brutalismo

termine con cui gli architetti A. e P. Smithson e il critico P. R. Banham, a partire dal 1954, definirono un complesso di esperienze architettoniche che, denunciando la degradazione “manieristica” del razionalismo, traggono una nuova vitalità e nuove potenzialità dall'universo tecnologico. Peculiare del brutalismo è l'intento di mettere in vista tutti i componenti materiali dell'architettura: nel primo edificio del brutalismo (scuola di Hunstanton, 1954) gli Smithson lasciarono deliberatamente in vista anche gli impianti tecnici (tubature, ecc.) della costruzione. Attorno a questo movimento, che non ebbe premesse teoriche formalizzate, si raccolgono sia i modelli urbani elaborati dal gruppo francese Candilis-Josic-Woods, sia il brutalismo lecorbusieriano recuperato invece nell'edificio dell'Istituto Marchiondi di V. Viganò (1957, Milano) e negli edifici di Ham Common a Richmond e di Preston (1955-58) realizzati da J. Stirling e J. Gowan, come anche nelle opere di alcuni esponenti della scuola giapponese. Si ricordano tra questi: Kenzō Tange con il municipio di Kurashiki (1957-60) e lo Yamanashi Broadcasting Building a Kōfu (1966), e Kunio Maekawa con la Metropolitan Festival Hall a Tōkyō (1958-61).

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