La Russia dalla Rivoluzione a Stalin

Da Lenin a Stalin

Sul fronte interno, invece, Lenin dovette affrontare la guerra civile contro i generali “bianchi” (controrivoluzionari) Alekseev, Kornilov e Denikin attestati sul Don, e alcune legioni di disertori e prigionieri cecoslovacchi di stanza in Siberia ('19). A loro sostegno giunsero contingenti militari dai paesi occidentali. Per scongiurare la restaurazione della monarchia, i bolscevichi sterminarono lo zar e la sua famiglia (16 lug.). Rotte le relazioni diplomatiche con gli occidentali, allestirono l'“Armata Rossa” (comandata da Trotzkij) e potenziarono la polizia politica) (Ceka). Nel '20, ritiratisi i contingenti occidentali, i “bianchi” persero molte posizioni e cedettero definitivamente durante la guerra combattuta nello stesso anno dai bolscevichi contro la Polonia (conflitto che spense ogni pretesa sovietica di estendere la rivoluzione al resto d'Europa). La Pace di Riga (mar. '21) consegnava alla Polonia zone della Russia Bianca e dell'Ucraina. Il paese, colpito da una dura crisi economica scoppiata per il boicottaggio borghese e per le difficoltà connesse alla nazionalizzazione, sopportò sacrifici inauditi (1921). Il governo intervenne d'autorità con provvedimenti che limitarono enormemente la libertà. Vi furono scioperi e rivolte (Kronstadt, 1-17 mar.). I comunisti operarono per ottenere il monopolio del potere e della politica: dopo la guerra civile le organizzazioni di menscevichi, anarchici e socialrivo-luzionari furono soppresse. Il X congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS), per cementare l'unità, vietò le correnti interne (monolitismo). Per risolvere la crisi fu varata dal governo la Nuova Politica Economica (NEP, 1921) che ridusse le tasse del 40% e riaprì il commercio all'i-niziativa privata. Con essa furono favoriti la piccola e media impresa, il commercio, lo scambio città/campagna. Il 21 genn. 1924, Lenin morì e fu sostituito da una direzione collegiale, in cui primeggiavano Trotskij, Kamenev, Zinov'ev e Stalin. Nel PCUS iniziarono forti contrasti che portarono al potere Iosif Vissarionovic Stalin (1857-1953), malvisto da Lenin per la sua personalità accentratrice e già segretario del partito (dal '22). Egli, constatando che la “rivoluzione proletaria nelle altre nazioni tardava a venire, teorizzò lo sviluppo socialista in un solo paese ('24). Dopo aver emarginato tutti gli avversari politici, il nuovo leader pose fine alla NEP (1928) che favoriva l'economia di mercato e accelerò l'industrializzazione elaborando i “piani quinquennali”. Il primo ('28-'33) nelle campagne accentuò la collettivizzazione a danno dei kulaki (contadini agiati) che vennero quasi sterminati. Vi fu un crollo della produzione agricola. I contadini dovettero riunirsi in kolchoz (aziende in cui usavano collettivamente la terra e gli strumenti per coltivarla) e sovchoz (aziende interamente statali di cui erano dipendenti). In campo industriale il primo piano quinquennale portò alla nazionalizzazione del 99% delle fabbriche (1933). Un successo sbalorditivo ebbe il piano '33-'37 (la produzione industriale crebbe del 121%). Un terzo piano quinquennale, destinato a sfociare nella realizzazione effettiva del comunismo, fu bloccato nel 1939 dalla nuova Guerra Mondiale.