La musica italiana

Gli esponenti della "generazione dell'Ottanta", che hanno riportato la musica italiana in una prospettiva europea, partirono in netta polemica con il verismo, coinvolgendo in un rifiuto antiromantico anche il melodramma ottocentesco. Non mancarono in Ildebrando Pizzetti (1880-1968), e soprattutto in Respighi, ma anche in Alfredo Casella (1883-1947), cedimenti nella direzione del passato a cui si rivolgeva la polemica, specie in campo teatrale, mentre G.F. Malipiero, la figura maggiore della sua generazione, ne restò immune. Comunque, il rinnovamento operato da questi musicisti fu profondo. Per dar vita alla musica strumentale da tanto tempo trascurata, essi si rifecero alla tradizione italiana rinascimentale e barocca, eludendo i rischi dell'imitazione del romanticismo tedesco. Nell'autonomia del loro atteggiamento sono però avvertibili collegamenti con l'impressionismo francese e, per Casella e Malipiero, anche con l'espressionismo e I. Stravinskij. Il periodo fra le due guerre mondiali risentì della sostanziale indifferenza del regime fascista verso la musica. Il gusto predominante si identificava nelle velleità dell'ultimo Mascagni, nel mito della schiettezza melodica e della semplicità "anticerebrale" dell'arte latina. Tuttavia, accanto a tante figure di secondo piano, Malipiero, inviso al regime, e gli altri esponenti della "generazione dell'Ottanta" (con esso più compromessi) poterono continuare la loro attività.

Ottorino Respighi

Ottorino Respighi (Bologna 1879 - Roma 1936) fu allievo di L. Torchi e G. Martucci. Dal 1913 insegnò composizione al conservatorio di Santa Cecilia a Roma, che diresse dal 1924 al 1926, dedicandosi poi solo alla composizione. Come altri esponenti della sua generazione, Respighi partecipò del clima determinato da chi si sforzava di ritrovare una tradizione italiana strumentale e, più o meno timidamente, guardava alle vicende musicali europee. In tal senso i suoi esiti più significativi vanno cercati non tanto nelle 8 opere teatrali (fra cui Belfagor, 1922; La campana sommersa, 1927; Maria Egiziaca, 1932; La fiamma, 1934), incerte fra tradizionalismo e aspirazioni sinfoniche, quanto in alcune pagine strumentali dal sicuro e fastoso colorismo, come Fontane di Roma (1916), Pini di Roma (1924) e Feste romane (1928), le 3 suite di Antiche arie e danze per liuto (1917, 1923, 1931), Gli uccelli su temi dei secoli XVII e XVIII (1927), le impressioni sinfoniche Vetrate di chiesa (1926), il Trittico botticelliano per piccola orchestra (1927), il Concerto gregoriano per violino (1921), il Concerto in modo misolidio per pianoforte (1924), Impressioni brasiliane (1928), Metamorphoseon modi XII (1930). Respighi compose anche musica da camera (Quartetto dorico, 1921) e vocale, fra cui 5 Canti all'antica (1906), 4 Rispetti toscani (1915), 4 liriche dal Poema paradisiaco di G. D'Annunzio (1920). Nel recupero della tradizione si dedicò alla trascrizione di opere di compositori dei secoli XVI-XIX.

Gian Francesco Malipiero

Gian Francesco Malipiero (Venezia 1882 - Treviso 1973) studiò nei conservatori di Vienna e di Venezia, diplomandosi (1904) sotto la guida di M.E. Bossi presso il conservatorio di Bologna. Successivamente seguì i corsi di M. Bruch a Berlino. Insegnò composizione nei conservatori di Parma e di Venezia, dove fu direttore dal 1939 al 1952.

La poetica di Malipiero si definì negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, nella duplice direzione di un recupero della tradizione musicale italiana rinascimentale e barocca e di un agganciamento alle esperienze delle avanguardie storiche mitteleuropee: elementi elaborati in funzione antiromantica, attraverso una scrittura di ispirazione essenzialmente vocalistica, di carattere liberamente rapsodico, articolata in episodi di grande libertà ritmica. Tale poetica si sviluppò in una concezione teatrale basata su una visione statica, "a pannelli", che si realizzò al meglio in Sette canzoni (1918), Torneo notturno (1929), La favola del figlio cambiato (1934), I capricci di Callot (1942), Mondi celesti e infernali (1950), Le metamorfosi di Bonaventura (1966), Uno dei dieci (1970). Di notevole importanza è la produzione sinfonica, comprendente, fra l'altro, 11 sinfonie (1936-69), 3 serie di Impressioni dal vero (1910-22), 2 serie di Pause del silenzio (1917-26), 6 concerti per pianoforte, 2 per violino, 1 per flauto. Oltre agli 8 Dialoghi, per vari complessi, notevoli, fra la produzione cameristica, gli 8 quartetti per archi (tra cui i celebri Rispetti e strambotti, Stornelli e ballate e Cantari alla madrigalesca), i brani per voce e pianoforte, la musica pianistica. Tra i lavori sinfonico-corali sono particolarmente significativi S. Francesco d'Assisi (1921), La Cena (1927), La Passione (1935). Inscindibile dall'attività di compositore è la vasta opera di trascrittore, che restituì alla coscienza musicale contemporanea tutte le opere di C. Monteverdi (16 volumi, 1926-42) e le composizioni strumentali di A. Vivaldi (oltre 350 concerti e sonate, 1947-68), così come i numerosi scritti di critica, quelli polemici e le memorie.