Slavery Footprint: che cos’è e come si calcola il proprio impatto sulla schiavitù mondiale

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Incredibile ma vero: è nata un’App in grado di calcolare quanti schiavi lavorano quotidianamente per produrre i beni di consumo che individualmente consumiamo ogni giorno.
L’applicazione, utilizzabile anche tramite web dal sito ufficiale, è stata ideata da un’associazione americana, la Call and Response, che ha pensato ad una soluzione innovativa e utile per determinare il proprio impatto sulla schiavitù mondiale e aprire gli occhi su quelli che sono i “numeri” delle persone che lavorano sfruttate o sottopagate in tutto il mondo.

La Slavery Footprint, questo il nome dell’applicazione, considera: età, sesso, provenienza, occupazione e numero di figli fino ad arrivare a quello che si mangia ogni giorno: dalla percentuale di farinacei, carne, pesce e verdure assunte quotidianamente. Per non parlare delle informazioni riguardanti il guardaroba: dal numero di accessori presenti in esso, dalle scarpe fino ai vestiti, il numero di t-shirt, maglie e jeans.
The Slavery Footprint determina dati finali, tenendo presente tutto ciò che riguarda il proprio “contesto di vita” e i propri averi.

Dopo le tante applicazioni nate con lo scopo di calcolare l’impronta ecologica degli Stati, come la Carbon Footprint e le altre che determinano l’impronta idrica della nostra alimentazione: finalmente una che mette in luce aspetti a volte sottovalutati.
Molti, infatti, non sanno quante persone lavorano, sottopagate e sparse per il mondo, per poterci permettere tutti i giorni la vita che facciamo.

La Slavery Footprint ha un obiettivo molto chiaro che è quello di fornire delle informazioni e combattere lo schiavismo per far sì che ciò che indossiamo, ciò che utilizziamo e ciò che mangiamo sia, un giorno, “Made in a free world”, ovvero “fatto in un mondo libero”, senza schiavitù.

La tratta degli schiavi ha origini molto antiche: se si pensa che alla sua formazione contribuirono non solo le guerre, che facevano ottenere ai vincitori un numero di prigionieri adibiti ai lavori più umili ma anche l’aumento del numero di proprietà private che riduceva in schiavitù tutti coloro che non erano in grado di pagarla e avevano debiti di vario genere.
A questi uomini sottopagati e sfruttati era riconosciuto solo il minimo necessario per vivere e la loro sopravvivenza era intesa come una sorta di conservazione del loro stato di salute che dipendeva solo dall’interesse del padrone.