deportazióne

sf. [sec. XVII; da deportare]. Pena inflitta dal giudice, o provvedimento di polizia, ordinato dall'autorità amministrativa, con il quale si trasferiscono coattivamente in un luogo lontano dal territorio statale delinquenti condannati per reati particolarmente gravi o perseguitati politici o razziali. In Italia questa pena non è mai stata ammessa né introdotta. § La deportazione era già nota al diritto romano e comportava anche la perdita dei diritti civili e dei beni. Nel Medioevo tale pena fu abbandonata e sostituita con il bando e l'esilio. In epoca moderna alcuni Stati usarono la deportazione contro i condannati ma talora anche per motivi economici; essa comportò l'emigrazione forzata d'interi gruppi nelle colonie. La prima legge sulla deportazione fu emanata dall'Inghilterra nel 1597 ed ebbe come luogo di destinazione le colonie americane. Più tardi i deportati furono destinati anche a Gibilterra e in Australia. Quivi il primo gruppo di ergastolani arrivò nel 1788, l'ultimo nel 1852. I deportati, in genere, erano adibiti a lavori pubblici o assegnati a coltivatori e allevatori di bestiame. Gli elementi migliori potevano essere liberati prima di aver completato il tempo della loro condanna e assumevano la qualifica di “emancipati”. Si dedicavano allora ad attività varie, sia alle dipendenze di altri sia in proprio. La Francia inviava i suoi deportati all'isola del Diavolo; gli zar delle Russie in Siberia. Spagna, Olanda e Portogallo usarono spesso la deportazione contro i propri nemici politici. Durante la seconda guerra mondiale si dovette assistere a deportazioni in massa: l'URSS deportò i Tedeschi del Volga, i nazisti tedeschi deportarono un numero ingente di Ebrei dai Paesi occupati in Germania. Alla fine del conflitto, a seguito degli accordi di Yalta, vi furono deportazioni massicce di popolazione tedesca stanziata nei territori a est della linea Oder-Neisse.

Trovi questo termine anche in:

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora