anche di romanzi, Pedro A. Valdez (n. 1968), J. Acosta. Tra i maggiori saggisti e critici si citano B. R. Candelier (n. 1941), D. Cépedes (n. 1941), Maria Ugarte (n. 1914) cui è andato, negli anni più recenti, il più prestigioso premio letterario nazionale. Per quanto riguarda il teatro, un avvenimento di rilievo è stato senz'altro la creazione del Teatro Universitario per iniziativa di Máximo Avilés Blonda (n. 1931). Prezioso anche il contributo di Iván García Guerra (n. 1938), che ha messo in scena testi di diffusione internazionale, tra cui alcune opere di Fernando Arrabal.

Cultura: arte

Del periodo precoloniale non si hanno testimonianze di attività artistica. Con l'arrivo degli spagnoli, si trasferirono nell'isola il gusto e lo stile dominanti nella Penisola Iberica tra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI. Santo Domingo, fondata nel 1498, divenne il centro dell'arte e della cultura, le cui espressioni si rivelano nell'architettura gotica e barocca che impronta di un'originalità tipicamente spagnola chiese, cappelle e altari. Soltanto nel XVIII secolo i gesuiti volsero, nella costruzione delle loro missioni, a uno stile sobrio e severo. Di arte figurativa nazionale, scevra quindi dalle forti ascendenze spagnole e cattoliche dell'epoca coloniale, si può parlare a partire dal XIX secolo, quando l'indipendenza diviene il volano per la creazione di un'identità nazionale. Sul finire del secolo si fanno notare artisti quali A. Piñeyro, R. Urdaneta o García Godoy. La prima metà del Novecento, in cui si diffondono sia le tendenze avanguardiste di ispirazione europea sia quelle volte a un consolidamento delle rappresentazioni legate alla gente e ai paesaggi dominicani, è dominata dalle figure di Joryi Morel (1906-1979), Darío Suro (1917-1998) e Celeste Woss y Gil (1890-1985), formatasi nella Scuola nazionale di belle arti, fondata da Trujillo e rimasta fino a oggi l'istituzione più importante per le arti. L'espressionismo di Ramón Oviedo (n. 1927) e José Rincón Mora segna gli anni centrali del secolo, insieme alle opere di Ada Balcácer, mentre negli ultimi decenni si aprono spazi per l'astrattismo e il minimalismo; fra i contemporanei emergono, tra gli altri, Belkys Ramírez, Carlos Santos, Marcos Lora.

Cultura: musica

Come in tutta l'area caribica e come è avvenuto per la danza, la musica popolare presenta influenze afro, spagnole e indiane, rielaborate però con originalità. Poche sono le notizie sulla musica degli aborigeni e non si sa pertanto quanto permanga di effettivamente originario. Mentre l'apporto spagnolo appare evidente nella musica religiosa, la presenza afro si è imposta negli strumenti e nei ritmi. Ricchissimo è il patrimonio strumentale tradizionale: cimbali, palitos (bastoncini), maracas, guito, mariba dominicana, flauto di Castiglia, pandereta, fututo ecc. Dall'inizio del secolo è pure presente la fisarmonica; sono frequenti vari tipi di strumenti a corda e chitarre. La tradizione musicale colta iniziò con la colonizzazione. Nel 1512 furono costituiti, con cantori e organisti, i capitoli delle cattedrali di Santo Domingo e di La Vega; dal 1538, con la fondazione a Santo Domingo dell'Università di S. Tommaso, l'insegnamento della musica fu reso obbligatorio presso la facoltà di Arte. Il periodo aureo, in cui furono ammirati cantori e maestri di musica come Jorge de Viguera, Juan Marqués e Rodrigo Quijada (metà del XVI secolo), fu di breve durata. Nel 1586 Francis Drake bruciò Santo Domingo e andarono perduti gli stupendi organi della cattedrale. Fu l'inizio della decadenza e si dovette aspettare il XIXsecolo e Juan Bautista Alfonseca de Baris, autore di opere religiose e del Himno de la Independencia, per una rifioritura che volse presto verso la musica e la canzone creole, in cui si distinsero José Julio Acosta, Bernardino Barba e Juan Francisco Pereyra.

Bibliografia

Per la geografia

G. E. Rogers, Human Resources of the Dominican Republic, Santo Domingo, 1962; J. Bosch, The Dominican Republic, San Juan, 1964; H. Blume, Die Westindischen Inseln, Braunschweig, 1968; R. W. Logan, Haiti and the Dominican Republic, Londra, 1968: J. Bell, The Dominican Republic, Londra, 1980; A. Ortiz, Economy of the Dominican Republic, Washington, 1986.

Per la storia

A. Hicks, Blood in the streets. The Life and Rule of Trujillo, New York, 1946; R. Pattee, La República Dominicana, Madrid, 1967; A. Thomas, The Dominican Republic Crisis 1965, Dobbs Ferry, 1967; A. Corten, Cambio social en Santo Domingo, Puerto Rico, 1968; J. Slater, Intervention and Negotiation: The United States and the Dominican Revolution, New York, 1970; G. P. Atkins, Arms and Politics in the Dominican Republic, Londra, 1981; J. K. Black, The Dominican Republic: Politics and Development in an Unsovereign State, Londra, 1986; C. Gandolfo, Santo Domingo, Milano, 1988.

Per la letteratura

J. Balaguer, Historia de la literatura dominicana, Ciudad Trujillo, 1958; N. Contín Aybar, Historia de la literatura dominicana, 3 voll., San Pedro de Macoris, 1982-84; S. Bertocci, Culture e letterature dei Caraibi, Roma, 1985.

Per il folclore

A. J. Gesualdo, El folklore dominicano, Santo Domingo, 1983.

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