Le civiltà orientali

Il Giappone feudale

La storia del Giappone medievale è per molti aspetti legata e condizionata dalle lotte fratricide fra i grandi signori feudali latifondisti (i Daimyo) che difendevano i propri domini con eserciti privati formati dai Samurai (la classe dei guerrieri educati secondo un rigido codice etico alla disciplina, all'onore e alla fedeltà). I Daimyo, dopo essersi sottratti a ogni forma di controllo da parte della fragile autorità centrale rappresentata dall'imperatore, formavano precarie alleanze fra loro per conquistare l'ambito titolo di Shogun, ovvero di capo militare del governo con effettivo controllo su tutto il paese. Dal 1338 al 1573 il titolo shogunale fu attribuito a membri dell'influente famiglia Ashikaga, ma mentre le attività commerciali e artigianali avevano un importante sviluppo, le strutture centrali perdevano sempre più la capacità di governare, si giunse così a una completa anarchia e alla trasformazione di alcuni feudi in vere e proprie signorie (“periodo degli Stati combattenti”, 1482-1568). Oda Nobunaga (1573-82), Daimyo di Owiri, proprietario di quasi mezzo Giappone, depose gli Ashikaga e iniziò la riunificazione del paese. Durante il suo dominio favorì il cristianesimo, stabilì ottimi rapporti con i primi missionari cristiani e combatté il potere temporale dei bonzi. Dopo il suo assassinio, un generale di umili origini, Hideyoshi Toyotomi (1585-98) assunse il titolo di kampaku (reggente imperiale). Toyotomi conquistò la Corea (1598), lottò per limitare il potere dei Daimyo, istituì un'amministrazione unitaria favorendo i commerci con gli europei, ma nel 1587 proibì il cristianesimo. Alla sua morte la successione fu molto contrastata: risultò vincitore Ieyasu Tokugawa, Shogun dal 1600, che rese ereditaria la carica shogunale per la sua casta (1603-1868). Durante il suo domino pose le basi giuridiche e amministrative per l'unità del paese ma permise la sopravvivenza del sistema feudale basato sui grandi latifondi di proprietà dei daimyo destinati alla coltura del riso, mentre la libera proprietà veniva sempre più ridotta a vantaggio dello Stato e dei feudatari. Esistevano anche delle libere città, difese dai Ronin (i Samurai poveri e privi di padrone), dove trovavano rifugio abili artigiani. La capitale politica del paese divenne la città di Edo (Tokyo), mentre l'imperatore e la corte continuavano a vivere a Kyoto. Una rivolta contadina a carattere religioso e sociale scoppiata a Shimabara si concluse con lo sterminio dei cristiani e l'interdizione del Cristianesimo (favorendo l'affermazione del Buddhismo). Nel 1639 un Editto dello Shogun Iemitsu proibì agli stranieri l'accesso in Giappone e ai giapponesi di uscire dall'arcipelago. Era l'inizio dell'isolamento del Giappone, violato oltre due secoli dopo da una squadra navale statunitense al comando del commodoro Perry che, presentatasi al largo di Uraga, reclamò l'apertura del paese agli occidentali; era il 1853.