Gianni Brera, il paroliere del calcio

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Un maestro del giornalismo sportivo italiano, capace di inventare neologismi e soprannomi entrati nel glossario calcistico e nell’immaginario collettivo. Ripercorriamo la sua carriera.

Gianni Brera è stato uno dei più grandi giornalisti che la stampa sportiva italiana abbia mai avuto. Inventore di soprannomi entrati nell’immaginario collettivo e di neologismi diventati parte del glossario calcistico, così come protagonista di accese polemiche con giocatori e colleghi, Brera era un giornalista sui generis. Aveva le sue idee ed era sempre pronto a difenderle, magari davanti a un bicchiere di rosso del suo adorato Oltrepò Pavese.

Chi era Gianni Brera

Grazie a un’eccezionale inventiva e alla padronanza della lingua italiana, Gianni Brera (all'anagrafe Giovanni Luigi Brera) ha lasciato una profonda impronta sul giornalismo sportivo italiano del XX secolo, portando cronaca e critica sportiva ad assumere una dignità mai vista prima. 

Una vita nel segno del giornalismo e dello sport

«Sono nato l'8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, e cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti [...] Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po». Così si raccontava Brera, di cui ripercorriamo la vita e la carriera di un giornalista inarrivabile.

Gli esordi precoci

A 16 anni inizia a scrivere articoli sul campionato della "Sezione Propaganda" per la rivista milanese Lo schermo sportivo. A 17 viene assunto dal Guerin Sportivo, settimanale per il quale segue la Serie C. Successivamente, nel 1943, si laurea in scienze politiche all'università di Pavia.

La guerra

Durante la seconda guerra mondiale si arruola volontario nel corpo dei paracadutisti, scrivendo per l'ufficio propaganda del Corpo: i suoi articoli vengono pubblicati anche sul Popolo d'Italia. Dopo l'armistizio dell’8 settembre 1943 fugge in Svizzera, dove finisce internato in un campo di lavoro per profughi italiani: qui entra in contatto con alcuni esponenti della Resistenza, per poi partecipare al movimento partigiano.

La Gazzetta dello Sport

Nel 1945 entra alla Gazzetta dello Sport, chiamato da direttore Bruno Roghi. Propone di scrivere di calcio o pugilato, i due sport che più ama e conosce: gli viene invece assegnata l'atletica leggera. Nel 1949 la Gazzetta lo manda come inviato speciale al Tour de France. All’epoca il ciclismo è lo sport nazionale, più seguito del calcio: grazie alle sue cronache il quotidiano vende un incredibile numero di copie e, all’età di 30 anni, gli viene offerta la posizione di direttore. Si dimette dalla direzione della Gazzetta nel 1954, a seguito di frizioni con la proprietà.

Il Giorno

Nel 1956 viene chiamato a dirigere la redazione sportiva del neonato quotidiano Il Giorno: grazie a Brera l'edizione del lunedì con l'inserto sportivo alza le vendite di circa 40 mila copie. Rimane al quotidiano milanese fino al 1967, quando diventa direttore del Guerin Sportivo.

Il Guerin Sportivo

Quello tra Brera e il Guerin Sportivo è un rapporto che non si è mai interrotto nel tempo. Il giornalista pavese dal 1960 al 1966 ha infatti curato la celebre rubrica "Arcimatto", in cui ha risposto ai lettori, discutendo degli argomenti più disparati, dalla storia allo sport, fino alla cucina regionale. Lasciato il Guerin Sportivo nel 1973, Brera scrive nuovamente per La Gazzetta dello Sport e poi per Il Giornale, per poi passare nel 1982 a Repubblica. In questi anni compare spesso in tv, nelle trasmissioni La Domenica Sportiva e Il processo del lunedì, mentre per Telelombardia conduce L'Accademia di Brera.

Le collaborazioni estere

Giornalista dal valore riconosciuto internazionalmente, Brera scrive nel corso della carriera anche su diverse testate straniere, tra cui il quotidiano francese L'Équipe e quello ungherese Népszabadság.

Brera e il calcio

Brera era appassionato di boxe e imparò ad apprezzare l’atletica, scrivendo poi pezzi memorabili di ciclismo. Ma il suo vero grande amore sportivo rimase sempre il calcio. Di cui scrisse tenendo sempre alcuni punti fermi.

Filosofia calcistica

Brera lega indissolubilmente il suo nome alla filosofia calcistica del gioco all'italiana, fatto di catenaccio e contropiede. Secondo lui, per riportare il calcio azzurro ad alti livelli internazionali è necessario uno stile di gioco difensivo: gli italiani, considerati i loro limiti fisici, devono puntare sull’astuzia, economizzando le energie e beffando gli avversari con le ripartenze. Brera intraprende una vera e propria crociata a favore del difensivismo, ingaggiando un’aspra battaglia dialettica con la cosiddetta “scuola napoletana”, capitanata dall’acerrimo rivale Gino Palumbo del Corriere della Sera. Per Brera i giocatori tecnici ma poco inclini al sacrificio erano fumo negli occhi: nel corso dei decenni puntò il dito (solo per fare alcuni esempi) contro Gianni Rivera, Giancarlo Antognoni, Evaristo Beccalossi.

I neologismi di Brera

Famosi i neologismi calcistici coniati da Brera: tra essi goleador (ispirato al "toreador"), contropiede, centrocampista, melina, rifinitura, libero, ma anche uccellare, pretattica e incornare. Ma anche Eupalla, dea di sua invenzione protettrice del calcio e del bel gioco. 

I soprannomi di Brera

Altrettanto famosi i soprannomi ideati: da Abatino per Gianni Rivera, a Puliciclone per Paolo Pulici, fino a Rombo di tuono per Gigi Riva. E poi Bonimba per Roberto Boninsegna, Baron Tricchettracche per Franco Causio, Penna Bianca per Roberto Bettega, Piscinin per Franco Baresi e 
Stradivialli per Gianluca Vialli. Ma non si limitò al calcio: Brera chiamava infatti Nuvola Rossa il campione di ciclismo Felice Gimondi.

Gianni Brera romanziere

Brera ha scritto tre romanzi, tutti ambientati nella provincia pavese: Il corpo della ragassa (1969, da cui fu tratto un film dieci anni dopo), Naso bugiardo (1977) e Il mio vescovo e le animalesse (1983).

La morte

Brera muore il 19 dicembre 1992, in un incidente automobilistico sulla strada che collega Codogno a Casalpusterlengo.

Curiosità su Gianni Brera

  • Grandissimo giornalista sportivo, Brera era anche un altissimo conoscitore della materia enogastronomica. Rispondendo a un lettore su Repubblica, abbinò vini e calciatori: Franco Baresi al Brunello, Beppe Bergomi al Barolo, Paolo Maldini e Gianluca Vialli al Barbaresco, accostando poi Roberto Baggio a uno spumante.
  • Brera si definiva un tifoso del Genoa. Per il club genovese, il più antico d’Italia, coniò l’appellattivo "Vecchio Balordo" che figura oggi tra quelli con cui i tifosi chiamano affettuosamente la loro squadra. Scrisse così: «Quando il Genoa già praticava il football gli altri si accorgevano di avere i piedi solo quando gli dolevano».
  • Secondo diversi colleghi di Brera, in realtà il giornalista era in realtà un sostenitore dell'Inter, per la quale coniò l'appellativo “Beneamata".
  • Nel 2002 l'Arena Civica di Milano, città dove dal 2001 viene assegnato il premio Gianni Brera "Sportivo dell'Anno", è stata reintitolata a suo nome.
  • Le quattro macchine per scrivere portatili appartenute a Gianni Brera, tutte di marca Olivetti, sono state donate dalla famiglia: una al Museo del calcio di Coverciano, un’altra al Circolo culturale "I Navigli" di Milano, un’altra ancora al Ristorante la Quintana di Vidigulfo, in provincia di Pavia. La quarta è stata donata al collega Gianni Mura, scomparso nel 2020.

Matteo Innocenti