La Riforma protestante e la Controriforma cattolica

La Controriforma e il Concilio di Trento

Già l'Umanesimo cristiano di Erasmo da Rotterdam o di Tommaso Moro propugnava una riforma interna alla Chiesa con il ritorno alla povertà evangelica, la condanna del nepotismo e l'abolizione delle pratiche superstiziose, tali tendenze furono ben presto messe in minoranza. Nel 1545 si aprì il Concilio di Trento, durato ben diciotto anni con alterne fasi (che comprendono anche lo spostamento della sede a Bologna nel 1547) condizionate dalla personalità dei papi succedutisi in quegli anni. I decreti conciliari, confermati dalla Bolla Benedictus Deus (1564) di Pio IV, portarono importanti innovazioni in campo pastorale: uniformarono la celebrazione della messa, istituirono i seminari diocesani per la formazione dei parroci, introdussero per i vescovi l'obbligo di residenza e di visita pastorale nelle diocesi, ripristinarono l'osservanza della regola nei conventi e nei monasteri. Dal punto di vista teologico furono definite le dottrine relative ai sacramenti e quella della transustanziazione (cioè della reale presenza del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino al momento della consacrazione eucaristica) fu riaffermata l'autenticità della “Vulgata”, cioè della traduzione della Bibbia in latino fatta da S. Girolamo. L'iniziativa dei parroci fu affiancata dall'opera di ordini religiosi riformati o di nuova istituzione impegnati in campo educativo o assistenziale (cappuccini, barnabiti, somaschi, teatini ecc.). Nel 1540 S. Ignazio di Loyola fondò la Compagnia di Gesù alle dirette dipendenze del pontefice, con compiti in campo educativo e missionario. Pochi anni prima del Concilio, nel 1542, papa Paolo III riorganizzò il tribunale romano dell'Inquisizione, su modello di quello spagnolo. Un altro strumento repressivo fu l'Indice dei libri proibiti (1559) che controllava la stampa. All'attività della Santa Sede corrispose nelle diocesi l'impegno pastorale e riformatore di grandi vescovi come Carlo Borromeo a Milano.