Il Risorgimento italiano

Gli Stati italiani tra il 1830 e il '46

Mentre negli ambienti intellettuali si diffondevano le correnti risorgimentali, negli Stati italiani imperversava la conservazione. Nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II (1830-'59) fu contrario a ogni innovazione liberale. Ciò impedì la formazione di una solida classe media a tutto vantaggio dei grandi proprietari terrieri. In Sicilia, intanto, a causa dello stato di subordinazione al continente in cui l'isola veniva mantenuta, si rafforzò lo spirito separatista: nel 1837 una rivolta fu soffocata nel sangue dal maresciallo Del Carretto. Nello Stato Pontificio, papa Gregorio XVI ('31-'46) utilizzò metodi retrivi: egli arrivò al punto di considerare il progresso come figlio di Satana. Il Granducato di Toscana di Leopoldo II restò aperto a un certo liberalismo anche se il sovrano, per compiacere all'Austria, fu costretto a sopprimere nel 1833 l'“Antologia”, una rivista di ispirazione liberale fondata a Firenze nel 1821 da Giampiero Viesseux e Gino Capponi. Nel Ducato di Parma e Piacenza, Maria Luisa si allineò alle posizioni toscane. A Modena, Francesco IV ormai non era che un burattino in mano agli Asburgo. Nel Lombardo-Veneto, l'Austria introdusse riforme nei settori amministrativo e dell'istruzione continuando però a sfruttarne la fiorente economia. Per finire, nello Stato Sabaudo Carlo Alberto, succeduto nel 1831 a Carlo Felice, pur restando conservatore, introdusse riforme economiche e amministrative ispirate alla legislazione napoleonica.