Lessico

sm. [sec. XIX; da regionale].

1) Attaccamento, forte interesse per la propria regione, per i suoi costumi e problemi, talora considerato eccessivo e contrastante con gli interessi della nazione: peccare di regionalismo.

2) Peculiarità linguistica di una determinata regione: la sua prosa abbonda di regionalismi veneti.

3) Tendenza o movimento inteso ad affermare il ruolo delle regioni, con propri poteri e originali funzioni, come articolazione fondamentale dell'ordinamento autonomo territoriale e come strumento per attuare un progressivo avvicinamento dei cittadini allo Stato.

Dottrine politiche: generalità

I principi e le motivazioni dei sostenitori del regionalismo – limitare i rischi dell'accentramento dei poteri, dare regolamentazione giuridica a situazioni profondamente diverse, secondo le varie zone del territorio statale – sono stati recepiti nelle costituzioni democratiche solo a partire dal secondo dopoguerra. L'autogoverno regionale ha trovato così realizzazioni positive, seppur profondamente diverse, per l'intero territorio nazionale o solo per zone limitate che esigevano un trattamento giuridico particolare per le loro obiettive peculiarità. Specie in Europa, si è affermata infatti una tendenza favorevole ad accogliere il regionalismo per il profilo tecnico-economico e sul piano funzionale ma con sbocchi limitati per quanto riguarda l'autogoverno locale. In Francia, per iniziativa di De Gaulle, furono create, nel 1960, 21 “circoscrizioni d'azione regionale”; l'ordinamento venne perfezionato nel 1964 da altri tre decreti presidenziali. Successivamente, un progetto legislativo tendente alla formazione di regioni con ampi poteri ma di carattere schiettamente tecnocratico, proposto in referendum nel 1969, non venne però approvato ed ebbe come conseguenza le dimissioni di De Gaulle dalla presidenza della Repubblica. A criteri regionalistici si ispira anche il sistema della Germania, divisa in 16 Länder. Molte analogie con il sistema tedesco presenta quello dell'Austria. Tuttavia, esigenze di decentramento si sono affermate anche nei Paesi extraeuropei.

Dottrine politiche: Italia

In Italia, il regionalismo è sorto dopo la sconfitta del federalismo come reazione e tentativo di correzione dell'unificazione legislativa, amministrativa ed economica che caratterizzò la formazione dello Stato unitario nel periodo risorgimentale. Inizialmente fu sostenuto da una minoranza di liberali (M. Minghetti), dai repubblicani – che si rifacevano alla dottrina e alle posizioni di Cattaneo – da gruppi ed esponenti cattolici, ma senza esiti positivi. La prima struttura regionale a livello della pubblica amministrazione fu costituita solo dal Commissariato civile per la Sicilia (1896) cui seguì la rivendicazione dell'autonomia regionale dell'isola da parte dei socialisti palermitani. Nei primi anni del Novecento furono sostenitori del regionalismo G. Salvemini e don Luigi Sturzo impegnati, seppur su posizioni diverse e con differenti obiettivi, nella battaglia autonomistica e nella definizione di programmi di decentramento imperniati su una progressiva configurazione della regione. Nel primo dopoguerra, il regionalismo fu sostenuto dal Partito Popolare Italiano, dal Partito Sardo d'Azione (interprete e rappresentante di un movimento di contadini ex combattenti, di scarsi nuclei operai e di piccola borghesia rurale), dai repubblicani – intorno a O. Zuccarini – e da un gruppo di scrittori politici che motivarono l'opposizione al regime fascista anche sotto il profilo delle tesi del decentramento e delle autonomie. Dopo la II guerra mondiale e la guerra di liberazione, l'Assemblea Costituente, anche in considerazione della composizione del nostro Paese e dei fattori etnici, storici e geografici, privilegiò le regioni riconoscendo loro rilievo costituzionale. Sostenute dai democristiani, avversate dai comunisti e dai socialisti, nella fase costituente, le tendenze regionalistiche, rafforzatesi dopo la caduta del fascismo e motivate anche come contrapposizione alla politica autoritaria e fortemente centralizzatrice del “ventennio nero”, trovarono un riconoscimento formale nella Costituzione repubblicana. Essa, infatti, riconosce e promuove le autonomie locali e impone di adeguare “i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento” (art. 5 della Costituzione). L'istituto regionale venne però realizzato solo con le elezioni regionali del 7 giugno 1970, dopo un lungo periodo di inadempienza e dopo un acceso dibattito e ripetute polemiche della sinistra contro la DC e una strenua opposizione da parte della destra.

Bibliografia

Autori Vari, Sintesi storica dell'autonomia regionale in Italia, Roma, 1957; H. Detton, L'administration régionale et locale de la France, Parigi, 1957; W. E. Jackson, Local Government in England and Wales, Middlesex, 1959; H. Jacob, German Administration since Bismarck. Central Authority versus Local Autonomy, New Haven-Londra, 1963; E. Rotelli, L'avvento della regione in Italia, Milano, 1967; T. Flory, Le mouvement régionaliste français. Sources et développement régional, Grenoble, 1968; F. Bassanini, L'attuazione delle Regioni, Firenze, 1970; E. Santarelli, Dossier sulle regioni, Bari, 1970; P. Armaroli, Gli Statuti delle Regioni, Firenze, 1971; P. Villani, Il potere locale. Regioni, province e comuni in Italia, Milano, 1971; L. Lagorio, Una regione da costruire, Firenze, 1974; M. Fedell, Autonomia politica regionale e sistema dei partiti. Le forme politiche del regionalismo, Milano, 1988.

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