Salvo D’Acquisto, storia del sacrificio che lo rese eroe

Salvo_D-Acquisto(1).jpg

Simbolo di eroismo e di estremo sacrificio, Salvo D'Acquisto è ricordato ancora oggi per aver salvato, pagando con la sua vita, 22 persone dalla furia nazista. In questo articolo ricordiamo la sua vita e, soprattutto, il gesto che lo fece diventare un indimenticato eroe nazionale.

Salvo D'Acquisto è ricordato da sempre come un simbolo di eroismo e sacrificio. Infatti, il vicebrigadiere dell'Arma dei Carabinieri è morto per salvare un gruppo di civili durante un rastrellamento delle truppe naziste nel corso della Seconda guerra mondiale. Il 23 settembre 1943 la storia di D'Acquisto si è legata a quella degli eroi italiani del secondo conflitto mondiale, che hanno opposto resistenza all'occupazione nazista dell'Italia.

Chi era Salvo D'Acquisto

Salvo Rosario Antonio D'Acquisto nasce a Napoli il 17 ottobre 1920. Cresce nel rione Antignano, primogenito di cinque figli, in una famiglia profondamente cristiana.

Infanzia e arruolamento

Frequenta l'asilo presso l'Istituto Salesiano "Figlie di Maria Ausiliatrice", nel quartiere Vomero. Prosegue con la Scuola Elementare "Luigi Vanvitelli" e si iscrive al Ginnasio presso l'Istituto Salesiano "Sacro Cuore". Per merito della sua voce lo spingono a frequentare il Conservatorio di "San Pietro a Majella", studiando da baritono. Ma nel 1934 lascia gli studi.

Nel 1939 Salvo D'Acquisto si arruola come volontario nei Carabinieri. Ha 18 anni. Frequenta la Scuola allievi carabinieri di Roma, dipendente dalla seconda Divisione "Podgora", fino al 15 gennaio 1940. Inizialmente viene assegnato alla Compagnia Comando della Legione Carabinieri di Roma dipendente dalla seconda Divisione Carabinieri "Podgora". Quindi, dopo il giugno 1940, passa presso il Nucleo Carabinieri Fabbricazioni di Guerra del Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra (FabbriGuerra).

 

La seconda guerra mondiale

Con l'entrata in guerra dell'Italia si arruola volontario per la Libia italiana nella Campagna del Nordafrica (1940-1943). Il 28 ottobre 1940 viene mobilitato con la 608ª Sezione Carabinieri (polizia militare), inquadrata nella 13ª Divisione Aerea "Pegaso" di stanza a Bengasi, parte della Squadra Aerea "Aeronautica della Libia - Est" della Regia Aeronautica. Parte da Napoli il 15 novembre 1940 e sbarca a Tripoli il 23 novembre 1940. In questa traversata la nave subisce gravi problemi di navigazione.

Dopo alcuni mesi al fronte, alla fine del febbraio 1941, viene ferito a una gamba a causa di uno scontro a fuoco con le truppe inglesi. Resta con il suo Reparto in zona d'operazioni. Ma viene ricoverato all'Ospedale Militare di Bengasi per una forte febbre malarica. Rientrato in Italia per una licenza di 3 mesi, viene aggregato alla Scuola Centrale Carabinieri Reali di Firenze. È il 13 settembre 1942. Qui frequenta il corso accelerato per la promozione a vicebrigadiere, grado che consegue il 15 dicembre 1942. Il 19 dello stesso mese viene assegnato alla stazione Carabinieri di Torreimpietra, oggi frazione del Comune di Fiumicino.

Il presunto "attentato" alle SS

L'8 settembre 1943 il generale Badoglio annuncia l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile, firmato il giorno 3 dal governo Badoglio I del Regno d'Italia con gli Alleati della Seconda guerra mondiale. Dopo questo proclama, un reparto di paracadutisti tedeschi della 2. Fallschirmjäger-Division si stabilisce presso alcune vecchie postazioni precedentemente usate dalla Guardia di Finanza nella vicina località Torre Perla di Palidoro. Questo territorio rientra nella giurisdizione della stazione Carabinieri di Torreimpietra.

Nel tardo pomeriggio del 22 settembre 1943 alcuni di loro, impegnati a ispezionare casse di munizioni abbandonate, vengono investiti dall'esplosione di una bomba a mano. C'è una teoria secondo la quale l'esplosione sarebbe stata causata dall'incauto maneggio di ordigni usati per la pesca di frodo, sequestrati in passato dai finanzieri. Lo scoppio ferì due componenti della squadra e ne uccise altri due.

L'esplosione viene attribuita ad anonimi attentatori locali dal comandante del reparto tedesco e, per avviare le indagini, chiede il supporto dei Carabinieri della locale stazione, temporaneamente comandata dal vicebrigadiere Salvo D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante.

I tedeschi minacciano una rappresaglia se entro l'alba le indagini non porteranno ai colpevoli. L'indomani D'Acquisto prova a sostenere la tesi dello scoppio fortuito, eliminando l'idea che ci fossero dei colpevoli. Ma i tedeschi restano fermi sulla propria teoria e confermano l'intenzione di dare corso ad una rappresaglia ai sensi di un'ordinanza emanata dal feldmaresciallo Albert Kesselring pochi giorni prima.

La rappresaglia tedesca

Il 23 settembre vengono eseguiti dei rastrellamenti e catturati 23 uomini e un ragazzino, scelti a caso fra gli abitanti della zona. Di questi 22 di loro sono condotti sul luogo dell'esecuzione. Tra loro, anche lo stesso D'Acquisto, prelevato forzatamente dalla caserma da parte di una squadra armata e portato nella piazza principale di Palidoro, dove si trovano anche gli altri abitanti.

Viene avviato un sommario interrogatorio: gli "imputati" si dichiarano tutti innocenti. D'Acquisto ribadisce due volte che non potevano esserci dei colpevoli per un'esplosione accidentale. Nella piazza viene condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio, che sarà l'ultimo testimone del sacrificio del brigadiere.

Il sacrificio di Salvo D'Acquisto

Durante l'interrogatorio dei rastrellati, D'Acquisto viene tenuto separato nella piazza. I tedeschi lo sorvegliano attentamente e, come testimonia Wanda Baglioni, «quantunque malmenato e a volte anche bastonato dai suoi guardiani, serbò un contegno calmo e dignitoso». Gli ostaggi e D'Acquisto vengono trasferiti fuori dal paese. Agli ostaggi viene chiesto di scavare una fossa comune davanti al mare.

Secondo la testimonianza di Angelo Amadio, uno dei rastrellati «all'ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D'Acquisto. [...] Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell'interprete. Cosa disse il D'Acquisto all'ufficiale in parola non c'è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l'ultimo ad allontanarmi da detta località».

Si pensa che Salvo D'Acquisto si sia autoaccusato del presunto attentato, addossandosi la responsabilità dei fatti e ottenendo il rilascio di tutti gli altri prigionieri. Liberati, questi si diedero subito alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano già condannato a morte, dinanzi al plotone d'esecuzione. Amadio viene trattenuto perché lo credono un Carabiniere, ma mostrando i documenti spiega ai tedeschi che è un semplice operaio delle ferrovie. Anche lui viene liberato. Come racconta nella sua testimonianza resa nel 1957, fa in tempo a sentire il grido «Viva l'Italia», lanciato da D'Acquisto, seguito subito dopo dalla scarica di un'arma automatica che portava a termine l'esecuzione.

Al termine degli spari Amadio vide il corpo del Carabiniere riverso per terra e i tedeschi che lo ricoprivano con del terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare impressiona gli stessi esecutori, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le diranno: «Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte».

Riconoscimenti

Il primo riconoscimento da menzionare è la sepoltura, data due donne della zona, Wanda Baglioni e Clara Cammertoni. Dopo dieci giorni, prendono il corpo e gli danno degna sepoltura presso il Cimitero di Palidoro. La salma viene poi fatta traslare a Napoli l'8 giugno 1947 su volere della madre. Viene esposto in una camera ardente presso la Caserma del Comando Legione Carabinieri Campania per poi essere tumulato il 10 giugno presso il Sacrario Militare di Posillipo. Il 22 ottobre 1986 le spoglie sono nuovamente traslate nella prima cappella sulla sinistra della Basilica di Santa Chiara di Napoli, dopo essere state onorate in una camera ardente allestita presso la Caserma del Comando Gruppo Carabinieri di Napoli.

Per il suo sacrificio Salvo D'Acquisto viene insignito di Medaglia d'oro al valor militare. La motivazione: «Esempio luminoso d'altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme con 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma».

Di fronte alla torre di Palidoro, sul luogo della fucilazione, adesso compreso nella riserva naturale Litorale romano, è stata eretta una lapide in suo onore. A lui sono state intitolate strade, scuole e varie divisioni e squadre dei Carabinieri. Inoltre, i governi dell'epoca stabiliscono una pensione straordinaria per la famiglia D'Acquisto, che viveva nell'indigenza.

Torre_di_Palidoro._Luogo_della_Fucilazione_di_Salvo_d-Acquisto._Lapide_commemorativa(1).jpg
Foto Norberto Colella, Foto di Pubblico Dominio, via Wikimedia

Frasi di Salvo D'Acquisto

  • «Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!».
  • [Rivolto ai 22 civili condannati alla fucilazione che salvò con il suo sacrificio] «Tanto una volta si vive, una volta si muore».
  • [da una lettera alla madre] «Bisogna rassegnarsi ai voleri di Dio a prezzo di qualsiasi dolore e di qualsiasi sacrificio».
  • [Prima di morire] «Viva l'Italia!».

Stefania Leo

Foto di apertura: stampa d'epoca / autore sconosciuto