Quintiliano

La vita

I dati essenziali sulla vita di Quintiliano si ricavano, oltre che dagli accenni nella sua opera, dalle testimonianze di scrittori, come Marziale e Plinio il Giovane, e dalle notizie fornite dalla Cronaca di San Girolamo. Marco Fabio Quintiliano (Calagurris, odierna Calahorra, Spagna 35 ca - Roma 96 d.C.) era figlio di un maestro di oratoria che lo condusse a Roma per completare la sua educazione con il grammatico Remmio Palemone e con il retore Domizio Afro. Terminati gli studi, tornò nella città natale, dove esercitò l'attività forense e conobbe Galba che, diventato imperatore, lo condusse con sé a Roma.

La prima cattedra pubblica di eloquenza

Quintiliano si stabilì definitivamente a Roma, dedicandosi con successo alla professione di avvocato e di maestro di retorica. Dovette la sua fama soprattutto all'attività di insegnante: ottenne dall'imperatore Vespasiano, con il cospicuo compenso di 100 000 sesterzi, la prima cattedra di eloquenza pubblica istituita a Roma, che egli ricoprì per oltre un ventennio con grande successo, avendo tra i suoi discepoli Plinio il Giovane e, forse, anche Tacito. Dopo il ritiro dall'insegnamento pubblico, fu incaricato da Domiziano di curare l'educazione dei suoi nipoti, figli della sorella Flavia Domitilla, ottenendo la dignità consolare. Dedicò gli ultimi anni della vita alla composizione dell'Institutio oratoria. Maestro stimatissimo e ricco di soddisfazioni e riconoscimenti pubblici, tuttavia Quintiliano fu nella vita privata amareggiato dalla morte della moglie in giovane età e da quella dei figli, ancora bambini.

Dopo la morte, Quintiliano fu dimenticato, ma venne molto apprezzato nel Medioevo e nel Rinascimento dopo che venne scoperto, a San Gallo, un manoscritto con le sue opere. Il suo trattato di retorica venne preso a modello per lo studio di questa disciplina.

Le opere

L'unica opera giunta completa e la più importante di Quintiliano, è l'Institutionis oratoriae libri XII (La formazione dell'oratore), dedicata all'amico Vittorio Marcello e nella quale Quintiliano espone i risultati della propria riflessione teorica e della sua lunga esperienza di insegnante. Il resto della sua produzione non è pervenuto. Quintiliano non pubblicò i discorsi tenuti in tribunale, a eccezione di un'orazione andata perduta in difesa di un certo Nevio Arpiniano, accusato di aver ucciso la moglie.

Perduta è la sua prima opera, De causis corruptae eloquentiae (Le cause della corruzione dell'eloquenza), in cui Quintiliano, analizzati i motivi della decadenza dell'eloquenza e, più in generale, dell'arte del parlare e dello scrivere, ne individuava le cause nello stile "corrotto" di Seneca e nei maestri incompetenti e dediti alle artificiose e grottesche declamazioni, di moda già alla fine dell'età di Augusto.

Ai discepoli di Quintiliano sono dovuti 2 libri sull'arte retorica, Ars rhetorica, contenenti forse dispense del maestro, pubblicate tuttavia contro la sua volontà.

Le declamazioni tramandate dai manoscritti sotto il suo nome sono spurie: le19 dette "maggiori" sono databili al sec. IV; le 145 dette "minori" sono superstiti di una raccolta, collocabile fra il I e il II secolo, che ne comprendeva all'origine 388.

Formazione intellettuale e morale dell'oratore

Nel definire la figura dell'oratore ideale, Quintiliano riprende la formula del vir bonus dicendi peritus, cioè dell'uomo onesto abile nel parlare, già usata da Catone per sottolineare la preminenza delle doti morali sugli aspetti più specialistici della disciplina. Quintiliano si richiama soprattutto a Cicerone, alla sua sistematica capacità di organizzare ed esporre i propri pensieri nell'ambito dell'eloquenza; da lui mutua l'idea della formazione culturale dell'oratore, che deve essere più vasta e completa possibile, per quanto non ritenga indispensabili gli studi filosofici. Molto polemico, invece, è verso Seneca, cui imputa la responsabilità della degenerazione del gusto e quindi della pratica retorica. Lo stile di Seneca, spezzato e nervoso, gli appare l'espressione, sul piano formale, di un'inquietudine della coscienza e di una fragilità del sentire dannosi soprattutto per i giovani. Sostanzialmente trascurato è il rapporto fra l'esercizio dell'eloquenza e le condizioni politiche in cui essa si trova a operare. Nell'affrontare il tema dell'educazione del bambino, prima nell'ambito familiare e poi in quello scolastico, la preoccupazione per una pedagogia corretta e rispettosa della natura e delle esigenze del giovane gli detta pagine psicologicamente sottili.

Di grande interesse è anche l'excursus letterario contenuto nel libro X, in cui Quintiliano elenca, dividendoli per generi, gli autori greci e latini la cui lettura è utile alla formazione dell'oratore. Vi si nota la sua predilezione per quelli più recenti rispetto agli arcaici, l'intento di sottolineare l'originalità tutta latina di certi generi, soprattutto della satira, e la formulazione di giudizi critici molto felici, condivisi dalla sensibilità moderna.