Baudelaire

La vita e le opere

Charles Baudelaire (1821-1867), venerato dai simbolisti e dai surrealisti, ritenuto il più importante poeta francese da P. Valéry, è indubbiamente il modello originario del poeta moderno.

Il "tradimento" della madre

Nacque a Parigi il 9 aprile. Il padre, Joseph-François, funzionario e pittore dilettante, aveva 62 anni ed era vedovo e con un figlio di sedici anni. La madre, Caroline Dufays, aveva 27 anni. Dopo la morte del padre (1827), la madre si risposò (1828) con il maggiore Jacques Aupick. Per il piccolo Charles quel matrimonio fu una frattura profonda, che lo scacciò definitivamente dal "verde paradiso degli amori infantili"; per tutta la vita il poeta rinfacciò alla madre il suo tradimento. Nel 1832 si trasferì con la famiglia a Lione ed entrò come interno al Collège Royal. Al ritorno a Parigi (1836), fu ammesso al Collège Louis-le-Grand, da dove fu espulso nel 1839, avendo comunque superato gli esami. Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, senza alcuna intenzione di studiare legge: in una lettera al fratellastro affermò di non sentirsi portato per nessuna professione.

L'eredità

Iniziò allora una vita assai libera e dispendiosa, frequentando prostitute, contraendo debiti e malattie veneree. La famiglia decise di allontarlo da Parigi e nel 1841 egli partì per mare diretto a Calcutta, ma giunto all'isola Bourbon rifiutò di proseguire e tornò in Francia. Nell'aprile 1842, ormai maggiorenne, entrò in possesso di un'ingente eredità paterna. Incontrò la mulatta Jeanne Duval, modesta comparsa di teatro, e iniziò un'intensa e turbolenta relazione, destinata a durare tutta la vita. In due anni aveva dilapidato metà del suo denaro, tanto che la madre e il patrigno si rivolsero al tribunale per farlo interdire: nel settembre 1844 gli fu assegnato come tutore il notaio Ancelle, che per tutta la vita lo tenne sotto tutela, impedendogli di toccare un soldo del patrimonio; percepì da allora solo una modesta rendita mensile, al di sotto delle sue esigenze. Cominciò così una vita di miseria, debiti, sequestri, traslochi, ossessionato dai problemi di denaro.

Critica e poesia

In quegli anni aveva iniziato a comporre poesie. Per lui scrivere non era facile; le fughe nel vino, nella droga, in una vita sregolata non lo aiutavano, anzi, lo gettavano in un disgusto di sé, in un senso di colpa sempre più doloroso. Per guadagnarsi da vivere, cominciò a scrivere articoli di critica d'arte: il Salon de 1845 e il Salon de 1846. Nel 1847 pubblicò un lungo racconto "comico", La Fanfarlo, in cui rappresenta il dandy Samuel Cramer, un poeta fallito incapace di guardarsi con occhio critico. In quell'anno, con "insolita commozione", scoprì l'opera di E. A. Poe: colpito da una singolare consonanza, ne tradusse numerosi racconti. Nel 1852, attratto dalla raffinata e intellettuale Madame Sabatier, cominciò a inviarle alcune poesie, tra cui L'alba spirituale, scritta dopo una notte con una prostituta. Nel 1854 iniziò una breve relazione con l'attrice Marie Daubrun, ma tornò a vivere con Jeanne Duval. Nel 1855 diciotto sue poesie apparvero sulla "Revue des Deux Mondes". Nel 1857 morì il patrigno e da quel momento il rapporto con la madre divenne ancora più intenso. A giugno, presso l'editore Poulet-Malassis, uscì finalmente la sua raccolta di poesie, Les fleurs du mal (I fiori del male), che due mesi dopo fu condannata per immoralità. Baudelaire dovette pagare un'ammenda e sopprimere sei poesie, in seguito pubblicate con il titolo Épaves (Relitti, 1866).

L'incubo del tempo

Assediato dai problemi di denaro, traslocò continuamente, ora a Honfleur con la madre, ora a Parigi, solo o con Jeanne. Nel 1860 pubblicò il saggio Les paradis artificiels (I paradisi artificiali). Preparava intanto la seconda edizione dei Fiori del male, che uscì nel 1861 (la terza, con alcune poesie aggiunte, apparve postuma nel 1869). Dal 1857 aveva cominciato a scrivere in un nuovo e insolito genere: il breve poema in prosa. Alcuni apparvero su varie riviste, ma la raccolta rimase incompiuta. La prima edizione, postuma, Petits poèmes en prose o anche Spleen de Paris (Poemetti in prosa) è del 1869. Progettava intanto un grande libro in cui mettere tutto il suo odio, tutte le sue collere, un libro che ribadisse la sua estraneità al mondo e insieme costituisse la sua "vendetta". Il titolo era pronto: Mon cœur mis à nu (Il mio cuore messo a nudo, postumo 1887), ma non riuscì a portare a termine il progetto. Fisicamente già vecchio, si dibatteva disperatamente nella lotta contro il tempo, la pigrizia, la minacciosa sterilità. I frammenti del Mio cuore messo a nudo ripetono ossessivamente la sua speranza nel lavoro ordinato e regolare, unico strumento di guarigione, unico argine contro "l'incubo del tempo". Nel 1864 si recò in Belgio per tenere delle conferenze e rimase a Bruxelles due anni. Colpito da un ictus (1866), fu riportato in Francia dalla madre, muto e semiparalizzato; morì dopo una lunga agonia.