(Jamhuri ya Kenya). Stato dell'Africa orientale (610.000 km²). Capitale: Nairobi. Divisione amministrativa: province (8). Popolazione: 47.006.641 ab. (stima 2017). Lingua: swahili (ufficiale), inglese. Religione: protestanti 47,7%, cattolici 23,5%, altri cristiani 11,9%, musulmani 11,2%, animisti/credenze tradizionali 1,7%, altri 4%. Unità monetaria: scellino del Kenya (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,59 (142° posto). Confini: Etiopia e Sudan (N), Somalia (NE), Oceano Indiano (SE), Niger, Tanzania (S), Uganda (W). Membro di: COMESA, Commonwealth, EAC, ONU, UA e WTO.

Generalità

Il Paese mantiene sostanzialmente i contorni territoriali definiti in epoca coloniale, quando costituiva un possedimento dell'East Africa britannica. Geograficamente ha la sua area principale e più popolata nelle alteterre che, a E del lago Vittoria, sono attraversate dal solco orientale della Rift Valley, zona tra le più belle e accoglienti dell'Africa per il clima mite e le terre fertilissime. A esse gli inglesi aggregarono, per ragioni amministrative, i territori del Nord fino ai limiti settentrionali della loro espansione nell'East Africa (lago Turkana), e la fascia costiera, integrata con le alteterre grazie alla ferrovia che da Mombasa sale verso Nairobi e il lago Vittoria. Sulle alteterre gli inglesi svolsero un'opera di colonizzazione intensa e impiantarono le loro attività in un modo analogo a quanto fecero nell'attuale Sudafrica; tuttavia non sono riusciti a fare del Kenya una terra “bianca”. A contatto con gli inglesi le popolazioni locali, e in particolar modo i kikuyu, presero via via coscienza della propria individualità africana e diedero poi vita a quel movimento nazionalista che portò il Paese all'indipendenza nel 1963. Il Kenya appare come uno dei Paesi africani turisticamente più sviluppati e accoglienti. Sono presenti infatti buone vie di comunicazione, ottime strutture alberghiere e un enorme patrimonio naturalistico che ha consentito e consente a milioni di visitatori di sperimentare le magiche avventure dei safari.

Lo Stato

Il Kenya è una Repubblica. La Costituzione del 2010 (che ha sostituito la precedente del 1991) ha attribuito ampi poteri alle contee; il Presidente della Repubblica, che è anche capo dell’esecutivo, è eletto a suffragio diretto con mandato di 5 anni, al pari dell’Assemblea nazionale (337 membri eletti direttamente, con 47 seggi riservati a donne, cui si aggiungono 12 membri scelti dall’Assemblea e uno ex officio) e del Senato (67 membri). Il sistema giudiziario in uso nel Paese si basa sulla Common Law britannica con influenze tribali e islamiche. L'Alta corte ha competenza illimitata in materia civile e penale e, oltre a rappresentare l'ultima istanza di giudizio, ha anche la funzione di tribunale di secondo grado. Successivamente troviamo tribunali ordinari e tribunali religiosi, per i casi relativi alla legge islamica. La pena di morte è in vigore, ma le esecuzioni non hanno luogo dal 1987. Le forze armate, suddivise in esercito, marina e aviazione, sono affiancate dall'organizzazione paramilitare di polizia locale. Il Paese riceve assistenza militare da USA e Regno Unito. Il servizio militare viene effettuato su base volontaria. Con l'indipendenza del Paese è stato creato un sistema scolastico statale diffuso uniformemente sul territorio; ciò ha portato a un abbassamento del tasso di analfabetismo che si attestava, secondo una stima del 2015, al 22%. Il ciclo educativo si articola nella scuola primaria, obbligatoria e gratuita, della durata di 8 anni, e nella scuola secondaria, della durata di 4 anni e organizzata in due indirizzi, quello magistrale e quello tecnico-professionale: a quest'ultimo viene riconosciuta molta importanza essendo connesso ai problemi dello sviluppo economico e tecnologico. Grande importanza hanno l'Università dell'Africa orientale (Nairobi, 1961) e l'Istituto Politecnico del Kenya (Nairobi, 1961).

Territorio: morfologia

Le alteterre del Kenya, gli Highlands, sono, insieme all'Acrocoro Etiopico, le sezioni più elevate della cosiddetta “Africa alta”: l'altitudine media è superiore ai 2000 m, ciò che spiega il felice clima della terra keniota. Gli Highlands hanno assunto i lineamenti attuali in seguito alla formazione della Rift Valley, che attraversa il territorio del Kenya con il suo ramo orientale. La grande frattura coincide, a N, con l'invaso del Turkana, la cui forma allungata è una chiara indicazione della sua origine tettonica; essa continua verso S con l'affossamento occupato dai diversi laghi (il Baringo, il Hannington, il Nakuru) e infine col solco dell'Ewaso Ngiro e dei laghi Magadi e Natron, al confine con la Tanzania. Gli orli della fossa formano, nella sezione centrale, un grandioso duplice allineamento montuoso, con l'Aberdare Range (3999 m nel monte Lesatima) da un lato e il Mau Escarpment (3099 m) dall'altro. Sono rilievi in parte coperti dagli espandimenti vulcanici cenozoici, sovrappostisi al substrato cristallino archeozoico, che affiora in larghe superfici del Paese. Alla stessa attività vulcanica si collega la nascita dei grandi coni che dominano gli Highlands, tra cui ai margini del Kenya il Kilimangiaro (5895 m), che però si eleva nel territorio della Tanzania, e l'Elgon (4321 m), al confine con l'Uganda. La massima cima del Paese è il monte Kenya (5199 m), un gigantesco pilastro emerso all'epoca in cui si è formata la frattura della Rift Valley. La morfologia degli Highlands è priva di grandi asperità: i profili sono aperti, ma non mancano qua e là Inselberge, emersioni di rocce granitiche antiche. Nell'interno l'altopiano scende rapidamente alla conca del lago Vittoria; sul lato orientale invece esso gradualmente si abbassa, con una serie di terrazze, verso la pianura costiera, che, non molto ampia all'altezza di Mombasa, si allarga a N del fiume Galana, sino a raggiungere i 200 km al confine con la Somalia. La costa è bassa, frammentata da isolotti e lagune, quindi poco praticabile; non mancano lunghe barriere coralline. La parte settentrionale del Paese infine – estremo lembo meridionale dell'Acrocoro Etiopico – ha un'altitudine media di ca. 800 m ed è dominata da emergenze granitiche (monti Huri, 1480 m; Jibisa, 1605 m) in un tipico paesaggio savanico tabulare.

Territorio: idrografia

L'idrografia è povera. Il lago Turkana è un bacino endoreico ed è alimentato quasi interamente da un fiume etiopico, l'Omo. Endoreici sono anche gli altri laghi della sezione centrale e meridionale della fossa, tutti fortemente salati. Il Kenya orientale tributa però all'Oceano Indiano soprattutto mediante i fiumi Tana e Galana (ai cui apporti alluvionali si deve gran parte delle pianure costiere); essi si originano sul versante esterno della scarpata che orla la fossa, e il loro regime, legato al ritmo delle precipitazioni, è molto variabile nel corso dell'anno. Per il rimanente, la rete idrografica è per lo più rappresentata da uadi.

Territorio: clima

Il clima del Kenya è condizionato dalla posizione del Paese, che è attraversato dall'Equatore, dalla sua esposizione all'oceano e infine dall'altitudine. A questa si devono le mitigate temperature degli Highlands, che oscillano a Nairobi (1662 m) tra minimi stagionali di 12-13 ºC e massimi di 25-26 ºC: il valore relativamente basso delle escursioni termiche si deve alla posizione equatoriale. A Mombasa, sulla costa, le medie dei minimi e dei massimi passano da 22 ºC a 30 ºC. Le variazioni annue delle temperature, come il regime delle precipitazioni, dipendono dalle condizioni instaurate dal gioco alterno degli alisei, legato ai due passaggi equinoziali del fronte intertropicale nel corso dell'anno. Quello primaverile segna l'inizio del periodo più piovoso dell'anno, il cosiddetto periodo delle lunghe piogge (masika). Le precipitazioni sono dovute agli influssi dell'aliseo di SE e in particolare sono suscitate dalle alte pressioni che stagnano sull'Oceano Indiano, tanto che si può benissimo parlare di monsone. Le piogge durano da marzo a giugno e in questo periodo le temperature segnano i valori più bassi. In autunno, al successivo passaggio del fronte intertropicale, si ha l'inizio di un secondo periodo piovoso, però di poca consistenza (si parla di brevi piogge o mvuli, dette anche “piogge del miglio”), indotto dall'aliseo di NE, che investe in modo piuttosto marginale il Paese. La quantità annua di precipitazioni varia secondo l'altitudine: a Nairobi esse attingono appena i 600 mm, ma si elevano fino a 1800 mm nelle zone poste verso i 2000 m d'altitudine, crescendo ancora sulle meglio esposte pendici orientali dei grandi vulcani. Piuttosto arida è la parte settentrionale del Paese, dove le precipitazioni non superano in media i 400 mm annui. Piogge copiose si hanno invece sulla fascia costiera (fino a 1500 mm) perché ben esposta agli alisei, ma soprattutto molto elevata è l'umidità relativa (85-95%) e si trovano in sostanza le condizioni più tipiche dei climi equatoriali umidi. Ciò non si può dire degli Highlands, e per definirne il clima si parla talora di eterna primavera.

Geografia umana: il popolamento

Prima della penetrazione europea il territorio del Kenya era diviso in due distinte aree di popolamento. Sulla costa vi erano popolazioni che avevano conosciuto il contatto con il mondo arabo, il quale già alla fine del sec. X aveva posto alcune sue basi commerciali, come Lamu, Malindi, Mombasa, arricchitesi con il drenaggio di oro e schiavi provenienti dal favoloso regno di Monomotapa. Nelle zone interne, negli Highlands in particolare, alle più antiche genti khoisanidi (i cui discendenti attuali sembrano essere i dorobo) si erano progressivamente sovrapposti i popoli bantu, i quali nel sec. XVI conobbero la penetrazione di gruppi nilo-camitici, come i masai. Questi, ancora rappresentati nella parte più meridionale del Paese (sono il 2,2%) e soprattutto nella vicina Tanzania, sono stati protagonisti principali, con il gruppo bantu dei kikuyu, della storia più recente degli altopiani. Popoli pastorali i primi, agricoltori i secondi, essi furono sempre tra loro divisi, e si contesero le fertili alteterre. Ma tra i due gruppi conobbe maggiore espansione, soprattutto in epoca recente, quello dei kikuyu, che via via ricacciarono i masai nelle zone steppiche, imponendosi e prosperando nelle terre agricole e produttive: vi contribuì la colonizzazione britannica, che dei kikuyu, si servì per rinsaldare la propria conquista sugli altopiani, detti ben presto White Highlands, gli “altopiani dei bianchi”, disseminati di belle fattorie. La costruzione della ferrovia attivò ulteriormente l'economia della regione ed emarginò in modo definitivo i masai, un popolo che ancora è rimasto ancorato ai suoi modi di vita originari, e insensibile a ogni richiamo di vita moderna. I kikuyu per contro si fecero gli interpreti della modernizzazione del Paese e della stessa indipendenza. Essi costituiscono ancora il gruppo più numeroso e più rappresentativo (con il 17,2%) del Kenya, che però ospita nel territorio un gran numero di gruppi tribali diversi. Dopo i kikuyu, un altro gruppo consistente è quello dei luo (10,5%), popolo di radice nilotica che vive sulle sponde del lago Vittoria (golfo Kavirondo) praticando l'agricoltura e l'allevamento. Di ceppo bantu sono i luhya (13,8%), i kamba (10,1%), i mijikenda (5,1%) e i kisii (5,7%), stanziati intorno al lago Vittoria, i meru (4,3%). Gruppi minori bantu vivono nel bacino inferiore del fiume Tana e presso la costa (pokomo, ghiryama, nyika ecc.), mentre di origine nilo-camitica sono i gruppi che vivono nelle zone settentrionali, come i turkana (2,6%), i nandi, i suk, i kalenjin (12,9%) e i samburu . Numerose tribù camitiche (somali ecc.) abitano infine l'arido Kenya nordorientale. In totale le altre etnie costituiscono l'15,6% della popolazione. Esistono anche minoranze non africane: la più numerosa è quella degli indo-pakistani cui seguono europei e arabi.

Geografia umana: lo sviluppo demografico e urbanistico

La popolazione cresce annualmente a un tasso medio elevato. La densità media è di 77,6 ab./km², ma la distribuzione della popolazione, essenzialmente legata alla varietà di condizioni climatiche, è assai ineguale. La maggiore densità si ha nei fertili e ben coltivati Highlands, al di sopra dei 1500 m: è elevata nella Provincia Occidentale (Western) e nella provincia di Nyanza, affacciata al lago Vittoria, ed è ancor maggiore nella Provincia Centrale (Central). La densità dell'area di Nairobi è altissima (4439 ab./km2), mentre, con soli 19 ab./km2, è il North-Eastern la provincia meno popolata. Il resto degli abitanti abita in villaggi. Esempio tipico è quello dei masai, i cui villaggi (manyatta) hanno pianta circolare che si sviluppa intorno allo spazio riservato al bestiame (kraal). Negli Highlands le popolazioni agricole come i kikuyu vivono in capanne sparse, con accanto il piccolo campo di mais o di miglio e il recinto per il bestiame. Numerosi, comunque, sono i grossi villaggi costituitisi in rapporto alle attività moderne che fanno capo ai numerosi centri e alle cittadine sorte in epoca coloniale, per lo più con funzioni commerciali, oltre che sedi di servizi pubblici. La popolazione urbana vive soprattutto nelle due città maggiori, Nairobi e Mombasa, vertici dell'organizzazione territoriale, che ha il suo asse nella ferrovia, costruita come tipico elemento di penetrazione coloniale. Mombasa è il centro portuale e polo principale della fascia costiera, Nairobi è il fulcro urbano degli Highlands, oltre che capitale del Paese. È una città moderna, di stampo europeo, piena di traffici, con svariate attività commerciali e finanziarie avviate da europei e indiani. Agli inizi del sec. XX era solo un campo base della società costruttrice della ferrovia, ma è divenuta una delle più moderne e vivaci capitali africane. Altri centri importanti sono Nakuru, capoluogo della provincia della Rift Valley; sorge in un luogo reso gradevole dalla vicinanza del cratere del Menegai e dalle acque del lago Nakuru ; Kisumu, per la sua attività portuale sul lago Vittoria, Malindi, per il ruolo svolto nel turismo internazionale, Nyeri ed Eldoret, importante centro ferroviario verso l'Uganda.

Territorio: ambiente

Il Kenya possiede una straordinaria biodiversità, che rispecchia la varietà delle differenti condizioni climatiche e morfologiche del suo territorio. L'antica foresta equatoriale sopravvive in alcuni lembi della fascia costiera e lungo i fiumi, dove prende l'aspetto della foresta a galleria; in molti punti essa ha lasciato il posto a una foresta secondaria formata da cespugli, eriche, felci arboree, ficus, bambù, liane ed epifite. Lungo il litorale sono presenti foreste di palme, mangrovie, teak e sandalo, mentre le zone palustri del lago Vittoria sono il regno di canneti, papiri e grandi acacie. Le montagne presentano verso l'alto una successione spettacolare di fasce vegetali: alla quota di 2500 m la foresta umida ed estremamente vigorosa via via dirada, passando in savana e poi in praterie grasse dove s'impongono seneci, lobelie giganti ecc.; più in alto si giunge alla prateria di tipo alpino e infine si ha il passaggio verso l'ambiente nivale. Sugli altopiani e nelle pianure predomina la savana alborata con euforbie, baobab e acacie. Dove le piogge si fanno più abbondanti cresce la savana-parco, mentre nelle zone meno piovose si ha la steppa dal manto erboso. La parte a NE, infine, è semidesertica: qui crescono solo acacie, cespugli spinosi e qualche palma dum. Numerosi sono gli animali che popolano questa terra, dai grandi predatori come leoni, leopardi e ghepardi, agli erbivori come elefanti, zebre, antilopi, gazzelle e giraffe, ma anche necrofagi come sciacalli, iene e avvoltoi e una ricca fauna alata come cicogne, gru, fenicotteri rosa, aironi e avocette. Le aree protette sono il 10,505% del territorio e comprendono 20 parchi nazionali, tra i quali due sono stati dichiarati patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO: i Parchi naturali del Lago Turkana (1997-2001) e il Parco nazionale del Monte Kenya (1997). Nel 2011 anche il Sistema dei laghi della Rift Valley è stato dichiarato patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Economia: generalità

L'economia kenyota prima dell'arrivo degli inglesi si basava su un agricoltura e un allevamento di sussistenza nelle zone interne del Paese e sui commerci con Asia e mercati arabi nelle zone costiere. Alla fine dell'Ottocento la Gran Bretagna cominciò a insediarsi militarmente e politicamente nell'area e impose al Kenya una struttura economica tipicamente coloniale: furono create le piantagioni (caffè, tè, grano e piretro), venne costruita la linea ferroviaria ugandese e aperte piccole attività manifatturiere. La popolazione indigena fu quasi totalmente esclusa dalle proprietà terriera. Una volta ottenuta l'indipendenza (1963) il governo promosse iniziative tese a incentivare lo sviluppo locale: ampliamento dei servizi alle aziende agricole, estensione del credito agli agricoltori, approvò una legge sulla protezione degli investimenti e la creazione di alcune aree in cui le imprese che destinavano la maggior parte della propria produzione all'esportazione godevano di particolari privilegi e incentivi (Exporting Processing Zone, EPZ). Nel periodo tra il 1963 e il 1990 il tasso di crescita dell'economia fu in media del 6%, tuttavia sopratutto il comparto agricolo andò progressivamente peggiorando a causa del credito inadeguato a condizioni commerciali internazionali sfavorevoli. Tra il 1991 e il 1993 la situazione peggiorò notevolmente, il PIL smise di crescere, l'inflazione arrivò al 100%, l'altissima spinta demografica (l'indice d'incremento medio negli anni dal 1993 al 1998 fu del 1,7% annuo), non accompagnata da un'adeguata espansione del mercato del lavoro, rese gravissimi i fenomeni della disoccupazione e della sottoccupazione. La crisi economica diventò endemica, assumendo caratteri drammatici nel giugno-luglio 2000, a causa della grave siccità che colpì il Paese. Le due maggiori dighe vennero chiuse per la scarsità d'acqua e l'energia elettrica fu razionata; i prezzi dei generi alimentari e della benzina si moltiplicarono e il valore della moneta crollò. Nel 2001, comunque, fu di nuovo istituita la Comunità dell'Africa Orientale (composta da Kenya, Tanzania e Uganda) con l'obiettivo di favorire la crescita del libero commercio attraverso l'armonizzazione dei dazi doganali. L'economia del Kenya (il PIL nel 2008 è stato pari a 30.236 ml $ USA) mostra all'inizio del Duemila i suoi aspetti di grave dipendenza dal capitale straniero che ha introdotto, soprattutto nell'industria, elementi speculativi tipicamente coloniali. La stessa indubbia crescita del prodotto nazionale, è andata in pratica ad arricchire da un lato le grandi società statunitensi ed europee da cui dipendono gli investimenti operati nel Paese, dall'altro una ristretta fascia di già prosperi imprenditori kenioti. Ne è derivato un accresciuto benessere di pochi, pagato con un deficit fortissimo della bilancia commerciale, deficit aggravato dagli enormi rincari petroliferi, in quanto il Kenya dipende ampiamente dalle importazioni per il proprio fabbisogno energetico. Il reddito annuo pro capite non supera i 857 $ USA (2008), gli aiuti internazionali faticano a sostenere la ripresa. Né, infine, il pur modesto processo di modernizzazione attuato dalle forze governative ha coinvolto il Paese nel suo complesso; si è anzi accentuato il dualismo, che vede contrapposte le grandi masse contadine e pastorali, il più delle volte ancorate ai metodi di produzione più tradizionali e scarsamente redditizi, alle minoranze urbanizzate, in genere inserite in strutture operative tecnicamente avanzate e maggiormente remunerative. Gli squilibri sociali permangono d'altronde non meno gravi di quelli economici. Dal 2014 il paese riesce a finanziarsi anche con l’emissione di titoli di stato sul mercato internazionale. Il cronico deficit di bilancio compromette i piani di sviluppo. Elevata la disoccupazione (9,3% nel 2018). L’inflazione è calata nel 2018-19, ma resta sensibile all’andamento dei raccolti. Nel 2018 il PIL si attestava a 89.205 ml $ USA e il PIL pro capite a 1857 $ USA. 

Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca

Le attività primarie occupavano ca. 57,5% della popolazione attiva (2018), partecipando per il 33,4% alla formazione del prodotto nazionale. Il settore è calato profondamente dagli anni Settanta del Novecento, colpito spesso da prolungate siccità, da inondazioni e da fenomeni quali l'erosone e la desertificazione che hanno ridotto la percentuale di terre coltivabili al 8%. Non disponendo – al di fuori delle grandi piantagioni – di tecnologie adeguate, il settore agricolo tende a consumare quantità crescenti di spazio. Si crea, in questo modo, soprattutto nelle aree sottoposte a maggiore pressione demografica, un conflitto con le importanti attività turistiche, polarizzate da alcune zone costiere (per esempio Malindi) e dai numerosi parchi nazionali e riserve naturali. L'agricoltura presenta il tipico dualismo di derivazione coloniale; da un lato vi è l'agricoltura di sussistenza, che occupa la gran massa della popolazione contadina ma rimane poco redditizia, dall'altro l'agricoltura di piantagione, d'impostazione commerciale, altamente produttiva e avviata con successo dai farmers inglesi e sudafricani grazie alle favorevoli condizioni ambientali delle alteterre kenyote. L'agricoltura di sussistenza fornisce soprattutto cereali, tra cui il mais prevale nelle alteterre meglio irrorate, il miglio e il sorgo nelle aree più povere; si coltivano anche grano, riso ecc. Per l'alimentazione locale hanno altresì rilievo la manioca, la patata dolce e la patata, le banane e taluni prodotti orticoli. L'agricoltura commerciale è rivolta soprattutto alle coltivazioni del caffè, il cui ambiente ideale è nelle alteterre intorno al monte Kenya, e del tè, esso pure diffuso sugli altopiani. Nella regione costiera si coltivano cotone, canna da zucchero, agave sisalana e palme da cocco. Tra le colture fruttifere (agrumi ecc.), importante è quella dell'ananas, che alimenta una fiorente industria conserviera. È infine peculiare del Kenya il piretro, la cui essenza è usata come insetticida e di cui il Paese è tra i maggiori produttori mondiali. § Lo sfruttamento forestale è legato non solo alla produzione di legname, ma anche alla conservazione dell'habitat naturale e al turismo; boschi e foreste coprono oltre il 30% della superficie territoriale. Le essenze pregiate (cedri, podocarpi, ecc.) si trovano sopratutto nella fascia montuosa tra i 2000 e i 2700 m di altitudine. § L'altra grande risorsa economica del Paese è l'allevamento del bestiame; esso viene praticato sugli altopiani dai contadini, che integrano così la loro economia agricola, ma rappresenta l'unica fonte di reddito per talune popolazioni, come i turkana e i masai. Particolarmente cospicuo è il numero dei bovini, ma ben rappresentati sono anche i caprini e gli ovini nonché i volatili da cortile; l'area di maggior sviluppo zootecnico è la Great Rift Valley. Nel Nord sono diffusi, presso i turkana e i somali, anche i dromedari. L'allevamento bovino, gestito in parte da europei, alimenta una vivace attività lattiero-casearia a carattere commerciale (che fornisce latte, burro, formaggi ecc.) e inoltre un consistente commercio delle carni: nel complesso il Kenya è uno dei pochi Paesi africani a poter contare su una zootecnia modernamente organizzata. § La pesca, piuttosto modesta, viene praticata dalle popolazioni rivierasche sia nelle acque interne, tra cui il lago Vittoria, sia lungo la costa.

Economia: risorse minerarie e industria

L'industria partecipa per ca. il 18,5% alla formazione del reddito nazionale e si concentra nei dintorni di Nairobi e Mombasa; presenta una gamma abbastanza varia di attività, sia nelle produzioni di base sia in quella dei beni di consumo. Un discreto incremento hanno registrato i settori siderurgico, chimico (soprattutto per i fertilizzanti) e petrolchimico, del cemento e dei materiali da costruzione; la maggior parte delle attività industriali riguarda tuttavia la lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici locali, annoverando perciò conservifici, zuccherifici, birrifici, manifatture di tabacchi, oleifici, complessi molitori, impianti per la lavorazione delle pelli, cotonifici ecc. § Il Kenya è piuttosto povero dal punto di vista minerario, anche se possiede una certa varietà di minerali: oro, argento e piombo (a nord di Mombasa), rame, gesso, soda (nei pressi del lago Magadi), fluorite e sale fornito dalle saline presso Malindi. Mancano minerali energetici; la necessaria energia viene prodotta sia da petrolio d'importazione, che alimenta alcune centrali termoelettriche presso i centri maggiori, sia soprattutto da grandi impianti idroelettrici (quasi due terzi dell'energia prodotta è di origine termica). Importante anche la produzione di energia geotermica, nella Rift Valley dove sono presenti sorgenti calde, soffioni e geyser.

Economia: commercio, comunicazioni e turismo

Più degli scambi interni, piuttosto limitati, contano nell'economia del Kenya quelli internazionali. Si esportano un numero ridotto di beni quasi tutti legati alla produzione agricola (caffé, tè pelli e cuoio) e prodotti petrolchimici, quindi pelli e cuoio, cemento, piretro ecc.; esporta verso Uganda e Tanzania e, al di fuori dell'Africa, verso l'Unione Europea (Regno Unito). Le importazioni riguardano essenzialmente macchinari, autoveicoli, beni di consumo, petrolio greggio, ferro e acciaio ecc. Pur con ampie oscillazioni nell'andamento della bilancia commerciale, sempre gravemente passiva, le esportazioni sono in genere pari ai due terzi delle importazioni. § Nonostante abbiano registrato un certo miglioramento le vie di comunicazione sono tuttora piuttosto carenti soprattutto dal punto di vista qualitativo. L'asse principale è la ferrovia da Mombasa a Nairobi, la quale giunge poi sino a Kampala (Uganda), e che, con le sue brevi diramazioni, raggiunge appena i 3296 km (2017). Una relativamente ampia rete stradale, che si sviluppa complessivamente per 144.418 km (2017), di cui però solo 8900 km asfaltati, collega tutte le principali città. Trasporti aerei assicurano vari collegamenti interni e con Paesi asiatici, africani ed europei; principali aeroporti sono quello di Nairobi/Jomo, Kenyatta, Kisumu, Malindi, Mombasa/Moi. § Il Kenya ha rappresentato un caso atipico, fra i Paesi sottosviluppati, di conservazione ambientale, avendo creato, a partire dal 1945, un sistema di aree sottoposte a vincolo che è arrivato a coprire un'alta percentuale dell'intera superficie territoriale. Il turismo costituisce dal 1987 la prima fonte di valuta, avendo portato introiti superiori a quelli di ogni singola merce d'esportazione. Verso la fine degli anni Novanta del Novecento sono emerse appieno le difficoltà di conciliare le esigenze della popolazione autoctona con quelle del turismo di massa: la crescita delle attrezzature ricettive e il conseguente aumento dei turisti, portò a una presenza intensiva e a volte scarsamente rispettosa proprio dei valori ambientali. I “pacchetti” turistici più diffusi riversavano, nella stagione invernale, migliaia di persone negli aeroporti di Nairobi, Mombasa e Malindi e i safari fotografici generavano flussi di trasporto automobilistico ingenti quanto a numerosità dei veicoli e conseguente impatto ambientale, diretti verso i parchi ormai divenuti “classici” di Tsavo, Amboseli e Masai Mara (quest'ultimo dotato anche di un aeroporto), lungo il confine con la Tanzania, nonché del monte Kenya e dei Meru, più a nord e dei parchi Nakuru e Aberdare, nella sezione centro-occidentale del Paese. Dopo la crisi provocata dal "rischio terrorismo" negli anni 2003-2004, il flusso turistico e ha registrato 1.364.000 ingressi nel 2017.

Preistoria

La più antica preistoria del Kenya è nota soprattutto per le ricerche effettuate da L. S. B. Leakey e G. L. Isaac. Numerose località sono famose per avere restituito resti di ominidi molto antichi: Baringo (9 milioni di anni), Lukeino (6 milioni di anni) Lothagam (ca. 5 milioni di anni). Industrie arcaiche sono state rinvenute in particolare nella regione di Koobi Fora a est del Lago Turkana: Olduvaiano nel sito KBS (livelli più antichi datati a circa 1,8 milioni di anni); Olduvaiano evoluto dai livelli Karari, datati a ca. 1,5-1,4 milioni di anni. Industrie attribuite a questa fase sono anche note a Chesowanja, nel Kenya centrale, da dove provengono resti di Australopiteco robusto datati a ca. 1,4 milioni di anni. Livelli di diverse fasi dell'Acheuleano sono noti nell'importante sito di Olorgesaile, ca. 50 km a sud-ovest di Nairobi, e in quello di Isenya. Un Acheuleano, associato a resti umani attribuiti a un rappresentante arcaico di Homo sapiens, proviene dal sito di Kanjera. Industrie del Middle Stone Age e del Late Stone Age si trovano, tra l'altro, nei dintorni di Isenya e a Lukenya Hill, vicino a Nairobi. Complessi di tipo Paleolitico superiore, noti col nome di Eburriano, sono conosciuti a Gamble's Cave, nella zona centrale del Rift e a Nderit Drift, a sud del lago Nakuru. Accampamenti di pescatori di epoca compresa tra 9000 e 5000 a. C. sono stati rinvenuti a Ileret, a Lothagam e a Lowasera, sulla sponda orientale del lago Turkana.

Storia: dalle origini alla costituzione della Repubblica

Ipotesi attendibili fanno ritenere che la grande area, poi nota col nome di East Africa, ospitasse popolazioni boscimane e proto-camite. I neri debbono essersi stanziati nella regione a partire dal decimo millennio a. C.; a essi avrebbero fatto seguito emigrazioni di genti camite, bantu, nilotiche e nilotico-camite. Le prime descrizioni del litorale del Kenya si trovano nel Periplo del Mare Eritreo, documento redatto verso il 110 d. C. Commercianti egiziani, greco-romani, arabi e persiani frequentarono certamente quel litorale. Gli stanziamenti arabi e persiani influenzarono in maniera determinante la storia delle regioni costiere, che a partire dalla fine del sec. VII furono conquistate da gruppi di arabi islamizzati. Nel 1498 Vasco da Gama raggiunse prima Mombasa e poi Malindi e nei primi anni del sec. XVI i portoghesi imposero la loro presenza su tutti i principali centri e isole del litorale. I successivi due secoli furono caratterizzati da continue lotte tra arabi e portoghesi e si conclusero con l'abbandono da parte di questi ultimi delle loro posizioni. L'interesse della Gran Bretagna per quella parte dell'Africa orientale si manifestò nel 1840 con la nomina di un console a Zanzibar (al sultano di Zanzibar apparteneva anche la sovranità d'un lungo tratto costiero dell'Africa orientale). La concorrenza della Germania convinse l'Inghilterra ad assicurarsi un'ampia zona d'influenza in quell'area geografica, sanzionata dall'accordo anglo-tedesco del 1886. La British East Africa Association prima e la Imperial British East Africa Company poi assunsero l'amministrazione della vasta regione, che prese in seguito il nome di Uganda e Kenya e che fu, nel 1895, rilevata dal governo inglese. Il contemporaneo insediamento di coloni bianchi e la confisca delle terre dei nativi (in particolare delle tribù kikuyu) determinò un grave turbamento nella vita del Paese; turbamento che si palesò, già dopo il primo conflitto mondiale, attraverso l'azione della East Africa Association e della Kikuyu Central Association, e assunse aspetti più acuti dopo la seconda guerra mondiale sotto la guida di Jomo Kenyatta, presidente della Kenya African National Union (KANU), che raccolse grandi consensi divenendo leader autorevole del nazionalismo keniota. Tra il 1952 e il 1956 il movimento terrorista Mau-mau portò la Gran Bretagna a proclamare lo stato d'emergenza e contemporaneamente ad accelerare l'introduzione di riforme politico-costituzionali. Le Costituzioni del 1958, del 1960 e del 1962 portarono all'autogoverno. Il 12 dicembre 1963 il Kenya accedette all'indipendenza come monarchia per trasformarsi in Repubblica il 12 dicembre 1964, pur restando membro del Commonwealth. Kenyatta venne eletto presidente della Repubblica e capo del governo. Sciolte le altre formazioni politiche, nel 1969 instaurò di fatto il monopartitismo e, nonostante vari rimpasti ministeriali e accuse di corruzione, il vecchio leader venne sempre rieletto plebiscitariamente.

Storia: il dopo Kenyatta

Morto Kenyatta (1978), la presidenza della Repubblica venne assunta da Daniel Arap Moi (successore designato da Kenyatta), che si trovò a fronteggiare dissensi e tensioni interne, culminate in un tentativo di colpo di stato nel 1982. Moi, riconfermato nel 1983 e poi ancora nel 1988, instaurò così una politica di oppressione che, in particolare dal 1986, accrebbe le tensioni socio-politiche e quelle interetniche. Alla fine degli anni Ottanta lo scontento per la corruzione dilagante nel governo e le difficoltà economiche del Paese si espresse nella richiesta dell'abolizione del sistema a partito unico e nel consolidamento dei gruppi d'opposizione, generalmente repressi. Solo nel dicembre 1991, a seguito delle sempre crescenti pressioni interne e internazionali, l'Assemblea straordinaria della KANU approvò un documento che legalizzava i partiti di opposizione, sancendo il ritorno al pluralismo politico. Alla fine del 1992, in un clima di nuovi scontri etnici, che videro opporsi soprattutto Masai e Kalenjin a Kikuyu, Moi venne ancora una volta rieletto alla presidenza della Repubblica, mentre la KANU conquistava la maggioranza dei seggi dell'Assemblea Nazionale. Dopo nuovi segni di irrigidimento politico da parte del presidente della Repubblica, che ebbero riscontri in politica estera con la sospensione degli aiuti internazionali, la campagna elettorale del 1997 fu caratterizzata in tutto il Paese da violente manifestazioni di protesta contro la politica economica del governo. Alla fine dello stesso anno le elezioni presidenziali e legislative, nonostante la crescita interna di un'opposizione che denunciò brogli e irregolarità di voto, riconfermarono a capo dello Stato Moi e assegnarono la maggioranza, nell'Assemblea Nazionale, alla KANU. Dopo un primo rimpasto di governo nel 1999, nel giugno 2001 Moi decise di costituire un nuovo governo di coalizione, in cui entrò anche il leader storico dell'opposizione, Raila Odinga. Nelle elezioni presidenziali svoltesi alla fine del 2002 Moi, dopo 24 anni di governo, non si presentò come candidato e l'opposizione, riunita nella coalizione Arcobaleno, portò il proprio candidato, l'economista Mwai Kibaki a diventare il terzo presidente del Kenya. Nonostante le promesse elettorali il nuovo presidente non riuscì a migliorare le condizioni economiche e politiche del Paese dove corruzione e scarsa sicurezza continuavano a essere problemi rilevanti; tentò anzi di rafforzare i propri poteri presentando, nel novembre 2005, un referendum sulla modifica della Costituzione: nella consultazione prevalsero i pareri contrari e come conseguenza Kibaki costrinse l'intero governo a dimettersi. Nuove elezioni presidenziali si svolsero nel 2007; esse, vinte per pochi voti da Kibaki, furono aspramente contestate sia da Odinga sia dagli osservatori internazionali. Nel Paese scoppiarono scontri violenti tra le fazioni politiche (e in parte etniche) che causarono oltre 1000 morti. La crisi era risolta nell'aprile 2008 dopo una mediazione dell'ONU che poratava alla creazione di un governo di unità nazionale e alla nomina di Odinga alla carica di primo ministro. Dopo una serie di attentati e incursioni in territorio keniota dei miliziani somali di Al Shabaab, nell'ottobre del 2011 l'esercito sferrava un attacco ai guerriglieri islamisti entrando in territorio somalo. Nel 2013 le elezioni presidenziali si svolgevano in un clima di forte tensione e hanno visto la vittoria del candidato della Jubilee coalition Uhuro kenyatta, riconfermato anche alle consultazioni del 2017. Nell'ottobre 2017, in seguito alle accuse di brogli e irregolarità mosse dall'opposizione, si svolgevano nuove elezioni, vinte nuovamente da Kenyatta.

Cultura: generalità

Abitato da numerose tribù di provenienza diversa, il Paese presenta grande disparità di usi e costumi. Tra i masai la ricchezza si misura con il numero di capi di bestiame, così come è segno di prosperità avere diversi figli. Nelle aree urbane molti indossano abiti occidentali, che però non sempre sono segno di un alto status sociale. Le donne portano in genere il variopinto kanga, un grande pezzo di stoffa che viene drappeggiato come se fosse uno scialle o una gonna, portando sulla testa una sciarpa. Alcuni gruppi etnici, come i kikuyu e i luo, hanno adottato usi e costumi occidentali molto più rapidamente di altre etnie, che invece preferiscono mantenere gli ornamenti e l'abbigliamento tradizionali. Le donne delle tribù nomadi del nord, per esempio, indossano il gorfa, una pelle di capra o di pecora tinta di rosso o di nero drappeggiata intorno al corpo, tenuta a posto da un cordone di pelle e una cintura di corda. Il mais è l'alimento principale per i kenyani; viene ridotto in farina e preparato come un porridge (posho), e viene talvolta mescolato a fagioli, patate o verdure, per comporre un piatto detto irio. Altro piatto piuttosto diffuso è l'ugali, uno stufato di manzo; si consuma direttamente da una grossa pentola, dove ognuno si serve usando un pezzo di carne come cucchiaio per raccogliere fagioli e altre verdure. Altri piatti popolari sono il matoke (purè di banana) e gli ortaggi bolliti (mboga). I pastori basano la loro alimentazione sul latte, mentre si consuma pesce vicino al mare e lungo le coste del Lago Vittoria. Le bevande più diffuse sono il tè con latte e zucchero e il vino di palma. Sono molti gli eventi celebrati nel Paese: a Lamu ha luogo il Maulid Festival, che celebra la nascita di Maometto; il carnevale di Mombasa, nel mese di novembre, è ravvivato da musica e danze; il Tusker Safari è un torneo internazionale di rugby che si tiene presso Nairobi nel mese di giugno. I siti UNESCO patrimonio dell'umanità sono la città vecchia di Lamu (2001) e gli antichi villaggi fortificati, detti kayas (2008) dell'antico popolo dei mijikenda, ubicati nelle foreste lungo la costa e il forte Jesus a Mombasa (2011) , un esempio di fortificazione militare portoghese del XVI secolo.

Cultura: letteratura

Il vasto campo della letteratura tradizionale, orale, resta ancora in gran parte inesplorato: le opere capitali in questo senso sono Facing Mount Kenya (1938; Di fronte al monte Kenya) di Jomo Kenyatta, per i kikuyu, e gli studi di J. S. Mbiti sulla tribù kamba. Molti scrittori usano le lingue bantu per opere moderne, che si riallacciano però alla tradizione: M. N. Kabetu e Y. Ulenge scrivono in kikuyu, S. Mabo in luo, J. S. Mbiti e Th. M. Ngotho in kamba. Una fioritura letteraria in lingua inglese, delineatasi già negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, raggiunse la piena maturazione negli anni Settanta. La narrativa, a partire da Land of Sunshine (1958) di Muga Gicaru (n. 1920), predomina e si afferma anche in campo internazionale con Ngugi wa Thiongo (n. 1938), lo scrittore più noto e ammirato dell'Africa occidentale, ma presenta altri scrittori di buon livello, come Mugo Gatheru (n. 1925), Grace Ogot (n. 1930), K. Asalache (1935-2006), Miriam Were (n. 1940), che idealizzano l'Africa precoloniale; J. M. Kariuki (1929-1975), G. Wachira (n. 1936), L. Kibera (n. 1942), S. Kahiha (n. 1946), M. Mwangi (n. 1948), che trattano il tema più attuale della rivolta Mau-mau. Negli anni Settanta alcuni autori oppongono le antiche società tradizionali alla corruzione e allo sfascio attuali (K. Watene, n. 1944; J. N. Mwaura, n. 1941), ma si assiste anche alla nascita di un “romanzo urbano”, che tratta temi nuovi. Massimi rappresentanti di questa tendenza sono Mwangi, dallo stile giornalistico, diretto e duro, Kibera e C. Mangua (n. 1939), autore di romanzi picareschi. Negli anni Settanta si affermano anche due autrici di valore come Grace Ogot e Rebeka Njau (n. 1932). La poesia conta molti autori. Il più importante è J. Angira (n. 1947), ora intimista ora violento e amaro critico della società. J. S. Mbiti (n. 1931) si segnala per l'ispirazione religiosa. Il teatro di tipo occidentale si afferma negli anni Sessanta, con Ngugi e M. G. Mugo che creano spettacoli popolari itineranti; più maturo, negli anni Settanta rivela i conflitti politici, sociali e culturali. Negli anni Ottanta si assiste dapprima a un cedimento qualitativo; ma a partire dal 1987 si delinea una netta ripresa. La narrativa rivela uno stato di tensione e frustrazione di fronte alla realtà sociale e politica. È da evidenziare Marjorie Oludhe-Macgoye che nel 1986 ha vinto il premio Sinclair con Coming to Birth. Lo stesso malessere si riscontra in poesia, che presenta una tendenza alla meditazione filosofica o all'evasione nella contemplazione della natura. Il teatro tratta i problemi del potere politico e della situazione della donna. La saggistica vede in primo piano Ngugi che, con Decolonizing the Mind (1986), sostiene la causa dell'afrocentrismo culturale. Importanti gli studi del sociologo e politologo Ali Mazrui, che supera i confini della sua patria in una prospettiva africana e mondiale. Tra gli scrittori contemporanei si segnala Meja Mwangi (n. 1948), che si occupa anche di cinema (sceneggiatore e assistente di scena), dalla vena vivace e divertente. Il suo Carcase for Hounds (1974) vinse il premio Kenyatta; tra i suoi libri più recenti, The Boy Gift (2006) e Mama Dudu: the Insect Woman (2007). Altri autori interessanti sono Marjorie Oludhe Magoye (The Present Moment; 1987) e Binyavanga Wainaina (n. 1971), scrittore e giornalista.

Cultura: arte

Il Kenya si inscrive in un'area, la zona centrale dell'Africa orientale, dove si può incontrare una piacevole produzione artigianale. Fra i gruppi più creativi sono gli agricoltori kikuyu, presso cui si trova una produzione di pali scolpiti che rappresentano generalmente immagini degli antenati e i pastori masai, che hanno scudi di cuoio dipinti con simboli tribali ed emblemi di valore, anfore per il latte ornate di perle, mantelli di cuoio e lance di ferro. La zona costiera del Kenya rientra, per quello che riguarda il campo artistico, in un discorso particolare, in quanto fu esposta per secoli a influssi arabi, persiani, indiani, indonesiani.

Bibliografia

Per la geografia

E. Huxley, M. Perham, Race and Politics in Kenya, Londra, 1956; A. M. Macphee, Kenya, Londra, 1968; E. Mason Kaula, The Land and People of Kenya, Filadelfia, 1968; A. Hazlewood, The Economy of Kenya: The Kenyatta Era, Oxford, 1980; S. W. Langdon, Multinational Corporations in the Political Economy of Kenya, Londra, 1981; A. T. Tibaijuka, Kenya. A Study of the Agricultural Sector, Uppsala, 1981.

Per la storia

R. Reusch, History of East Africa, New York, 1961; S. Wood, Kenya. The Tension of Progress, Londra, 1962; G. H. Mungeam, British Rule in Kenya, 1895-1912, Londra, 1966; C. G. Rosberg, J. Nottingham, The Myth of “Mau Mau”. Nationalism in Kenya, Londra, 1967; T. Spear, Kenya's Past: An Introduction to Historical Method in Africa, Harlow, 1981; G. Arnold, Modern Kenya, Londra, 1982; N. Gatabaki, Kenya: Twenty Great Years of Independence 1963-1983, Nairobi, 1983.

Per il folclore

E. Leuzinger, Africa Nera, Milano, 1960; I. Björkman, Mother Sing for Me: People's Theatre in Kenya, Londra, 1989.

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora