I roghi di libri di Berlino del 1933 e la censura del nazionalsocialismo

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Nell’anno in cui Hitler diventò Cancelliere, in tutta la Germania furono organizzati i cosiddetti Bücherverbrennungen, in cui finirono in fumo i volumi contrari all’ideologia del Terzo Reich.

Il 10 maggio 1933 si verificò uno degli episodi più famosi legati all’ascesa del nazismo: il rogo di 25 mila libri a Berlino, gettati tra le fiamme perché considerati contrari allo spirito tedesco e dunque all’ideologia del Terzo Reich, nato con la nomina di Adolf Hitler a Cancelliere, avvenuta pochi mesi prima.

La Germania degli anni ’30

La Germania degli anni '30 aveva visto la vertiginosa ascesa del nazionalsocialismo. Nei primi mesi di governo, Hitler pose le basi per la dittatura e intrapreso i primi passi che avrebbero portato alle tragedie degli anni successivi, come il boicottaggio dei negozi degli ebrei. In questo contesto si inserì il rogo dei libri: un’uccisione simbolica di volumi e autori che il nazismo considerava nemici della Germania.

Hitler e il nazionalsocialismo

Il 13 marzo (I turno) e il 10 aprile (II turno) 1932 si tennero nella Repubblica di Weimar le elezioni presidenziali, che videro la riconferma del maresciallo Paul von Hindenburg. Hitler, leader del partito nazionalsocialista nato ufficialmente a Monaco di Baviera nell’aprile 1920, ottenne però il 30 per cento al primo turno e quasi il 37% al secondo. Alle elezioni parlamentari di luglio, i nazisti diventarono il maggiore partito del Paese con il 37,4% dei voti. In quelle successive svolte già a novembre, si confermarono con il 33% delle preferenze. Dal 1930, caduto l’ultimo governo socialdemocratico, si era imposta una pratica per cui il presidente nominava a suo piacimento il cancelliere (ossia il primo ministro): il 30 gennaio 1933 Hindenburg nominò capo del governo Hitler, leader del partito nazista le cui formazioni paramilitari continuavano intanto a colpire con violenza ogni oppositore. Alle elezioni parlamentari tedesche del marzo 1933, tenutesi dopo l'incendio del Reichstag, il successo ottenuto nettamente dal nazionalsocialisti (44%) permise al cancelliere Hitler di far approvare leggi speciali, tra cui il “decreto dei pieni poteri”, che di fatto instaurò la dittatura.

Proibiti tutti i partiti d'opposizione, a novembre si svolsero altre elezioni parlamentari: ai cittadini fu proposta una lista unica che comprendeva esclusivamente nazisti e filonazisti. Quando poi il 2 agosto 1934 Hindenburg morì, il Führer assommò su di sé tutte le cariche istituzionali.

Chi fu Joseph Goebbels

Joseph Goebbels fu uno dei più importanti gerarchi nazisti. Entrato nel partito nazionalsocialista nel 1922, divenne nel 1926 Gauleiter (ossia capo della sezione locale) di Berlino. L’anno successivo fondò Der Angriff, il giornale del partito nazionalsocialista. Eletto deputato al Reichstag nel 1928, fu poi incaricato della propaganda su tutto il territorio nazionale. E, quando Hitler arrivò al potere nel 1933, lo nominò ministro del Reich per l'istruzione pubblica e la propaganda, creato per diffondere l'ideologia del nazionalsocialismo in Germania e controllare le espressioni culturali nel Paese. Nel suo testamento, il Führer lo indicò come successore alla carica di cancelliere del Reich. Dopo il suicidio di Hitler, Goebbels rimase in carica un giorno e 23 ore: il primo maggio 1945 anche lui morì suicida insieme alla moglie Magda nel bunker della cancelleria, poco dopo aver fatto avvelenare i loro sei figli.

Cosa sono i Bücherverbrennungen, i roghi dei libri

Dopo il fragoroso successo nazista alle elezioni di marzo 1933, in tutta la Germania si verificarono i Bücherverbrennungen ("roghi di libri"), promossi dall'Associazione Nazionalsocialista degli Studenti Tedeschi e coordinati dal ministero della propaganda. Nei roghi furono bruciati tutti i libri non corrispondenti all'ideologia del Terzo Reich: gli episodi avviarono di fatto la censura di Stato. Il primo si tenne a Dresda l’8 marzo. Seguirono poi Braunschweig, Würzburg, Kaiserslautern, Lipsia, Düsseldorf, Monaco di Baviera, Coburgo.

I roghi di Berlino del 10 maggio 1933

Il più grande rogo fu quello di Berlino, in data 10 maggio 1933. Si svolse nella Opernplatz (oggi Bebelplatz), antistante l’università: furono 25 mila i volumi dati alle fiamme e circa 40 mila persone si riunirono per assistere al grande falò. In Opernplatz parlò il ministro Goebbels, che pronunciò un discorso carico di odio verso «l’intellettualismo ebraico», sottolineando la necessità dei roghi «per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato».

Quali libri di quali autori vennero bruciati

Durante i roghi vennero bruciati libri di autori socialisti, come Bertolt Brecht, Rosa Luxemburg, August Bebel (a cui oggi è dedicata la vecchia Opernplatz di Berlino) e ovviamente Karl Marx, coautore del “Manifesto del partito comunista” insieme a Friedrich Engels. Finirono tra le fiamme poi libri di scrittori tedeschi avversi al nazismo come Thomas Mann e Hermann Hesse, così come quelli di autori ebrei: Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Max Brod e Stefan Zweig. Nei Bücherverbrennungen andarono in fiamme anche le «influenze straniere corrotte» di Ernest Hemingway, Jack London, Helen Keller, Herbert George Wells, Marcel Proust.

Vennero inoltre bruciate le pubblicazioni dei Testimoni di Geova, la biblioteca e gli archivi dell'Istituto per la Scienza della Sessualità, colpevole agli occhi dei nazisti di eccessiva apertura nei confronti dell’omosessualità. Oggi in Bebelplatz i roghi del 1933 sono ricordati da un'opera di Micha Ullman, consistente in un pannello luminoso inserito sulla superficie della strada, che lascia intravedere una camera piena di scaffali vuoti. Accanto una targa con la citazione del poeta Heinrich Heine, vissuto nell’Ottocento: «Quando i libri vengono bruciati, alla fine verranno bruciate anche le persone».

Verso una promozione della cultura ariana

Durante i Bücherverbrennungen fu bruciata tutta la cultura che i nazisti, per motivi politici e razziali, consideravano anti-tedesca. Il cuore dell'ideologia nazionalsocialista, espressa dal Mein Kampf scritto da Hitler, risiedeva nel concetto di razza: la teoria nazista ipotizzò la superiorità della razza ariana (per identificata geneticamente dai popoli nord europei) come dominante su tutte le altre, in particolare su quella ebraica. Considerata non solo inferiore, ma additata come parassita e perciò da eliminare, innanzitutto culturalmente. Circa due ebrei su tre, tra coloro che vivevano in Europa prima della guerra, furono poi uccisi durante l'Olocausto.

Matteo Innocenti