autobiografìa

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Lessico

sf. [sec. XIX; auto-+biografia]. Forma particolare di biografia, in cui l'autore narra e interpreta le esperienze da lui vissute. Nell'autobiografia la storiografia e la narrativa trovano il loro punto di convergenza: alla storiografia l'autobiografia si riallaccia in quanto priva della finzione tipica del procedimento narrativo e centrata sull'interpretazione dei fatti, mentre della narrativa conserva la ricchezza psicologica e la prospettiva finalizzatrice, che attribuisce retrospettivamente un significato preciso a un'esistenza.

Profilo storico

A differenza delle memorie, che si limitano a fornire un ragguaglio su circostanze esteriori, ambientali o storiche, connesse alla vita dell'autore, o del diario intimo che, viceversa, si svolge in uno scandaglio della coscienza, prescindendo, in genere, dalla concreta realtà ambientale, l'autobiografia, intesa in senso stretto, presuppone un nesso della vita interiore dell'autore con le convinzioni ideologiche e le condizioni sociali di un determinato momento storico, tuttavia il carattere delle testimonianze autobiografiche del mondo antico, che variano dalla cronaca romanzata delle Avventure di Sinûhe, gioiello della letteratura egiziana, al rendiconto in chiave apologetica delle proprie gesta (dall'Anabasi di Senofonte ai Commentari di Cesare). Un rinnovamento del genere autobiografico è operato dal cristianesimo, con il suo richiamo all'interiorità e all'introspezione: le Confessioni di Sant'Agostino costituiranno a lungo un modello esemplare di autobiografia ascetica, che influirà in modo decisivo sulla formazione di numerosi intellettuali (basti ricordare il Petrarca del Secretum). È però con la “scoperta dell'uomo”, verificatasi nel Rinascimento, che l'autobiografia assume il suo peculiare valore di rispecchiamento, nella vita di un singolo, dei fermenti di un'intera epoca; la Vita di B. Cellini, per esempio, è non solo la trasfigurazione in chiave eroica di una straordinaria personalità, ma l'esemplare testimonianza dell'adorazione dell'arte che fu propria del “secolo d'oro” delle nostre lettere. Al trionfalismo ottimistico del Cellini si contrappone la saggezza scettica e rinunciataria dei Ricordi del Guicciardini, alti esempi di autobiografia morale, mentre intanto la Riforma inserisce nuovi germi che, trapiantati sul terreno dell'autobiografia, daranno frutti rigogliosi, dal Nemo di U. von Hutten alle Memorie dell'ugonotto A. d'Aubigné, dal diario di G. Fox, fondatore della Chiesa dei quaccheri, a quello di J. Wesley, fondatore del metodismo; ma anche la Controriforma fornisce, con il Libro della sua vita di Santa Teresa d'Ávila, una suggestiva e fremente confessione spirituale. Non è senza significato la nascita a Ginevra, roccaforte del calvinismo, di J. J. Rousseau che, con la bruciante sincerità delle sue Confessioni, propone alla sensibilità europea un nuovo modello di autobiografia. Come Rousseau, ma libero da ogni preoccupazione religiosa, si rivela a nudo nei suoi Mémoires G. G. Casanova, mentre nell'opera omonima il Goldoni traccia con serenità distaccata e tranquilla la storia della sua vocazione al teatro. Il secolo romantico, preannunciato, in campo autobiografico, dalla Vita scritta da esso di V. Alfieri, aspira a un'idealizzazione dell'autobiografia, intesa non più come abbandono al flusso dei ricordi, ma come ricapitolazione di avvenimenti da contemplare nella loro totalità: Poesia e verità di Goethe è il primo esempio significativo di questo nuovo atteggiamento che nelle Memorie d'oltretomba di Chateaubriand degenera nella confessione provocante, anche se splendida, di un uomo che innalza un monumento alla sua persona. All'autobiografia del conservatore Chateaubriand si contrappone idealmente quella del rivoluzionario A. I. Herzen, Passato e pensieri, scritta, come disse Turgenev, “con le lacrime e col sangue”; mentre oltreoceano, H. D. Thoreau, con Walden, affronta in modo autobiografico il problema con la tipica morale della società industriale. Nella sterminata produzione autobiografica del nostro secolo, il confine con la storiografia da una parte e con la narrativa dall'altra tende a essere eliminato; mentre infatti le autobiografie di uomini politici, da Trotzkij a De Gaulle, assumono il valore di preziosi contributi storiografici e le tragiche esperienze dei due conflitti mondiali rivivono in autobiografie indirette come Niente di nuovo sul fronte occidentale di E. M. Remarque, o in toccanti testimonianze come il Diario di Anna Frank, nella narrativa, da Proust a Kafka, da Joyce a Musil, rifluisce copiosamente l'elemento autobiografico. Rimane tuttavia rigogliosa la produzione autobiografica in senso stretto, illuminata dall'apporto della psicanalisi e rinnovata nei contenuti e nel linguaggio da molti scrittori, tra cui basterà ricordare J. P. Sartre, con Le parole, e A. Malraux con le Antimemorie.

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