stregóne

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sm. [sec. XIV; da strega].

1) Secondo le credenze popolari, essere malefico sovrannaturale con sembianze maschili, dotato di poteri magici esplicati ai danni di persone e cose.

2) Per estensione, uomo reale a cui viene attribuita un'attività di magia nera. Anche persona che è dotata di eccezionali facoltà, di cui si serve per svolgere attività di guaritore.

3) Presso i popoli di interesse etnologico, l'operatore di stregoneria. § Il termine viene usato spesso, erroneamente, quale sinonimo di sciamano, sebbene la differenza sia sostanziale: sciamani si diventa, anche per via ereditaria, e il compito di questi operatori si svolge pubblicamente sempre e solo per il bene dei singoli e della collettività. Stregoni si nasce, in quanto si ritiene che la capacità stregonistica sia legata alla “natura” stessa dello stregone: infatti, questi è spesso un individuo affetto da turbe psichiche, da anomalie o da gravi difetti fisici congeniti che lo portano a estraniarsi dalla collettività o a essere relegato ai margini di questa (in Africa, per esempio, sono considerati stregoni gli albini); allo stregone viene attribuita, inoltre, una grande “forza vitale” che si ritiene egli adoperi per le sue pratiche magiche, di norma negative (magia nera), rivolte sempre contro il prossimo per odio o per pura malvagità. L'identità dello stregone resta di solito sconosciuta, perché questi si finge un “uomo comune” al fine di poter esercitare impunemente i suoi poteri. Salvo casi eccezionali, lo stregone non può essere ucciso (diversamente dalla strega), perché si ritiene che la sua “forza vitale” liberata possa abbattersi negativamente su tutto il gruppo che ne ha decretato la fine. Suo antagonista è l'indovino, il solo ritenuto in grado d'individuare la natura dello stregone e di smascherarlo, grazie anche alle proprie capacità di esorcizzare il male.

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