Amèlio, Gianni

regista cinematografico italiano (San Pietro Magisano, Catanzaro 1945). Esordì nel 1970 con La fine del gioco, prodotto dalla RAI come la maggior parte dei suoi film, di medio o lungo metraggio. Dopo De Sica e Comencini, è il cineasta forse più sensibile alla condizione adolescenziale o infantile, tema in lui ricorrente da La città del sole (1973), dove un ragazzo calabrese analfabeta mette in difficoltà il filosofo Tommaso Campanella, a Colpire al cuore (1982), dove il tenero figlio si fa carnefice del padre, supposto terrorista. Egualmente densi i film per la TV La morte al lavoro (1978), Piccolo Archimede (1979), I velieri (1983), I ragazzi di via Panisperna (1989). Nel 1990 ha girato Porte aperte, tratto dall'omonino romanzo di L. Sciascia, nel 1992 Il ladro di bambini, che gli è valso il gran premio della giuria al Festival di Cannes, e nel 1994, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, il discusso Lamerica, raffigurazione della drammatica realtà dell'Albania postcomunista. Nel 1995 ha curato la regia di due opere liriche, I Pagliacci di R. Leoncavallo e Il tabarro di G. Puccini, dirette al Carlo Felice di Genova da G. Gavazzeni. Nel 1998 il regista è tornato sul set con Così ridevano, con il quale ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra del cinema di Venezia dello stesso anno. Nel 2004 il regista ha diretto Le chiavi di casa, storia del rapporto tra un giovane padre e un figlio quindicenne handicappato liberamente ispirato al romanzo Nati due volte di Giuseppe Pontiggia e nel 2006 ha presentato alla Mostra del cinema di Venezia La stella che non c'è, libero adattamento di un romanzo di E. Rea. Sempre a Venezia, nel 2013, ha presentato L'intrepido.

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